mercoledì 4 maggio 2011

Il balletto della retorica

Avete presente il concetto di “sostenibilità” e “sviluppo sostenibile”? Va per la maggiore in molti dibattiti e sarebbe meglio darsi una rinfrescatina in merito:

… The generally accepted definition comes from the Brundtland Report, which defines sustainable development as: "development that meets the needs of the present without compromising the ability of future generations to meet their own needs….

Ora, David Friedman ha un dubbio: si tratta solo di un vuoto balletto retorico o siamo di fronte ad una vera e propria “cattiva idea”? Infatti:

… There are two problems with this definition. The first is that implementing it requires us to predict what the future will be like in order to know what the needs of future generations will be. Consider two examples:

1. The cost of solar power has been falling steeply. If that fall continues, in another couple of decades fossil fuels will no longer be needed for most of their current purposes, since solar will be a less expensive alternative. If so, sustainability does not require us to conserve fossil fuels.

2. A central worry of environmentalists for at least the past sixty years or so has been population increase. If that is going to be the chief threat to the needs of future generations then sustainability requires us to keep population growth down, as many have argued.

A current worry in developed countries is population collapse, birth rates in many of them being now well below replacement. With the economic development of large parts of the third world, that problem might well spread to them. If so, sustainability requires us to keep population growth up, to protect future generations from the dangers of population collapse and the associated aging of their populations.

It's easy enough to think of other examples. Generalizing the point, "sustainability" becomes an argument against whatever policies one disapproves of, in favor of whatever policies one approves of…

L’ università dove insegna David ha incaricato i professori di dedicare un’ ora di lezione per omaggiare questo concetto sensibilizzando la platea. Lui ha richiesto alle autorità accademiche di poter parlare “contro” una nozione tanto confusa. Purtroppo non in tutte le Università ci sono professori in grado di infrangere la magia che conferiscono certi vuoti balletti retorici.

Se proprio si vuole ballare, lo si faccia seriamente.

 

martedì 3 maggio 2011

Organo con forza

Forse non c’ è disco migliore per farsi un’ idea delle spaventose potenzialità timbriche che lo strumento libera quando è ingaggiato dalla musica contemporanea.

organo con forza 

Dopo l’ addomesticamento  haydniano, lo si credeva definitivamente mansueto, ma qui, in uno scatenato rodeo, l’ organo torna bestia pazza che mugghia e ruggisce: a stento il giogo di mani e piedi tra i più sapienti in circolazione, riesce a “tenerlo sotto” incanalandone  l’ imprevedibile energia.

Ieri il musicista/sacerdote lo chiamava ad intonare trionfante le lodi di nostro Signore, con le navate a fungere da corsia.

Ma oggi il compositore recita la parte dello scienziato: ora gioca a fare il metereologo, ora il biologo, ora il fisico, ora l’ otorino, ora il cosmologo… sulle molteplici tastiere ridisegna la configurazione delle nubi, la combinatoria cieca del processo evolutivo, i tentoni delle claustrofobiche entropie, gli arrossamenti gutturali e le statiche traettorie degli immensi pianeti. Nulla sembra più visibile in volto, vis à vis, tutte le visioni passano attraverso l’ allucinata rifrazione di mille specchietti ricurvi. Quando poi il Maestro recita la parte dello scienziato pazzo, allora sono furie inconsulte.

Ma nell’ un caso come nell’ altro, il Mistero di fondo – con tutta la sua ricchezza di senso - resta intatto e il vinile sul piatto sembra antropomorfizzarsi per versare una nera lacrima.

Angelo Bramanti and Giuseppe Siracusa

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Organ Recital: Ericsson, Hans-Ola Ericsson (Organo con forza) – Phono Suecia

lunedì 2 maggio 2011

la Ragione non è un Gendarme!

Puo’ esistere una truffa senza che esista una chiara volontà di truffare?

La mia ansia di “denuncia” puo’ finalmente liberarsi per il semplice fatto che rinvengo, per esempio, pubblicità dall’ apparenza inequivocabilmente truffaldina?

Per molti sì, a costoro basta il “dato oggettivo” per poter parlare di truffa e di truffatori.

In questi casi l’ esempio è sempre la via maestra per capirsi: chi vende a terzi i numeri del Lotto vantando un particolare intuito è un truffatore oggettivo per il semplice fatto, dicono i censori, che non esistono in natura doti del genere e chi le spaccia, quand’ anche in buona fede circa i suoi super-poteri, instaura un negozio truffaldino che andrebbe denunciato alla svelta o comunque impedito.

Insomma, quando la “ragione” (che a volte chiamiamo “scienza” ) ci dice che il contenuto di una certa promessa è “impossibile”, il promittente, al di là della sua predisposizione psicologica, è “censurabile”.

La rete è zeppa di segnalazioni preoccupate circa l’ infondatezza di alcune credenze messe in circolo dalla pubblicità, dalla moda o da qualche guru (qui, quo, qua…).

Non è mia intenzione prendere di mira un caso specifico, piuttosto un’ attitudine preoccupante che ci spinge ad agire da censori facendoci credere nello stesso tempo di essere alfieri di una malintesa modernità. Il “proibizionista” in questi casi vede se stesso come un condannato alla lucidità, lui non vorrebbe “censurare”, non è nelle sue corde, ma chi se non lui puo’ portare il fardello di chi è rimasto indietro? Peccato che il suddetto fardello spesso sia solo un peso immaginario sotto di cui è dolce farsi opprimere…

Aakash Nihalani INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DEI COLORI

… il proibizionista è spesso un sottile “ragionatore”, a lui piace “ragionare” e “calcolare”, solo che vorrebbe usare la Ragione per “censurare” anziché per “conoscere”, come se le due attività fossero facilmente intercambiabili.

E invece nello “scambio” sorgono gravi problemi, perché la Ragione funziona benissimo quando viene impiegata come strumento conoscitivo, ma funziona assai meno bene quando viene piegata a strumento di censura.

I problemi nascono dal fatto - curioso e non sempre registrato - che una “regola razionale” che accresce il benessere di tutti, spesso implica proprio l’ adozione di “comportamenti irrazionali”. E’ la ragione stessa che ci chiede di non censurare comportamenti irrazionali.

Il Nobel Robert Aumann fu il primo a tracciare una distinzione tra “atti razionali” e “regole razionali”: un atto puo’ non rientrare nei primi ma essere compiuto nell’ ossequio delle seconde: un caso esemplare è rappresentato dall’ ultimatum game.

Esempi ancor più tersi vengono dal mondo della finanza scrupolosamente indagato da Eric Falkenstein; qui la gente, contrariamente alle assicurazioni e a quanto predetto dalle teorie ortodosse - si accolla taluni rischi senza pretendere “premi”. Anzi, talvolta paga del suo pur di poterlo fare: molti di noi sentono infatti l’ insopprimibile esigenza di rischiare laddove si sentono “vocati”:

“… come regola, avere un sogno, prendersi un rischio sulla base di una speranza, è un’ attitudine sana e diffusa un po’ ovunque, persino nel mondo della finanza… anche se cio’ implica il tenere comportamenti ritenuti irrazionali dalla maggioranza… questo virtuoso sconfinamento nell’ irrazionalità è una sonda utile per indagare meglio la propria vocazione, è utile per fare scoperte inaspettate, magari su aspetti non direttamente attinenti con quelli prevedibili in partenza… la regola di prendersi un rischio irragionevole quando si è ispirati è una buona regola… almeno dal punto di vista strategico…”

Eric Falkenstein – Finding Alpha -

Questo (sano) istinto spiega come mai i titoli di borsa più rischiosi abbiano un ritorno atteso più basso anziché più alto come sarebbe logico attendersi con operatori avversi al rischio. Si rischia sperando, non si rischia calcolando. Possiamo censurare un calcolo denunciandolo come scorretto ma non possiamo censurare una speranza.

Sul punto ci si limita a riecheggiare il buon Ray Bradbury:

“… ogni tanto ognuno di noi è chiamato a “saltare il burrone” costruendosi sul posto le ali necessarie, e per farlo bisogna rischiare sulla base delle speranze che ognuno di noi culla nel suo cuore…”

La “speranza”, questa sconosciuta che miete vittime e manda avanti il mondo.

Molti grandi “innovatori” a cui dobbiamo il nostro benessere – fortunantamente per noi - erano dotati di uno spiccato “coraggio intellettuale”, ovvero di quella particolare resistenza contro il disprezzo intellettuale proveniente dal Sapere Ufficiale che marchiava le loro idee come “irrazionali” se non ridicole. Questa accusa non scalfiva il loro ego e cio’ ha consentito di perseverare nell’ irrazionale  intrapresa in cui erano coinvolti. Ma i “ridicolizzatori” di ieri sono un ostacolo secondario rispetto ai “censori” di oggi.

Dal punto di vista evolutivo sembra vincente una società con parecchi membri che ragionano all’ incirca così: pretendere di indovinare i numeri del Lotto non è ragionevole, ma io sono “speciale” e posso farlo; pretendere di fondare una nuova religione è da matti, ma io posseggo il carisma necessario per riuscirci; pretendere di rivoluzionare le teorie della fisica è impresa folle, ma io sono Einstein e ci riuscirò! Tutti atteggiamenti irrazionali ma “sani”, atteggiamenti che moltiplicano le prove e gli errori consegnando ai posteri il saldo positivo.

Innovare, molto spesso, è come fare un salto nel buio, occorre una grande fiducia in se stessi e nelle proprie capacità. Anzi, diciamola tutta, occorre un’ irrazionale fiducia in se stessi! Forse per questo la natura equipaggia la nostra mente con un robusto “overconfidence bias” (in ogni settore delle attività umane la maggioranza degli operatori si crede più dotato della media).

Un mondo che si affida solo al freddo calcolo delle probabilità è un mondo statico che si consegna alla ruggine.

Non voglio con questo dire che sul campo non restino dei “cadaveri”, voglio solo dire che non ha molto senso dispiegare il preservativo universale tanto amato dai proibizionisti perchè “avere sogni”, “avere speranze”, “accollarsi il rischio della propria vocazione”, sono tutti atteggiamenti che, pur conducendo a comportamenti irrazionali che fanno parecchie vittime, seguono pur sempre una “regola socialmente ottima” che non andrebbe disincentivata.

Una buona società, quindi, non vessa i suoi componenti reprimendo e censurando taluni  atteggiamenti solo perché sono palesemente irrazionali, una buona società sa che dietro un atto razionale puo’ nascondersi una regola razionale, una buona società sa che la ragione è fatta per conoscere non per censurare, e si guarda bene dall’ assumerla come Gendarme al proprio servizio!

p.s. link

 

sabato 30 aprile 2011

Canzoni illustrate

Prendetevi tre minuti di pausa per “guardare” una canzone super classica di Louis Armstrong: “What a Wonderful World”.

What a wonderful world The Painting from Dan Berglund on Vimeo.

L’ artista è Dan Berglund e lavora con inchiostri su vetro.

Qualcuno poi penserà che siccome Matteo Negrin non scrive canzoni ma solo musica, non ci sia niente da illustrare, ma si sbaglia di grosso.

venerdì 29 aprile 2011

Elogio di invidia e vendetta

Falkenstein riabilita la vendetta:

… Il sentimento della vendetta è una motivazione che bene o male  tocca tutti noi… tuttavia è considerato dai più qualcosa di stupido e di anacronistico… un virus malefico che appesta la razza umana… I leoni, per esempio, non ce l’ hanno… ma questo consente al leone maschio sopravvenuto di uccidere tutti i cuccioli del branco al fine di accoppiarsi con le femmine… se queste ultime, dopo l’ ecatombe, covassero sentimenti di vendetta, la tattica “stragista” non funzionerebbe così bene… sono grato di appartenere ad una specie che coltiva i sentimenti di vendetta… cio’ mi consente di vivere in società relativamente poco violente…

E poi anche l’ invidia:

… anche il sentimento dell’ invidia non và sprezzato, pensate solo a come si combina con un sentimento nobile come quello dell’ empatia: un carattere empatico è molto sensibile alla condizione di povertà e di bisogno del proprio vicino, eppure un povero degli Stati Uniti è infinitamente più ricco e meno bisognoso rispetto ad un povero di altre parti del mondo… evidentemente cio’ che compatiamo non è tanto la povertà o il bisogno ma l’ invidia che origina nel vicino da una condizione di povertà relativa che è costretto a soffrire, se trascurassimo l’ invidia, magari disprezzando questo sentimento, saremmo autorizzati a disinteressarci di lui…l’ invidia è un sentimento necessario affinchè ci sia compassione nei paesi economicamente sviluppati… la nostra “empatia” per l’ invidia altrui fa di noi dei “vicini” più pronti all’ aiuto reciproco…

Eric Falkenstein – Finding Alpha - Wiley

sabato 23 aprile 2011

La scelta giusta

Mi assento qualche giorno, ci vediamo verso la fine di settimana prossima… Buona Pasqua, e… nel giorno delle uova… l’ artista delle uova (Franc Gromm):


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P.S. Nel frattempo, i commenti a questo post mi fanno riflettere sull’ influsso pervasivo dell’ ideologia proibizionista.


Non ci limitiamo a simpatizzare con la risposta proibizionista (divieti, controlli…) ma non riusciamo nemmeno a concepire il problema al di fuori di quello schema. E’ proprio la seconda incapacità che detta la prima risposta.


Chissà perchè ma sembra che il concetto di “dipendenza” non possa andare scompagnato a quello di “denuncia”.


Eppure, se una persona è “dipendente” da certi consumi, fino a prova contraria, è solo un drogato, mica un truffato nè tantomeno un “debole”. Non c’ è nessuno da “denunciare”.


La “dipendenza” non è di per sè disdicevole, ma bisogna uscire dal paradigma proibizionista per capirlo.


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“Drogarsi” puo’ essere la scelta giusta, non una debolezza: solo l’ “onnisciente” che legge come un libro aperto la mente altrui, non si rassegna a questa conclusione.


Una persona puo’ scegliere razionalmente di divenire “dipendente”; perchè no? Basta che il piacere di oggi sia maggiore degli inconvenienti di domani (opportunamente scontati). E per molti probabilmente è proprio così.


Un modello coerente e alternativo a quello canonico del proibizionismo esiste, bisogna solo vedere in un confronto quale dei due spieghi meglio i fatti.


Il confronto è in parte stato fatto e il primo modello, oltre che più semplice, sembra vincente anche sul piano dell’ evidenza.


Ci si è ingegnati a disegnare esperimenti vari, giungendo a sapere che: il drogato reagisce ora a cambi di prezzo annunciati e che si verificheranno in futuro, per un consumatore normale cio’ sarebbe assurdo ma per un consumatore in “dipendenza” la tattica è corretta; il drogato, per smettere, sceglie la crisi di astinenza, il che è razionale: quando il prezzo dell’ alcol cresce molto, è soprattutto la domanda degli alcolizzati a crollare, per loro non ha senso diminuire, ha senso solo smettere e lo sanno; la diffusione di pubblicità che promettono rimedi per smettere è sempre legata ad aumenti nei consumi. Eccetera.


E allora, perchè anche la persona ben intenzionata non riesce nemmeno a concepire un simile paradigma?


Forse si è impressionati dalla reale sofferenza del soggetto in “assuefatto” giunto a fine corsa. La psicologia ci fa sragionare.


Sì perchè, non solo la sofferenza, anche la rendita che deriva dalla sua ostentazione rientra nel calcolo iniziale. Presentarsi come “vittima” fa parte di un piano coerente. D’ altronde, il potenziale soccorritore non se la sente di infierire preferendo vedere di fronte a sè un ”debole”: il piano funziona e incentiva ulteriori consumi della sostanza.


Altro punto: dichiararsi “insoddisfatti” della propria vita o del proprio lavoro, non smentisce certo il carattere razionale delle scelte fatte. Ho in mente Diana quando dice: … non ho problemi con le porno-attrici che si dichiarano soddisfatte…. E se una si dichiara insoddisfatta?


Se una scelta è vincente lo si giudica dopo (“dopo”, tutti sono professori), ma se una scelta è giusta lo si giudica prima.


Si badi bene, non sto parlando di un “calcoli a tavolino” fatti con la penna in bocca; sì perchè magari qualcuno non vedendo il “tavolino” pensa ingenuamente di provare l’ infondatezza dell’ ipotesi “rational addiction”. Sto parlando invece di come gira il fumo nel mondo dell’ uomo “animale razionale”, o comunque non stupido. Se la “ragionevolezza” ci favorisce nell’ evoluzione, allora tutti noi l’ ereditiamo nei cromosomi.


Chiudo sottolineando quanto contino le “alternative”. Facciamo il caso delle ragazze che cadono nella “trappola” del porno. Chissà come mai è ben difficile incontrare ragazze che hanno superato l’ esame da notaio, o che hanno rinunciato ad una brillante carriera di agente di borsa o che siano punte di diamante nell’ equipe del prof. Rubbia. Di solito, per loro, l’ alternativa è fare la cassiera all’ Esselunga. Altro indizio che ci rassicura sulla possibile razionalità della scelta. La droga non è una “debolezza” ma una scelta calcolata dei caratteri deboli.




Chiudo rivolgendo la mia attenzione a chi pensa di lavarsi la coscienza invocando “più controlli” (si parlava del “porno”) Puo’ essere un’ opzione, ma, visto che abbiamo a che fare con soggetti razionali, valutiamo bene le conseguenze. Ammettendo che i controlli a tutela degli attori, oggi pari a 2, vengano portati a 5 grazie ad un’ imposizione. Cosa succederebbe? Più giovani spinti ad entrare nel mondo del porno e più set con controlli pari a 0.