giovedì 2 dicembre 2010

Sola a presidiare la fortezza

Flannery O'Connor e il mistero della scrittura

IMBAMBOLATI

Gli strani personaggi che popolano i suoi racconti osservano la realtà come imbambolati; ricordiamoci del precetto: più al lungo guardate un oggetto e più mondo ci vedrete dentro. Questo "eccesso di visione" è indescrivibile, ma c' è. E noi non sappiamo mai come inciderà sull' animo di chi vi si espone, ma sappiamo che da quel momento potrà accadere di tutto: violenza gratuita, grottesco, bizzarro, misto di comicità ed orrore. Cio' che sicuramente salta in aria è il buon senso.

SHEPPARD

Rimpinzare il proprio vuoto con opere buone è un comportamento infernale. La fede è un riconoscimento, e l' ingordigia di "bontà" a volte ci obnubila favorendo distrazioni fatali. Con uno slancio generoso, Sheppard accoglie in casa Rufus Johnson, un ragazzino che era stato in Riformatorio e che lui voleva redimere. Imbevuto di nozioni psicologiche e di un umanitarismo filantropico, è convinto che il male possa essere vinto con un' educazione laica volta allo sviluppo dell' intelligenza. Ma ne uscirà sconfitto, J. non farà che sfuggire agli schemi razionali che stanno davanti a lui come trappole, e questo avviene in pagine che toccano il nervo più vivo della condizione umana.

ARTE = SOLITUDINE

L' arte è una lingua interiore. L' artista, poichè è chiamato ad occuparsi solo di se stesso, è deficitario, non ha strumenti per capire il mondo.

Spiego meglio.

La politica e la sociologia si occuperanno dell' interazione in gruppi umani estesi, l' economia in gruppi umani ristretti, la psicologia dei comportamenti individuali, ma solo l' arte si occupa del singolo in assenza di comportamento, di quel paesaggio interiore privo di espressione.

Il perito di questa immota solitudine ha solo parole svianti quando tenta di dedicarsi ad altro. E molti sembra proprio abbiano scelto l' arte come comoda via per fare poi altro.

Flannery invece amava la solitudine e vi anelava constantemente, già da piccola si chiudeva a chiave nelle stanze, benediceva ogni giorno la sua grave malattia pensandola come la barriera più efficiente contro la perniciosa interferenza dei contatti umani.

BELLEZZA SALVIFICA (OVVERO: L' ARTE SACRA OGGI)

Vi ricordate l' imbarazzante adozione di Tolkien ad opera dei "neo-fascisti"? Ebbene, da tempo i ciellini hanno adottato Flannery - ancora una prefazione di Don Giussani all' ultima raccolta di racconti, ancora una mostra in suo onore all' ultimo Meeting - con lei spartiscono un comandamento impegnativo: la bellezza salva.

La bellezza è una preda astuta, che sfugge e si metamorfizza nel tempo passando sotto il naso di chi ancora ha in mente le fattezze di quella strana "bestia" osservate allorquando un grande artista del passato riuscì temporaneamente ad ingabbiarla.

Ma Flannery ha le idee chiare e sa dove l' arte religiosa è chiamata a lavorare oggi: sono i malfattori, gli storpi, i deformi (dentro e fuori) coloro da cui promana quella particolare bellezza incommensurabile, l' unica che non si puo' dissociare dalla "verità", l' unica di cui è avida l' arte sacra.

Gli scrittori che vedono e narrano alla luce della fede cristiana sono chiamati ad essere i più fini osservatori del grottesco, del perverso, del demenziale, dell' assurdo, dell' autistico. Lo stesso dicasi per musicisti e pittori.

Sono chiamati anche a liberarsi di allegorie, metafore ed altri profilattici; sono chiamati a stare senza intermediazioni davanti all' incarnazione del difetto, del limitato, del tarato. Flannery è in questo fulgido esempio.

ORRORE

L' arte sacra deve rifuggire le formule pie, deve scioccare il lettore con il gusto dell' edificante, deve liberarsi di ogni svenevole moralismo, quello è annoiante laicume; deve setacciare tutto il sublime residuo e liberarsene finchè è in tempo: così prosciugata inscenerà uno spettacolo in cui l' orribile si offre sempre temprato dal ridicolo.

Nell' arte sacra non deve trapelare alcuna "intenzione ideale", il mestiere dell' artista è deludere il critico-tartufo che ne va in spasmodica ricerca.

E' difficile produrre oggi arte sacra, perchè una simile arte è chiamata a scandalizzare chi già passa tutto il giorno a scandalizzarsi per ragioni sbagliate.

Lo scandalo si crea quando uno stile concreto e realista presenta in carne e sangue un' imperscrutabile verità spirituale.

E' lo scandalo dell' Incarnazione! Sparisca ogni simbolo, ogni metafora, ogni allegoria, ogni linguaggio; l' arte deve farne a meno per privilegiare l' incandescenza del contatto diretto, unico "linguaggio" rinnovato in grado di rendere qui ed ora il mistero dell' Incarnato. Sia bandita ogni astrazione a favore della concretezza e di tutte le imperfezioni e asimmetrie che puo' presentare una pietra appena dissotterrata.

I racconti sono "duri", la musica "dissonante", le forme "ellittiche", ma solo perchè "duro", "dissonante", "ellittico" è il messaggio cristiano.

L' ambiguità grottesca che abbonda nelle pagine di Flannery è la stimmate di un' umanità marchiata dal Peccato originale, ovvero dal "limite". Mai soggetto si presta tanto ad essere trattato in racconti e in musiche dell' orrore.

Purchè siano racconti e musiche prive di "atmosfere" orrorifiche.

L' "orrore" prosciugato da ogni atmosfera resta inquietante poichè c' impedisce di dimenticare che partecipiamo della sua condizione. L' "atmosfera" mitiga questo effetto disturbante poichè amplifica artificiosamente il mostruoso puntando sulla sua rassicurante alterità.

Flannery difende con i denti il diritto dell' artista cristiano a scegliere il "negativo" della realtà, le numerose tare che l' affliggono. E con il mondo che diventa sempre più materialistico ci sarà sempre più da scegliere. L' arte sacra ha un futuro.

IL LATO RIDICOLO DELLA FEDE

la fede ha in sè qualcosa di ridicolo e il fedele che anela all' assoluto è un personaggio grottesco. Chi non lo riconosce è spacciato. Flannery lo racconta e riracconta in ogni sua pagina avvalendosi di uno stile chiaro, veloce e realistico.

VIOLENZA DELLA GRAZIA

La violenza non è sempre al servizio del Male, esiste anche la violenza al servizio del Bene.

Flannery decide scientemente di sostituire la parola "amore" con la parola "grazia". Questo perchè l' amore è incompatibile con la violenza mentre l' amore cristiano necessità di cospicue dosi di violenza visto che deve competere con un male concreto ed operante. La mente dell' uomo è chiusa e coesa come un diamante, solo la forza tagliente di un altro diamante puo' competere con essa.

"Il Paradiso è dei violenti", un titolo ma anche un motto che racchiude la piccola irlandese.

LEI

Brusca, sdegnosa, senza pretese, splendida e inappariscente... circondata dai suoi pavoni.

15 commenti:

  1. Come mai Flannery O'Connor? Ne avevamo parlato? Perché abbiamo comprato i racconti proprio settimana scorsa, ed ora giacciono sul mio comodino. Che strana coincidenza!

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  2. "La schiena di Parker" (BUR)? Ce l'ho anch'io sul comodino (perennemente). Leggi "Brava gente di campagna"! Ne abbiamo aprlato di recente, qui, a proposito di non ricordo quale altro autore...

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  3. "Sola a presidiare la fortezza" è un ritratto struggente di una remarkable woman. Favolosa la traduzione.

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  4. Ho finito da poco il libro scritto da Elena Buia Rutt il cui titolo cito in epigrafe (edizioni ancora). E' un' autrice di cui ho letto molto da ragazzo. Le mistiche un po' bizzarre erano la mia passione.

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  5. ric scrivi: "....gli storpi, i deformi (dentro e fuori) coloro da cui promana quella particolare bellezza incommensurabile, l' unica che non si puo' dissociare dalla "verità", l' unica di cui è avida l' arte sacra".

    Assolutamente. Anche per questo la associo a Diane Arbus. E a proposito dei 'freaks' di Flann nel suo 'Christ-haunted South", vi lascio questo link, dove potete anche ascoltare la sua voce! (E' la mia scoperta più recente, dopo quella storica del cinegiornale d'epoca sulla piccola Flann e i suoi polli)

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  6. La stessa immagine che campeggia sulla copertina del libro che ho letto. Grazie per il link, è la prima volta che la ascolto.

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  7. si sente la meravigliosa parlata 'strascicata' del sud...

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  8. a proposito degli "storpi entraranno per primi" e di Sheppard, ho pensato a Dogville, al Missionario dell'Educazione e all'inevitabile tragico epilogo del Grande Progetto Pedagogico, al furore educativo da cui spesso sono animati proprio gli adulti più penosamente inadeguati e fallati e pazzi, nei confronti dei loro figli.

    In Flann vedo anche Von Trier, oltre alla Arbus. Lo sguardo lucido di certi bambini per sempre capaci di smascherare il teatrino e l'autoinganno distruttivo di certi adulti. (Penso anche a Hulga.) Mi sembra che le loro sensibilità - come anche quella di Foster Wallace, un grande ammiratore di Flann, o di Stephen King - abbiano molto in comune. In questo senso, 'leggere' Flann solo attraverso la lente del 'messaggio cattolico' mi sembrerebbe riduttivo. Ma spero proprio che lei non mi stia leggendo adesso, o mi tirerà qualcosa in testa.

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  9. Tra Flannery e Lars anch' io intravedo una forte parentela, un' attrazione fatale verso il misticismo religioso li accomuna.

    Con questo, io non affiderei mai a loro un bambino, un talento artistico del genere si abbina difficilmente alla saggezza.

    Il parallelo con DFW mi lascia più perplesso.

    A parte la sua grandezza, non ho ancora colto lo specifico del suo talento; ho sintetizzato le mie impressioni dopo un raconto, ma già al successivo subentrava l' esigenza di rettifiche decisive. Sarà forse per l' eclettismo: fa tante cose e tutte bene. Mi sa che prima o poi dovrò dedicarmi al suo capolavoro (the infinite jest), purtroppo è un librone scomodo da portare sui treni.

    King non l' ho mai letto senza abortire, forse ho un pregiudizio, ma se penso a King non penso alla letteratura, al limite ad una forma d' intrattenimento con i libri molto apprezzato dai non lettori (gli amanti di gialli, rosa, thriller, noir, horror eccetera). Ma puo' darsi che mi sbagli e, in ogni caso, reputandolo estraneo all' arte, è proprio a lui che affiderei il mio bambino.

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  10. a proposito del filo che lega Flann a King passando per DFW (grande ammairatore di Flann), ti lascio qui questa pagina molto bella, dai Teaching materials fromt the DFW archive

    Ci sono le foto di alcune pagine (ingrandibili, cliccando) di "Carrie", annotate in rosso da DFW. Tra gli appunti si legge: "“Mommie=Sue”. (Sue - compagna di scuola di Carrie). E poi: "Entrambe odiano Carrie perché le rende consapevoli dei loro peccati". Il personaggio di "mammina" (la madre di Carrie) sembra uscito da un romanzo di Flann. Io avevo visto solo il film (stupendo, di Brian de Palma), ma quelle pagine sono molto belle. Freaks, fanatismo religioso-pedagogico, peccati da lavare nel sangue, figli che pagano per le colpe dei genitori eccetera.

    Io di DFW ho letto solo i saggi (non tutti ugualmente fantastici, ma alcuni così fantastici che compensano ampiamente), ma prima o poi mi comprerò Infinite Jest che come scriveva un utente di Amazon andrebbe letto cominciando da pag. 152 dell'edizione americana. Non so perché.

    la cosa che trovo più commovente di DFW è il suo bisogno appassionato e autentico, per niente intellettuale, di 'make sense of things'.

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  11. Tra gli scrittori commentati ci sono anche CS Lewis, Harris (Il silenzio degli innocenti) e Ellroy.

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  12. Grazie per il materiale che metti a disposizione.



    Come dicevo, non conosco a sufficienza King per fare un parallelo che le mie capacità intuitive giudicherebbero sorprendente.



    Per Flann "il cielo è dei violenti". La cosa è concepibile anche pensando a Lars. Ma pensando a King?



    In Flann il fanatico religioso con le sue ossessioni di "peccati da lavare nel sangue" è una creatura misteriosa portatrice di grandi verità per noi oggi quasi insopportabili. Questa "singolare" grandezza del "fanatismo" è evidente anche in Lars, anche lui omaggia di continuo eroine fanatiche. Mi chiedo se in King il fanatismo e l' ossessione per il peccato sia uno sgradevole ma prezioso veicolo che trasporta messaggi dalla verità salvifica. Me lo chiedo dubitando.



    Devi assolutamente leggere qualcosa di DFW. Magari i racconti. Io vi ho trovato descritto un mondo disumano, per esempio quello del dietro le quinte della TV. Un uomo di fede è ben attrezzato per cogliere quell' aridità (quella presenza demoniaca). E' un concetto che mette a frutto per la sua formazione spirituale. Vediamo un modo possibile.



    Il credente pensa a Dio come al "senso delle cose". L' ateo replica che le cose non hanno senso, tutto è "caso e necessità".



    Il credente allora pensa subito che questo non puo' essere vero altrimenti... ha bisogno di prove... eccole: altrimenti il mondo sarebbe quello descritto da Kafka (e così non è e non deve essere), altrimenti il mondo sarebbe come quello descritto da DFW in alcuni suoi racconti (e così non è e non deve essere).



    Grazie Kafka, grazie DFW, grazie a voi tutti per aver descritto il mondo come puo' ma non deve essere, come potrebbe diventare ma non deve diventare. Grazie perchè ho capito, quando guardo la marghe, di vivere in un mondo che non è scontato, che un demonio puo' trasformare.


    E dicendo questo, DFW entra a pieno merito nella "narrazione" del credente che a quel punto non puo' che apprezzarlo facendone un suo punto di forza.



    Flann e Lars hanno più a vedere con una soluzione disperata e grottesca che eviti di cadere nell' abisso insensato. Un abisso che kafka e, utilizzando con maestria i materiali oggi a disposizione, un certo DFW si limitano a descrivere rendendolo palpabile e non mera astrazione.

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  13. parlo di un filo che lega, non di una corrispondenza. Un altro filo ("il dovere del genio"), lega per esempio DFW a Wittgenstein (che infatti è tra gli autori che DFW ha amato e studiato a lungo). Certamente per tutto il resto hai ragione, immagino. Non mi pronuncio.

    scrivi: "... ho capito, quando guardo la marghe, di vivere in un mondo che non è scontato, che un demonio puo' trasformare".

    Per me che non sono credente quel demonio veste panni diversi, tutti umanissimi, anche quelli della tua supernanny. Ma questa è 'solo' una mia ipotesi maturata sul campo.

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  14. Tu diana, sembri ascoltare l' artista quasi fosse un maestro di vita.

    In realtà è solo un maestro d' arte.

    Le due cose, arte e vita saggia, non solo non hanno relazione ma secondo la mia esperienza si contraddicono.

    L' arte, per dirla con Flann, è solitudine sprofondata nell' introspezione.

    La vita saggia è relazione, buon senso e orientamento.

    Flann e Lars hanno le carte in regola per confermare l' assunto. Anche King conferma, anche sa al contrario (niente arte, molta saggezza). Wallace non saprei dire.

    Non so se considerarti del tutto affidabile quando mi riferisci in modo tanto costruttivo di Wallace o di caio. Hai quella maledetta/benedetta mania di prendere il buono da tutti... e che fa di te quello che sei...

    ... e che dio ti conservi a lungo!

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