giovedì 23 dicembre 2010

Giornalismo d' inchiesta

Diciamolo, da noi esiste un po' il mito del "giornalismo d' inchiesta" americano, è una pratica benemerita finchè non strizza l' occhio al "complottismo", altra mania mai sopita dalle nostre parti.

Recentemente, il format preferito dai cultori del genere è stato la docu-fiction.

Il problema maggiore con la docu-fiction è che non si capisce mai bene cosa sia "docu" e cosa sia "fiction".

Prendiamo il nostro amico Michael Moore, campione simultaneo di inchieste e "complottismo".

Ricordate il bisturi tagliente con il quale ispezionava lo stato della sanità americana? Il punto di forza era l' imbarazzante confronto con gli splendori cubani.

Ma...

Che figuraccia per Michael Moore. E per colpa di suoi due amici, poi: Fidel Castro, il dittatore davanti al quale il regista usa prosternarsi con reciproca soddisfazione, e Julian Assange, per la cui libertà Moore sta firmando, ironia della sorte, appelli e petizioni. Che figuraccia, perché da uno dei cablo intercettati e resi pubblici da WikiLeaks, si apprende che il regime castrista aveva vietato negli anni scorsi nei cinema dell' Avana la proiezione di Sicko, il film con cui Michael Moore voleva dimostrare che la sanità socialista cubana era di gran lunga migliore di quella capitalistica «amerikana». La solita denuncia delle malefatte dell' imperialismo yankee e la solita glorificazione della tirannia castrista, descritta come un paradiso sanitario in lotta perenne contro il mostro di Washington. Ma come, se era un panegirico perché allora i burocrati cubani ne hanno vietato la diffusione? Se era una mediocre operazione di servilismo filo-castrista, molto frequente nel cinema americano (da Oliver Stone a Sean Penn), perché mai i censori comunisti dell' Avana si sono premurati di proibirlo? La spiegazione, messa in evidenza dai dispacci resi pubblici da Assange, ha del paradossale. Ma è vera. Si è appreso infatti che Moore, a dimostrazione dell' eccellenza della sanità cubana, ha girato il suo filmetto nelle cliniche esclusivamente riservate ai papaveri del Partito, alla cricca al potere che nei Paesi del socialismo reale viene comunemente definita nomenclatura. I grandi ospedali descritti da Moore erano i luoghi del privilegio da cui erano esclusi tutti gli altri poveri cubani. Ecco la ragione del divieto: la popolazione cubana, vedendo le scene riprese da Moore per fare un favore al regime, si sarebbe molto inalberata nel constatare le condizioni dorate della nomenclatura. Meglio proibire. Meglio censurare. Per Moore una figuraccia. Tutta una vita a mostrarsi coraggioso e indipendente, ed è bastato un cablo a dimostrare di che pasta è veramente fatto il vendicatore dei torti americani e il cantore delle dittature: all' Avana sì, ma solo con i dollari. E le bugie.

http://archiviostorico.corriere.it/2010/dicembre/21/Servilismo_diventa_Trappola_Michael_Moore_co_9_101221049.shtml

Peccato che questi "ma" arrivano solo dopo anni, quando ormai il "dibattito" è morto e sepolto e il nostro eroe si è già lanciato verso nuove imprese demistificatorie.

Con certa gente i "ma" arrivano tardi... "ma" sempre.

1 commento:

  1. qualche settimana fa ho visto il documentario su Michael Moore Manufacturing Dissent. Deludente come documentario, e molto meno informato e accurato di moorewatch (dove tra l'altro riappaiono la Svezia e le sue statistiche, e la controversa interpretazione di quelel statistiche!). Però contiene alcune interviste veramente interessanti, in particolare quella a un suo stretto collaboratore dei tempi di "Roger and Me", e a un critico cinematografico che stroncò il suo primo lungometraggio ("Canadian Bacon", mi pare che si intitolasse). Non mi scandalizzo se Moore manipola un po' i fatti per costruire un documentario di intrattenimento, che funziona, ma mi piacerebbe che lo dichiarasse. Invece nega tutto, anche cose evidenti e comprovate. Una cosa che dà da pensare, o che almeno getta un'ombra sulla sua integrità in generale. E mi stupisce che tanti gli credano incondizionatamente, senza fare neppure una verifica - come in Georgia credono a Flann: "Flannery said it, I believe it, and that settles it". (Provo a mettere insieme un post, magari, con una delle scene che ho trovato più interessanti, se la trovo...)

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