giovedì 31 marzo 2011

Messa campestre

Commissionata per l' esecuzione in Cattedrale a Vasteras, ne è uscita una musica dalla religiosità raccolta, idonea alla compunzione del confessionale più che a colmare di gloria le cupole o echeggiare roboante lungo le navate. Siamo d' altronde nelle terre del più introverso luteranesimo.

Ci si proietta fuori di sè solo in seguito a scoppi improvvisi di vitalità più che con graduale ascensione al cielo... non ci seduce tanto il canto delle schiere celesti quanto l' amabile volgarità del vocalizzo da apache che fuoriesce con potenza viriloide, dopo aver rimbombato a lungo in una delicata testolina bionda...

Ci si estroflette per pedinare le api tra i fiori più che per levitare avvolti nell' incenso...

Intanto la vita scorre: il piano ora trilla come un campanellino, ora scarta secondo le folate del vento; l' organo ora mugghia come una bestia mansueta, ora veleggia come un aquilone fermo in cielo; il contrabbasso ronza come un calabrone, le percussioni pasticciano rovesciando qualcosa che si sparge ovunque. Nessuno frustra la naturale curiosità delle creature, neanche quando sparpagliano le loro note in un delicato disordine che non diventa mai cervellotico labirinto; non s' "incede", non di prcede... si va piuttosto a zonzo. Partono di continuo segnali di calma, amicizia, serenità, vitalità... segnali di libertà... ce la si mette tutta per cacciare il fantasma di una religiosità che in quelle lande morì per eccesso di asprezza lasciando tutti più poveri.

Anders Jormin - In winds, in light



hp: davide

Io e Gino Strada

Io e lui, a quanto pare, siamo gli ultimi pacifisti in circolazione.

All' epoca dell' invasione in Iraq temevo le motivazioni dell' impresa perchè, una volta brandite dei "buoni" di sinistra e considerata la loro tendenza naturale alla "crociata", sarebbero servite, rivedute e corrette, per far guerre a tutto spiano in giro per il mondo.

Ci siamo, ora la dottrina Bush ha vinto (anche se non lo si puo' dire), e si comincia con la Libia.

David Rieff sul punto:

... The Western intervention in Libya - justified in moral terms - will be remembered as a war conceived by liberal intellectuals, and cheered on by liberal intellectuals...

Il fatto poi che qualcuno la chiami "guerra umanitaria" mi stimola solo ad aggiungere la tag "linguaggio pervertito" al presente post.

mercoledì 30 marzo 2011

Venerdì di quaresima

"Fish is fish" è una fiaba in cui Lionni racconta la storia di un vivace pesciolino che, avendo imparato presto il "giro del fumo" nel suo stagno, è ora tremendamente interessato a quanto accade sula terra ma, poichè puo' respirare solo nell' acqua, vede questo suo desiderio frustrato, almeno finchè non fa amicizia con un girino destinato a diventare rana: lui, scorazzando sulla terra, potrà compiere cio' che è impedito al piccolo pesce e riferire tutto cio' che vede. Proprio come nei piani, il girino, ormai diventato rana, fa la spola tra i boschi e lo stagno imbastendo mille racconti ricchi di particolari: uccelli, mucche, uomini. Sul libro delle fiabe questi "esseri" sono illustrati come se li raffigura l' intelligenza del simpatico discente, ovvero, grandi pesciotti a cui vengono aggiunti qua e là i particolari riportati dalla rana: gli uomini sono dei pescioni che camminano sulla coda, gli uccelli sono pesci con le ali, e le mucche sono pesci che brucano l' erba. Il punto forte di questa fiaba consiste nell' illustrare bene i pericoli costituiti dalla conoscenza pregressa e le interferenze distorsive spesso cagionate all' apprendimento di nuove cose.

AAVV - How the people learn.

Ho letto questo libro che offre una completa panoramica degli studi scientifici su come apprende la mente umana.

Una cosa mi ha colpito: è incredibile come sia difficile "trasferire" la propria conoscenza. Chi conosce molto bene A non è detto che parta avvantaggiato qualora si debba imparare B: e questo persino quando A e B sono campi del sapere molto vicini tra loro! Direi di più: spesso la conoscenza pregressa è un ostacolo.

Il libro (voluminoso) purtroppo ha uno stile accademico che alla lunga annoia un profano come me. La parte più capace di trattenere l' attenzione sta nella messa in scena degli esperimenti, ce ne sono a bizzeffe, specie in materia di "trasferimento" della conoscenza:

- Un tale deve imparare dei "numeri" a memoria, con il tempo diventa fortissimo e ne riesce a memorizzare anche una ventina. Ma se di punto in bianco si passa alle "lettere", ecco che puo' batterlo anche un principiante.

- A dei tizi forniti di contenitori viene assegnato il compito di trasportare certi quantitativi d' acqua: con il tempo diventano sempre più esperti nel dosare i carichi; ma quando con gli stessi strumenti il compito cambia radicalmente, ecco che in una competizione con dei novellini perdono regolarmente;

- La mamma di un ricercatore famoso faceva la sarta e adattava i modelli con tecniche empiriche molto raffinate e di sua invenzione: lo stesso figlio si rompeva la testa per poterle ricostruire logicamente; una volta che il figlio testò le abilità geometriche e topologiche della mammina fu sorpreso da tanata pochezza;

- bisgna conquistare un Forte nemico, ci sono molti fragili ponti intorno ad esso. Come fare? Semplice: basta suddividere la truppa in molte pattuglie poco numerose e attaccare indirizzando ogni pattuglia su un ponte diverso. C' è un tumore inoperabile circondato da tessuti fragili, come programmare la chemio per renderla meno invasiva possibile? Semplice, basta indirizzare deboli dosi attaccando su tutti i fronti. Ebbene, nel corso della stessa lezione agli studenti di medicina, tra le altre cose, fu raccontata la prima parabola. Al termine fu posta invece l' ultima domanda. Scena muta.

- Gli studenti afro-americani con capiscono le frazioni se spiegate con la "torta di mele"; le capiscono invece subito se spiegate con la potato-pie. Bè, qui sono stato un po' sintetico ma vi assicuro che è una storia illuminante.

Dalla lettura del libro si ripassano verità facilmente intuibili: che studiando bisogna verificare spesso quel che si è appreso e bisogna farlo in contesti differenti, che la conoscenza va gerarchizzata intorno a poche "big ideas", che l' insegnante deve innanzitutto conoscere la propria materia; che l' esperto differisce dal novizio perchè sa vedere i problemi prima ancora che risolverli. C' è molto anche sui bambini: con loro è utile fare molte domande retoriche, nascondere e tirar fuori oggetti in continuazione... in fondo tutta roba di buon senso...

Ecco perchè i problemi legati al "trasferimento" della conoscenza colpiscono tanto: sono forse l' unica conclusione decisamente controintuitiva e merita quindi di essere rimuginata.

Chi sa "A" non parte avvantaggiato quando si tratta di conoscere "B". Mmmmmmmm... questo mi detta almeno un paio di considerazioni.

1. Forse chi sa A non parte avvantaggiato allorchè deve intraprendere una nuova conoscenza, ma poichè in genere crede di esserlo, cio' lo rende presuntuoso. In molti casi direi che questa presunzione costituisce addirittura uno svantaggio! D' altronde ai nostri giorni da chi sentiamo sparare le più enormi stronzate?: da intellettuali in gita turistica fuori dal loro seminato. Scienziati che s' improvvisano teologi o artisti che preconizzano scenari politici danno spesso un pessimo spettacolo e svalutano ingiustamente arte e scienza agli occhi del popolo più umile che li ascolta basito improvvisare su materie dove in realtà sono incompetenti.

2. A scuola conosciamo "A" ma poi nella vita ci serve sapere "B". Mi chiedo, in assenza di "trasferimento del sapre", in assenza di quell' arte nota come "imparare ad imparare", qual è l' utilità della scuola? La cosa più logica è pensare che la scuola ci alleni al sacrificio (mentale), esercizio in effetti sempre utile. In un certo senso la scuola è una specie di Venerdì di quaresima; strano, vista la logica affine, che il primo istituto goda di tanta buona stampa mentre il secondo, nella mentalità comune, passa come roba da medioevo.

martedì 29 marzo 2011

Ada Negri

Non posso seriamente dedicarle un post. Non ho letto praticamente nulla di lei. Molto ormai è addirittura non più pubblicato. Sono stato di recente a Motta Visconti e, per entrare a visitare una chiesa candidata ad un possibile concerto, ho attraversato il piccolo museo a lei dedicato, poiché vi è stata maestra per un paio d’anni. Piccolo ma emozionante, racconta di un personaggio di rara umiltà e umanità.

Sono riuscito a rubare uno scatto ad uno dei documenti esposti. Una lettera ad un “illustre amico”, che le aveva posto la più banale delle domande che si possono porre ad un artista. La posi analoga anch’io, più giovane ed immaturo, quando mi trovai faccia a faccia con Carlo Maria Giulini. Il quale, ovviamente, non seppe dare una chiara risposta. Chiedere ad un artista quale sia la sua opera preferita è come chiedere ad una madre quale dei suoi figli prediliga. Infatti Ada, con diplomazia, non risponde.

Interessante però è la sua descrizione della genesi delle sue opere. “Una volta, venne chiesto ad un bambino in che modo egli credeva d’essere stato messo al mondo. Egli riflettè un poco; e, invece di tirare in ballo il solito cavolo o la soltia rosa, disse: «Sono venuto». Così io direi dei libri: «Vengono come la nascita, come l’amore, come la malattia, come la morte.»” E poi prosegue con una descrizione ispirata della genesi di alcune sue opere. E conclude dicendo che il libro che sta scrivendo le piacerebbe tenerselo per sé. “Non mi crede? Pazienza.”.

Avete letto qualcosa di suo? Consigli?

AdaNegri

Lo sbadiglio del drago

Eliogabalo fu l' imperatore adolescente che, straniato dalla realtà e offeso dal banale, regnò a Roma tra il 218 e il 222, divorziò dalla moglie perchè le scoprì una macchia sul corpo; sovrano insignificante, sempre sovraccarico di ornamenti, sempre circondato da parassiti, sempre in preda a fole convulse, dette prova di lascivia e crudeltà cercando di non contaminarsi mai con sentimenti umani e dedicandosi con protervia al lusso sfarzoso e allo sperpero; con le sue rutilanti fantasmagorie seppe sedurre nel primo Novecento europeo i poeti più barbari come quelli più estenuati. Nel corso di una delle sue incursioni da travestito nella suburra finì finalmente ucciso e gettato dapprima in una cloaca, poi nel Tevere.

Splendore e angoscia di un uomo-bambino che scelse di vivere all' interno di una ghirlanda.

Antonin Artaud prese a modello l' imperatore pedofilo per mettere a fuoco il suo sogno amorale e per ispirare in modo consono la straripante voglia di infierire sul mondo facendolo a pezzi in modo da stornare il rancore che covava verso di sè e restituire così all' innocente i colpi ricevuti dalla vita. In gioventù leggevo esaltato le agitate pagine su cui il francese riversava il suo balbettio paranoico, anche per questo Eliogabalo è una vecchia conoscenza.

Oggi, più smaliziato e scevro da bollori, leggo invece quelle che alla esangue canaglia dedica ill raffinato Stefan George, tutto teso a sublimare l' arbitrio e la crudeltà in intransigente estetismo.

Per godere della lettura è necessario realizzare un transfert che ci proietti sulle vette di un narcisismo annoiato capace di tutto, intorno alla cima più elevata non scorgiamo che "oggettistica" varia messa lì per titillare i nostri sensi; guidati da un esasperato senso estetico assembliamo con ogni sorta di artifici un nostro mondo che la sovversione di ogni morale renderà incomparabilmente più bello di quello reale; in questo anfratto ci rifugiamo, è la tana del Drago, qui possiamo sagomare materie inanimate come il diaspro, il cristallo, il topazio, l' alabastro, o la trascolorata carne umana dei sudditi adoranti; possiamo poi far implodere il tutto in un' orgia fusionale da cui stillare per spremitura l' anelato "fascino dell' inorganico". Sono tanti e tali le materie che si giustappongono in sequela mentre lo sguardo ruota, che dobbiamo impreziosire il lessico ritoccandolo di continuo per enumerare con dovizia il catalogo merceologico.

Usciti fugacemente all' aria aperta subito si gonfia in noi una coscienza dolorosa che ci appesantisce, che ci dissuade presto dall' agire, che ci fa abortire ogni progetto di rinsavimento, che ci spinge a fuggire una terra sfibrata dal sole in ricerca di ombreggiati sopori lenitivi da far cadere sulle "palpebre ardenti": fuga alla ricerca di una pace assonnata in cui rinserrarsi. E' lo sbadiglio del Drago, e segnala più vanità più che viltà.

Solo l' astio per il prossimo istiga ancora un tumulto vitalistico, una chiamata alla vita che si manifesta in una beffarda dissipazione; le ultime energie se ne vanno mortificando e irridendo crudelmente l' impresentabile plebe. Nelle viscere della volgare marmaglia vorremmo leggere il futuro che ci attende dopo il suicidio. In questo modo sentiamo il bisogno di distrarci dall' oppressione dell' esistenza, così facciamo l' ultimo volo nell' aria calda che ammorba un mondo in cui non vogliamo più mischiare il nostro respiro con quello altrui.

Chiusi nel nostro laboratorio accumuliamo esperimenti stralunati in cerca di quei doni riservati ai pochi. Esempio: la mattanza dei mansueti fanciulli assopiti al termine del sereno e beato connubio omosessuale li sottrae al severo giudizio della società e procura all' eletto una quadruplice gioia: in primo luogo si assapora la solennità biblica di un rito mortifero perpetrato senza emozioni, in secondo luogo solo con l' oltraggio alla purezza infantile ci si avvicina veramente ad essa potendone intrattenere commercio, in terzo luogo si previene con l' omicidio il malcontento di una vita grama, schernita dall' incomprensione e ammorbata dalle rampogne; in quarto luogo conquistiamo il privilegio di assistere allo spettacolo unico del dolore che attanaglia i parenti gelando questi esseri vili ancorati senza scampo ad una morale ordinaria.

Riemersi da questo viaggio al termine della notte ci chiediamo cosa riscatti tanta nefandezza?

Penso alla visione dell' arte come rito religioso e anti-sociale. L' ostentato sprezzo dell' artista per ogni forma di vita pratica. L' illuminata denuncia indiretta dell' arte come antitesi al vivere civile; e uno spirare sotto l' auspicio di poesie finalmente sgravate da ogni opulenza e riconciliate con la semplicità del mondo così come lo intuiamo quando un certo "IO", ovvero il nostro vero nemico, non è lì a guardarlo e a ripensarlo ossessivamente.


Stefan George - Algabal - Casa Editrice Le Lettere


lunedì 28 marzo 2011

La regola aurea

E' raro in Italia imbattersi in un liberale, vagano sparuti qua e là senza incontrarsi mai: se hai studiato in scuole statali, se ti sei specializzato in università statali, se ascolti la programmazione culturale della TV e della Radio di Stato, è probabile che l' indottrinamento ricevuto avrà fatto effetto rendendoti refrattario ai valori liberali.

Sarebbe un peccato, allora, incontrarsi senza riconoscersi, vale la pena di testare chi hai di fronte.

Ma esiste qualcosa di simile allo scanner all' aereporto?, all' esame del sangue?, qualche procedura che si concluda con esiti chiari: positivo? Si accomodi a destra. Negativo? A sinistra, prego.

Ognuno elabora i suoi strumenti, io, per bollare il mio interlocutore, cerco di portare il discorso sulle armi da fuoco. Come ci si posiziona in merito? Su questo tema cruciale si simpatizza o si avversano le soluzioni proibizioniste?

La filosofia del liberale è chiara e puo' essere compressa in due parole: liberty first. Detto meno sinteticamente: quando mancano solide prove che la libertà di Tizio nuoccia ai suoi vicini, allora... "liberty first".

Il porto d' armi offre proprio un caso paradigmatico: l' evidenza (ormai ne esiste una montagna) sembra stabilizzata nel segnalare un certo beneficio sociale del libero porto d' armi. Niente di che, non mi meraviglio che taluno contesti questa poco solida correlazione; a dir la verità non mi interessa nemmeno visto che quel che sicuramente non si riesce a provare, per quanto si vogliano torturare i numeri, è l' esistenza di un chiaro danno.

Insomma, un caso di scuola a cui applicare il precetto "liberty first". Non così per la mentalità totalitaria, in quel caso: "safe-first" e conseguente conculcamento dei diritti - anche dei più elementari - in nome dlla sicurezza.

In merito metto qui il link ad un devastante saggio di Mike Huemer, qualcosa che sembra davvero assomigliare all' ultima parola sull' argomento, se mai se ne possa immaginare una.

Forse la lettura è un po' impegnativa ma c' è tutto, sia sull' argomento specifico delle armi, sia su quello allargato all' ideologia.

Le grandi questioni che si trova ad affrontare l' umanità - abbiamo appena discusso del nucleare - portano l' analista onesto a dire che "le cose sono complesse", da cui deriva il conseguente "liberty first".

Nella discussione pubblica il liberale ha dunque una strategia spesso vincente a disposizione: brandire gli strumenti più avanzati dell' economia per dimostrare che le cose sono più complesse di come appaiono, dopodichè puo' concludere con il suo dogma: liberty first. Se la discussione fosse una partita di calcio direi che il liberale, avendo a disposizione due risultati su tre, è chiamato a sfruttare tale vantaggio.

Ho parlato di economia non a caso: l' economia è quella disciplina che si occupa delle scelte tenendo conto dell' ambiente ("eco"), ovvero di tutto cio' che ci circonda. E' chiaro allora che le scelte economiche più interessanti siano quasi sempre complesse offrendo così terreno favorevole alla soluzione liberale.

Meditazione libertaria sull' Amaca del 20.3.2011

La signora Cinzia Cracchi salì agli onori delle cronache per via del suo movimentato fidanzamento con l' ex sindaco di Bologna Delbono;e di alcune vacanzea spese delle casse pubbliche. Ora ha deciso di candidarsi per le elezioni comunali, in una lista civica, a nome delle "donne maltrattate" (?!). Ben al di là della sua vicenda, tutto sommato trascurabile, viene da domandarsi sulla base di quale equivoco una persona già esposta a poco piacevoli vicende intenda replicare la sua faticosa esposizione allo sguardo pubblico. Una campagna elettorale non è davvero il massimo per chi volesse recuperare serenità ed equilibrio, e come si suole dire: farsi dimenticare. La signora non è sola. Incarna, anzi, una diffusa tendenza: quella di chi diventa famoso non per merito o talento o impegno civico, e di questa fama così opaca e discutibile si innamora al punto da volerla mettere a profitto. È come se una foto sul giornale, una ripresa televisiva, insomma il famoso quarto d' ora di celebrità, fosse una droga. Salvarsi sparendo, e dunque riconsegnando a se stessi la propria vita, è evidentemente una via preclusa ai contemporanei. Una volta esposti, non importa se per meriti o demeriti, si cerca di mantenere la scena a tutti i costi. È una sindrome, la fama, che non conosce cura.

In effetti sembra proprio che i politici più ne combinano, più rischiano di essere eletti. Ma la fama negativa puo' essere messa a frutto? Cerco di distinguere in merito il mondo della politica dal mondo del lavoro.

A volte la fama negativa di cui godono certi personaggi ha poco a che vedere con il compito che sono chiamati a svolgere, in questi casi solo il "moralista" puo' farsene un cruccio. Usciamo freschi freschi dall' affaire dell' Olgettina e sappiamo come funzionano questi meccanismi. Sul lavoro le cose non vanno molto diversamente. Anzi, il moralismo fa ancora meno presa: se il Sig. Ferrero tradisce la moglie è secondario per me, l' importante è che continui a fare la Nutella buona come l' ha sempre fatta.

Scendiamo ora più nel merito, parliamo di corruzione: è sorprendente come la fama di corrotto non intacchi le fortune del politico italiano. Forse perchè si sa che un certo grado di corruzione puo' far bene, o quantomeno è inevitabile: d' altronde tutti i grandi politici della Storia sono stati dei corrotti. Sul lavoro è diverso, la fama di corrotto ti distrugge: chi comprerebbe più da Bernard Madoff? Chi comprerebbe più creme da Vanna Marchi? Non mi servo dal noto frodatore.

La politica è anche il regno dell' ideologia, la cosa conta: se Tizio ha fama d' incapace ci passo sopra, purchè faccia sventolare alta la bandiera con i miei colori preferiti. I costi della sua incapacità mi toccheranno solo in minima parte. Ma sul lavoro è diverso: i costi dell' incapacità dei miei collaboratori me li sorbisco per intero e l' ideologia diventa in questi frangenti trascurabile.

Noto che in certi reality i personaggi negativi diventano delle star. La cosa è spiegabile, guardare la TV è solo un passatempo: per hobby posso anche essere incuriosito da quella casinista di Loredana Bertè, ma non ci vorrei mai lavorare insieme, non vorrei neanche averla come vicina di pianerottolo! Ecco, noi trattiamo allora la politica come trattiamo gli hobby più marginali. Ma c' è un modo per avvicinare il mondo della politica a quello del lavoro? Probabilmente sì, ma lasciamo perdere.

Naturalmente, dopo aver ammesso che la "politica" è qualcosa a cui non è sensato dare un grande peso, bisogna agire di conseguenza. Ovvero, bisogna pensare ad un paese fondato sul lavoro anzichè sulla politica. Tuttavia le cose per ora non stanno così: la politica resta centrale.

Cosicchè assistiamo continuamente allo spettacolo di chi dà centralità alla politica per poi meravigliarsi di come la "fama negativa" dei politici non nuoccia loro. Questo per dire: non stupiamoci dell' abbondanza di sermoni: la predica moralista è l' ultima arma in mano all' incoerente. E da noi, d' incoerenti, ce n' è a frotte.

sabato 26 marzo 2011

La questua trascurata

... si riflette poco sull' abusato confronto tra la televisione di ieri e quella di oggi... perchè la TV di ieri sembra migliore di quella odierna? In parte perchè in passato era così al centro della scena mediatica da condizionare tutti i media alternativi... oggi quel "meglio" è facilmente reperibile altrove e la televisione deve re-inventarsi... ma ci sono soprattutto altri due fattori... in primo luogo, la TV di ieri era fatta da professionisti del mondo dello spettacolo e si rivolgeva alla media borghesia: era una televisione da salotto, per il salotto... la Tv di oggi invece è fatta soprattutto per la gente comune e si rivolge di preferenza alle fasce più deboli della popolazione... la trash TV trasferisce in video le storie di persone comuni, facendole uscire dall' anonimato in cui tirano avanti, portandole alla ribalta e facendole esplodere... la gente qualunque ha diritto di apparire e trova qui il suo mondo espressivo... si realizza così una forma di terapia dell' escluso: anche il poveraccio ha diritto di mostrarsi, di dire la sua, di segnalare la sua presenza... direttamente o per interposta persona...oggi certa produzione televisiva è culturalmente bassa perchè si rivolge ad un pubblico periferico... il servizio pubblico era chiamato a svolgere una funzione educativa... paradossalmente la televisione contemporanea, dopo aver abbandonato le mire pedagogiche, svolge oggi una funzione educativa ancora maggiore includendo e rendendo protagoniste... fasce realmente marginalizzate, periferiche, più deboli per censo, per istruzione, per tenuta psicologica... è una reale ed efficace pedagogia senza la nobilitazione di un progetto pedagogico... nel frattempo la media e alta borghesia già socialmente realizzata trova il suo corrispettivo nelle reti a pagamento in grado spesso di offrire con continuità una nicchia di prodotti qualitativi ora disponibili con una continuità sconosciuta al passato...

Aldo Grasso - Prima lezione sulla televisione - Laterza.

Anche qui come altrove la libertà dai monopoli produce il solito effetto: ampliare lo spettro dell' offerta includendo tutti: polenta taragna per gli sdentati emarginati che stanno in fondo e caviale per le élites dalla papilla degustativa sensibilissima.

Mi vengono in mente in treno quei semi analfabeti straccioni che passano il viaggio sfogliando avidamente la stampa gratuita ormai dimentichi di essere saliti per la questua o la rapina. Certi convogli sembrano biblioteche per gli zingari. Ssssst... non disturbare il popolo Rom che legge. Se devo essere sincero è la prima volta che nei loro riguardi ho percepito una qualche forma concreta di "integrazione". Altro che "programmi di recupero".

venerdì 25 marzo 2011

Mettere le tendine al non-luogo

Il barista non capiva mai se avevo o meno voglia di parlare, così da qualche mese l' ho piantato in asso cambiando bar. Questo di adesso mi fa sembrare più intelligente.

Fare i baristi è un' arte che come tutte le arti non si puo' raccontare.

Ci sono pianisti che non capiscono mai quando hai voglia di ascoltarli, in questi malaugurati casi chi vuole cambiare spacciatore di note puo' rivolgersi alla discrezione mista a cordialità che sprigiona senza sforzo Angelica Sanchez.

Mi piace il suo modesto discorso, racconta storie che si fanno ascoltare fino in fondo, cio' che inizia in un modo lo finirà altrimenti... e vale la pena seguirla; i colpi di scena, disseminati ovunque, più che petardi col botto, si presentano come piacevoli ed educate sorprese.

Ti accoglie restando in posizione fetale, sembra dapprima trascurare la tua presenza concentrata solo sul suo minuscolo mondo in bianco e nero fatto di tasti da pigiare, ma in realtà basta poco perchè ti prenda a braccetto portandoti via per un viaggio che inauguri con un tzk ma che terminerai con l' accorato racconto delle cose che hai "visto".

Suona per essere ascoltata, mai importuna, sa stare al suo posto, sa fare un passo indietro, sa capire se ti stai annoiando per riproporsi in modo variato, sa raccontare, sa ascoltare e ascoltarsi, sa essere imperturbabile senza essere fredda, sa tenere le distanze con un ammicamento, sa darti retta mentre fa altro, sa mettere le tendine al non-luogo, sa guardare di sottecchi mentre ricama una melodia; sa sorriderti di spalle, come certi baristi quando ti preparano il caffè; sa rumoreggiare quietamente, come una persona cara che è di là a fare qualcosa appagata dal suo indaffaramento. Sa suggerirti quella parola che cercavi e sa stupirsi ammirata mentre la dici pensando di averne il copyright.

Insomma, nessuna grande pretesa artistica, sa solo farci stare un po' meglio al mondo costruendo intorno a noi una Casinha Pequenina proprio quando siamo lontani da casa.

Il barista è fondamentale per la nostra qualità della vita, e questo disco un po' lo fa capire.

link

Genealogia: Carla Bley, Eric Dolphy, Erik Satie. Muhual Richard Abrhams.



Angelica Sanchez (piano - toy piano) - A little house - clean feed


I guanti inventati appositamente per pianisti mutanti dalla fantasia sfrenata...



http://www.goear.com/playlist.php?v=20a9ff1

Where fun is serious business



Gioco e creatività come strumenti per risolvere problemi e conflitti. I bonobo raccontati in sette minuti da una bella primatologa.

In ricordo del forum di fahre, dove il bonobo fu a lungo in ballottaggio con l'oloturia e l'echidna, quando si doveva scegliere quale animale importare e caricare di valori cristiani e occidentali, per poi ri-esportarlo nel mondo. (Era l'epoca in cui si parlava solo di piaga del relativismo e scontro di civiltà, e ci si preoccupava del destino dell'occidente).

giovedì 24 marzo 2011

Paura nucleare

La questione nucleare tiene oggi banco come 25 anni fa.

Una tecnologia con un potenziale distruttivo incomparabilmente più altro rispetto a tutte le altre conosciute dall'umanità, almeno fino alla metà abbondante del secolo scorso. Questo è un dato di fatto che non va mai messo da parte.

Il rischio legato al nucleare per me è in buona parte lì. L’umanità però credo che abbia raggiunto uno stato di maturità sufficiente, nonostante tutto, da renderla in grado di gestire il rischio creato dalla consuetudine e dalla familiarità acquisita dall’avere a che fare per lungo tempo con una cosa pericolosa.

Questo rischio, il più grande, in realtà nessuno lo prende in considerazione. Stiamo sorbendo fiumi di parole sul nucleare. Nessuno si esime dal dire la sua. La stragrande parte della gente, giornalisti inclusi, non ha nessuna idea degli aspetti tecnici della questione, e si lascia guidare da una cosa sola. La paura. La paura di una cosa che non conosce, lo spettro del mostro. Ci sono state Hiroshima e Nagasaki, oltre che Chernobyl, ad ingozzare questo mostro. Nessuno si preoccupa di conoscere bene cosa sia accaduto a Chernobyl, di capire che non è stato un guasto, non è stato un errore di gestione a provocare l’incidente. Sono state scelte deliberate compiute da gente incosciente. Scelte che nelle centrali che punteggiano il mondo progredito non potrebbero essere fatte nemmeno con tutte le intenzioni di farle, per i meccanismi di sicurezza intrinseci ed ineludibili.

L’unico incidente vero e serio legato al nucleare industriale, prima di Fukushima, è stato Three Mile Island, che s’è portato anch’esso dietro un codazzo di sciacalli che, anziché esaminare lucidamente quello che è successo, ha alimentato il mostro, ha sfornato film come Sindrome cinese, che ho visto da piccolo e ricordo ancora, per l’inquietudine che mi ha provocato.

Dai tempi del liceo ho scavato sulla questione tecnica legata agli impianti nucleari, ma mi rendo conto che è completamente inutile tentare di affrontare il problema con i numeri e la ragione, ora che la gente in Italia corre a comprare pastiglie di iodio e i Celentani ed i neofascisti dipietristi hanno il monopolio dei microfoni.

Tutti si riempiono la bocca di “energie alternative”, di “problema di gestione delle scorie”, di considerazioni quali “l’uranio è destinato ad esaurirsi”, ognuno si lancia in sperticate valutazioni del rapporto tra rischi e benefici. In realtà, dietro tutto questo c’è sempre quel mostro. Quello che ci mette sempre un brivido quando mettiamo piede su un aereo, anche se la ragione ci dice che le cose sono lontanissime dallo stare così, perché dovremmo avere più brividi ogni volta che mettiamo piede in auto, non parliamo della moto.

Dunque, il dato di fatto è che i neofascisti stanno montando ancora una volta una campagna referendaria a ridosso di un incidente, allo scopo di guadagnare consenso alimentandosi delle paure irrazionali (in quello di 25 anni fa c’erano intenti ancora meno nobili, essendo spalleggiato dalla lobby craxiana che aveva interessi enormi con alcuni paesi nordafricani fornitori di gas naturale, e la storia di Montatalto di Castro è tutta lì da leggere). I costi della riconversione al gas li pagheranno ancora i nostri pronipoti. Quelli della distruzione del sapere nuclare che negli anni ‘80 vedeva l’Italia ai primi posto nel mondo non saranno ripagati molto più a lungo.

Cosa dovrebbe dunque fare una persona media, che avrà l’enorme responsabilità di decidere se condannare per l’ennessima una volta l’Italia ad essere barzelletta del mondo, e che non ha normalmente gli strumenti né la voglia per approfondire sul serio le questioni legate al nucleare, se volesse seriamente prendere in considerazione l’idea di sfidare il mostro e cercare di non farsi inghiottire?

Affidarsi agli “esperti”? No, perché chi può resistere alla tentazione di scegliersi l’esperto più comodo? Per fare un esempio, tanti hanno citato Rubbia che, solo per essersi intascato un premio Nobel grazie all’essere a testa di un lavoro di équipe in cui i ben informati dicono che non avesse messo molto di suo, viene spesso chiamato a dire la sua su questioni epocali, sparandone ogni volta di enormi.

Allora, a chi affidarsi? Per me la risposta più sensata si trova qui. Tutto il mondo progredito ha affrontato la questione nucleare, e lì è leggibile il risultato. I conti li avranno ben fatti tutti. Il problema degli smaltimenti ce l’hanno tutti, anche la Finlandia, Paese che del suo ambientalismo ha sempre fatto bandiera e che solo l’anno scorso ha approvato la costruzione di un nuovo grande reattore con teconologie all’avanguardia. L’Italia, fino all’anno scorso era dello stesso colore dei Paesi più arretrati del centro Africa (non tutto il centro Africa! solo quello più arretrato). Con l’aggravante dell’ipocrisia di acquistare una percentuale elevata (che arriva ad 1/4!) del suo fabbisogno energetico da Francia e Svizzera, che producono quantità elevatissime di energia dal nucleare.

Da quella cartina potrebbe essere evidente la risposta alla domanda chiave. Siamo i più intelligenti, i più illuminati del mondo, gli unici che sanno fare veramente i conti, gli unici che amano i loro bambini e l’ambiente (va beh, insieme all’Austria, ed all’Olanda che ne ha ancora accesi ma li sta spegnendo)? Siamo gli unici idioti, incapaci di gestire i problemi di corruzione e di malaffare che sicuramente intralcerebbero la costruzione e la gestione delle centrali e delle scorie? O siamo intelligenti, o siamo idioti. Mettiamoci d’accordo. Se non ci riusciamo, fidiamoci di tutto il resto del mondo.

Poi, dopo questo passo, è giusto affrontare il mostro, informarsi sui pro ed i contro, ma con apertura mentale, non per cercare conferme nelle tesi che ci siamo costruite (o ci hanno inculcato). Lo stesso va fatto per le manipolazioni genetiche dei vegetali, e per mille altri temi che affronta la modernità. Molti sono più aperti a manipolazioni che riguardano l’uomo, chissà perché! La Natura va rispettata, questa è una priorità inderogabile. Capire se la rispetti di più una centrale nucleare o una ad idrocarburi non è un compito semplice come molti credono. Fukushima potrebbe anche essere un segnale per l’umanità. Questo non posso certamente escluderlo. Anch’io non ho una risposta assoluta, e non vorrei mai essere chiamato ad un referendum incosciente come quello di Di Pietro. Il messaggio della natura non è così semplice da interpretare come sembrerebbe di primo acchito.

Cosa c' è che non va con il principio di precauzione?

Innanzitutto è irrazionale.

Non solo, noi sapiamo bene anche il perchè: semplice status quo bias.

Andiamo avanti: è eticamente è inacettabile per un liberale visto che antepone la sicurezza (e quindi l' autorità) alla libertà. Il PP si adotta in condizioni d' incertezza, ovvero quando non è possibile provare in modo fondato nessuna tesi in campo. Ma l' onere della prova non spetta sempre a chi vuole imporsi con la violenza limitando le libertà altrui? Quindi...


Emergendo in situazioni difficilmente valutabili implica la regolazione di ambienti complessi, e sappiamo bene i problemi che comporta una simile ambizione.

Da ultimo, diciamolo francamente: c' è di meglio.

Insomma, cosa trascura il PP? Non considera che ogni successo umano è preceduto da fallimenti. Funziona così, purtroppo: chi non l' ha imparato è condannato a sparire insterilito dal PP o da similare fuffa.



http://www2.warwick.ac.uk/alumni/knowledge/themes/04/failure_opportunity/

mercoledì 23 marzo 2011

Caro Vlad, lascia stare il "tecnico del nucleare"

Caro Vlad,

per prendere posizione sul nucleare non è necessario essere "tecnici del nucleare", ed è quindi ingiustificato il tuo rammarico per non esserlo; le scelte di fondo non spettano infatti al "tecnico", piuttosto al "politico", all' "economista", al "moralista".

E tutti noi, se vogliamo campare, siamo un po' "politici", un po' "economisti" e un po' "moralisti".

Essendo una scelta che implica valutazione dei rischi bisogna andarci coi piedi di piombo stando attenti alle distorsioni cognitive che in questo ambito abbondano, per fortuna nessuno lo sa meglio di noi.

Un tecnico del nucleare potrà giusto fornirci alcuni elementi utili al calcolo del rischio che fronteggia il cittadino medio di un paese non sismico con centrali nucleari.

Ma potrà dirci poco sui rischi che corriamo guidando a 130 km orari in autostrada, o su quelli associati al fumare un pacchetto di sigarette al giorno, o i rischi connessi alla pratica di certi sport pericolosi, o quelli che decidiamo di fronteggiare prendendo l' aereo, o che derivano dalla mancata installazione di un guard rail su una certa curva, o anche il rischio di contrarre malattie contagiose, o di imbatersi in incidenti come quello dei pozzi petroliferi del Golfo del Messico, o del rischio associato al vivere in città inquinate come Milano o Los Angeles. E ne mancano parecchi in merito ai quali rinvio ad Alesina sul Sole di ieri.

Eppure questa conoscenza è cruciale per decidere! Come potremmo secondo te essere credibili se accantonassimo il nucleare perchè "pericoloso" per dedicarci immediatamente dopo ad un' attività ancor più pericolosa?

lasciamo perdere i "tecnici del nucleare". Piuttosto, per i nostri calcoli, puo' essere utile considerare il passato (non abbiamo molto altro), e allora ecco qui un' interessante tabella che accosta il numero storico delle vittime dirette a ciascuna fonte energetica a parità di TWA.

E le vittime indirette? Qui se ne parla e vengono stimate, per esempio. Cavolo, un anno di CO2 sembra valere 10 Chernobyl.

Quindi, cosa fare? Potremmo pensarci assistiti dal conforto di una puntata di Fahre. Ma ci conto poco, guardando al passato mi pare di capire che la "teoria della scelta razionale" non rientra nella "linea editoriale del programma". Molto meglio risolvere tutto con un bel principio di precauzione e non se ne parli più. E se proprio se ne deve parlare, lasciamo che parli il cuore...

Non sempre i ricchi piangono

"Prendere ai ricchi per dare ai poveri", ecco la ragione che muove in via di principio i sistemi fiscali dello Stato moderno.

Ma pochi di loro sono all' altezza del nobile intento. La maggioranza cade già sulla prima parte della prescrizione: "prendere ai ricchi".

Un' impresa eroica - vista la capacità di esercitare pressioni della classe più influente - con pochi e sorprendenti casi di successo: USA, per esempio. Ma anche l' Italia è messa molto bene (cliccare per espandere la tabella).

Falliscono in questo campo paesi come Germania, Francia, Svezia, Svizzera, Norvegia, Islanda. Lì i ricchi se la cavano brillantemente senza particolari pianti.

Particolari: qui... e magari nella prossima puntata di Fahre, ma ci credo poco.

mercoledì 16 marzo 2011

Meditazione libertaria sull' Amaca del 13.3.2011

Leggere le cronache su alcune inchieste giudiziarie (vedi le recenti indagini sulla cosiddetta P4 e il faccendiere di Stato Bisignani) e capirci pochissimo è tutt' uno. La colpa non è dei giornalisti, che cercano di raccontare quello che riescono a sapere. Né dei giudici, che cercano di dissotterrare i reati da una spessa coltre di segreti e silenzi. La colpa (dal suo punto di vista un merito) è di un potere politico ed economico che mai come in questi anni è riuscito a rendersi imperscrutabile, opaco, fuori controllo. Riusciamo a capire solo che gli interessi, le alleanze, gli scontri che determinano molte delle scelte nevralgiche per la collettività (gli appalti, il controllo del credito, la spartizione dei profitti) agiscono in una zona d' ombra, al riparo di ogni forma di controllo istituzionale, di visibilità pubblica, insomma di democrazia. Molto poteree molti quattrini in poche mani, zero poteree pochi quattrini nelle mani di tutti gli altri. E' sempre stato così? Forse sì. Ma in un clima politico meno rassegnato, più integro, la scoperta della P2 destò, nell' Italia di allora, uno scalpore enorme. P3, P4 e domani P5 e P6 possono contare su un vantaggio enorme: la disarticolazione della politica e la nostra rassegnazione. Due facce della stessa medaglia.

Michele Serra - L' Amaca -

E cosa rende il potere politico ed economico "imperscrutabile, opaco e fuori controllo"?

Azzardo: il proliferare delle regole e l' abnorme ruolo assegnato alla politica.

E' difficile far confusione se esistono poche e semplici regole.

E' difficile assistere a commistioni se la politica non ha nè grandi dotazioni da barattare, nè grandi favori da elargire.

Ma "poche regole" e "poca politica" spaventano. Lo spettro del Far West si profila all' orizzonte delle menti più suggestionabili. Sono menti facilmente soggette ad un horror vacui della prescrizione, e sono "molte".

Il guaio è che poi giri l' angolo e questi "molti" te li ritrovi affaccendati nella stesura dell' ardente denuncia contro il potere "imperscrutabile, opaco e fuori controllo".

Ma come? Sono ancora loro? Partecipano sia alla Manifestazione che alla Contomanifestazione?

Già,le due "moltitudini" coincidono. Consoliamoci per lo meno pensando allo scampato conflitto.

E poi ti chiedi il perchè della massiccia conversione al moralismo. Costretti a scartare le soluzioni che funzionano non resta che "savonaroleggiare" invocando i Santi.

p.s. 1/ comincio le mie estemporanee "meditazioni" sull' Amaca domenicale. Cercavo un contraltare al Vangelo, un temperamento a me estraneo che concepisse di continuo idee a me estranee. Barbara Spinelli sarebbe stata l' ideale, non c' è nulla di più remoto che io riesca ad avvistare, ma la sua prosa fluviale non si prestava. Nella scrittura di Serra purtroppo c' è un versante che ammiro sinceramente e che offre resistenza alla mia ispirazione (non sarà un caso se ho letto parecchi libri di questo poetastro). Pazienza, i suoi francobolli repubblichini sono talmente confacenti alla bisogna che rinunciarvi è delitto.

p.s. 2/ avviso: me ne vado una settimana al mare prima che il nubifragio in corso porti il mare a me. Raggiungo le mie donnine a Varigotti e scusate se libero l' archivio con un postaggio a valanga. A presto.

La lunga giornata del sincero militante

D all' agenda di un affaccendato militante sinceramente democratico. «Scendere in piazza, organizzare corteo e comizio e allestire palco per attori e cantanti a piazza del Popolo in difesa della Costituzione ultimamente sotto attacco. Predisporre coccarde e bandiere tricolori per l' anniversario dell' Unità d' Italia ultimamente sotto attacco: ripassare parole dell' inno di Mameli utilizzando la magistrale lezione a Sanremo (ultimamente sotto attacco per via della vittoria del sinceramente democratico Vecchioni) tenuta da Roberto Benigni. Scendere in piazza e organizzare manifestazioni con slogan creativi e salite sui tetti per protestare contro la riforma Gelmini dell' Università che ha messo sotto attacco i diritti fondamentali degli studenti. Organizzare corteo e catena umana e allestire palco (con turnover) di attori e cantanti a piazza del Popolo per la difesa della legalità ultimamente sotto attacco. In generale fare attenzione ai contenuti delle manifestazioni per non confondersi e portare la bandiera viola dove ci vuole il tricolore, o quella arcobaleno. Tenere quella rossa solo per la manifestazione, con palco allestito per attori e cantanti a piazza del Popolo, a favore della Fiom ultimamente messa sotto attacco. Scendere in piazza, organizzare manifestazione e allestire palco per attrici e cantanti a piazza del Popolo, in difesa della dignità della donna ultimamente sotto attacco. Scendere in piazza, predisporre slogan, cartelli e striscioni per la manifestazione a difesa della libertà di stampa ultimamente sotto attacco. Fare attenzione alle firme di attori, cantanti, intellettuali e artisti in genere per non dare l' impressione di una certa ripetitività. Poi organizzare manifestazione per sostegno allo sciopero generale a difesa dei diritti fondamentali ultimamente sotto attacco. Scendere in piazza e trovare nuovi slogan creativi per la manifestazione, che si concluderà a piazza del Popolo con un palco pieno di attori e cantanti, a difesa della scuola pubblica ultimamente sotto convergente attacco». «Scendere in piazza e organizzare manifestazione di protesta delle celebrazioni ufficiali del 25 aprile, il cui significato è stato ultimamente messo sotto attacco. Trovare attore o cantante che possa dare un contenuto di denuncia al palco del Primo maggio ultimamente messo sotto attacco. Scendere in piazza, riempire cartelli e striscioni, e allestire palco (con turnover) per attori e cantanti, per la manifestazione a difesa della cultura e dello spettacolo ultimamente messi sotto attacco. Rimandare la discesa in piazza per la domenica di maggio in cui ci saranno le elezioni: una noia mortale e del tutto inutile visto che le perderemo ancora una volta per colpa del modello culturale imposto da Drive in. Scendere in piazza contro Drive in»

Pierluigi Battista

Me lo sono sempre chiesto: ma perchè tanto impegno? E' sorprendente.

All' ora di cena molta gente tira su il telefono e chiama trasmissioni radio che parlano di politica: Cruciani, Forbice e Radio Popolare sono i più solerti ad intercettare questo bisogno.

E senza andare tanto lontano, ma perchè sentiamo l' esigenza di dire la nostra su un blog semi-deserto?

Forse perchè professare un' Ideologia ci fa star bene, come professare una Religione. Si tratta di centri-benessere, anche quando la nostra travagliata secrezione è un' indifferente goccia nel mare, anche quando il paradiso è solo una labile entità chimerica.

Vedo un' analisi dell' ideologia imparentata con l' analisi sociologica degli hobby. Professare un' ideologia assomiglia tremendamente ad una gita fuori porta, una scampagnata, un giorno libero. L' ideologia è "tempo libero".

Libero ma mai vuoto: l' importante è stiparlo con cose che possiamo fare trascurando la razionalità.

Disseminare una burocrazia pervasiva ma leggera è vitale, dà sempre un tocco di serietà alle cose, la sensazione di non essere a zonzo. Il sudore incrementa l' autostima, si sa, quand' anche fosse quello di chi scava buchi per poi riempirli.

L' ideologia ha l' enorme pregio di non coniugarsi con le "scommesse": non si vince e non si perde, non c' è competizione, niente resa dei conti, niente responsabilità... finalmente liberi. Liberi di urlare, di cantare, di sottilizzare in un ruminante soliloquio da estendere giusto alla sempre solidale "parrocchietta".

E se poi, a distanza di anni, i nodi venissero al pettine e gli errori diventassero ineludibili, è persino piacevole atteggiarsi a "sconfitti" che si limitavano a sognare un mondo migliore stando romanticamente "dalla parte del torto".

Meditazione libertaria sul Vangelo del 13.3.2011

Vangelo secondo Matteo 4, 1-11

In quel tempo. Il Signore Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: / “Non di solo pane vivrà l’uomo, / ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: / “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo / ed essi ti porteranno sulle loro mani / perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: / “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti: / “Il Signore, Dio tuo, adorerai: / a lui solo renderai culto”». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

Gesù resiste a tre tentazioni: la prima e l' ultima riguardano la cupidigia, la seconda invita allo spraco miracolistico.

Resistendo alla prima e all' ultima Gesù ci indica l' esistenza di beni da anteporre a quelli materiali; poichè il valore di questi ultimi deriva dai primi, il gioco delle priorità evangeliche è chiaro.

Detto altrimenti, la risorsa originale (The ultimate resource) risiede nell' uomo, nella sua coscienza, nella sua creatività, nella sua libera valutazione e nel suo libero arbitrio. materie che ieri non "valevano" nulla, oggi, grazie ad un atto umano libero e creativo, diventa "di valore". Un Rabbi profano come Julian Simon faceva sempre l' esempio del petrolio, questa inerte e fastidiosa fanghiglia.

Resistendo alla seconda, Gesù ci insegna il valore della conscenza umana: i miracoli perturbano l' ordine naturale ed un ordine naturale continuamente alterato è impossibile da conoscere. La parsimonia nei miracoli segnala allora una preoccupazione e una cura ben precisa.

Questa domenica il libertario gongola.

Il libertario è felice di sapere che non siamo solo atomi messi in formicolante agitazione da scosse elettriche, è rassicurato nel pensare alla sua libertà come ad un libero arbitrio. Si tratta pur sempre di qualcosa che ha messo al centro del suo sistema.

Il libertario è felice di sapere quanto conti la creatività umana, perchè anche il suo sistema la valorizza.

Il libertario è felice dell' enfasi posta sulla conoscenza, perchè quello è proprio il propellente ideale per far girare a mille il suo sistema.

Il libertario esce quindi felice dal Tempio, anche se piove e tira vento. Tanto c' è il Davide che regge l' ombrello e trasporta in auto una Marghe stranamente silente per tutta la funzione. Meno male, nella chiesetta di Comabbio non c' erano vie di fuga e in caso di emergenza/marghe la mia creatività avrebbe subito un' imbarazzata empasse.

Al mercato degli "errori"

Le preferenze umane sono più capricciose della Marghe, nessuno l' ha spiegato meglio del prof. Maurice Allais.

E nessuno spiega il lavoro del prof. Allais meglio del prof. Landsburg.

Non mancate allora di sottoporvi al suo leggendario test. Lo ripropongo qui per comodità:

Question 1: Which would you rather have:

A. A million dollars for certain.

B. A lottery ticket that gives you an 89% chance to win a million dollars, a 10% chance to win five million dollars, and a 1% chance to win nothing.

Try taking this seriously. What would you actually do if you faced this choice? Don’t bother trying to figure out the “right” answer, because there is no right answer.

Question 2: Which would you rather have:

A. A lottery ticket that gives you an 11% chance at a million dollars (and an 89% chance of nothing)

B. A lottery ticket that gives you a 10% chance at five million dollars (and a 90% chance of nothing)

Once again, this is a matter of preference. There is no right or wrong answer.

Già, non c' è niente di irrazionale. Peccato che se scegliete A alla prima domanda e B alla seconda siete del tutto inaffidabili nell' esporre le vostre preferenze. Come quel tale che dopo aver schifato il parmigiano se ne ingolla entusiasta una forma senza por tempo in mezzo.

Ma è la stragrande maggioranza delle persone a scegliere combinazioni irrazionali. Non deprimetevi, dunque, lasciate che siano gli economisti a farlo.

Mille considerazioni balzano alla mente: forse la gente non prende sul serio il test, forse le preferenze cambiano anche nel giro di qualche secondo, forse la gente non vuol sapere cosa preferisce, forse fa errori e sceglie quel che ha appena detto di schifare...

La mia spiegazione "preferita" è un' altra: abbandonarsi all' irrazionalità, quando ce lo si puo' permettere, è bello.

Ovvero: penso che molti siano infastiditi dai calcoli e dal ragionamento, per quanto ne riconoscano l' efficacia se messi alle stette. Cosicchè, specie su questioni di poco conto, si affidano all' intuito quando avrebbero in mano di meglio... insomma si "comprano" volentieri gli errori che derivano dalla loro scarsa scrupolosità.

Come si puo' testare una simile congettura?

Forse facendo dei test dove i "milioni di dollari" girino realmente: lì non ha più senso "comprarsi" l' errore.

Conclusione: la verifica è impossibile e devo quindi troncare il post in modo tanto brutale ed insoddisfacente.

Ancora una volta colpa dei tagli alla ricerca, ancora una volta colpa di Berlusconi.

martedì 15 marzo 2011

Psico-Parlamento

Curioso l' ultimo libro di Felice Cimatti. Tesi: l' uomo è un Comunista Naturale (qui la stroncatura di Libero).

Mi sa che Cimatti unisca concetti diversi come quello di Copyright (oggetto astratto) e quello di proprietà privata (oggetto concreto). La critica al primo istituto si applicherebbe in automatico anche al secondo riaprendo la via al Comunismo. Veramente lui non parla proprio di Copyright ma di Linguaggio: se il linguaggio che usi è anche mio, perchè non dovrebbe esserlo anche la "tua" mano?

Rimanere perplessi è più che lecito in casi simili.

Con questo non voglio dire che naturalismo e ideologia non possano incrociarsi in modo proficuo. Penso alle ficcanti ricerche sui legami tra ideologia e psicologia naturale, specie dopo che agli studiosi hanno comniciato a segnalare la sorprendente flebilità del nesso tra interessi materiali e voto politico.

La suddivisione destra/sinistra sembra limitante, cerchiamo di costruire uno psico-parlamento avvalendoci di questo schemino che collega i Big Five della personalità all' ideologia professata (clicca per espandere):




Il libertario risulterebbe un tipo con molti contatti sociali ma pur sempre concentrato nel suo mondo, poco empatico, scrupoloso ed emotivamente stabile.

Tutta roba da approfondire, comunque, i conti che non quadrano sono ben esposti qui.

p.s. Riuscite ad immaginarlo Marchionne che concede una "serena" intervista alla radio pubblica rappresentata da Felice Cimatti? E Ricci che interloquisce amabilmente con l' imparziale Loredana Lipperini? Conoscendo i retroscena corre un brivido sulla schiena pensando a cosa sia in realtà la "voce di tutti".

lunedì 14 marzo 2011

Convenient Neglect of Pertinent Material


Manufacturing Dissent di Debbie Melnyk e Rick Caine
la recensione del Corriere della sera, qui

Fahrenheit 9/11 va bene, ma credo che rientri in una certa categoria, quella di chi predica ai convertiti. E’ diventato quasi una chiesa laica dove la gente poteva pregare insieme e attaccare gli infedeli di Bush. Una comunicazione partigiana a senso unico tende a richiamare un publico di credenti e a rafforzare quello in cui già credono, anziché indurre qualcuno a cambiare idea. - Erroll Morris, documentarista




Al minuto 2'48" - David Gilmour, critico cinematografico e commentatore della tv canadese, ricorda la sua intervista a Michael Moore, dopo l'uscita del suo primo lungometraggio Canadian Bacon. Una commedia stroncata dalla critica. Interessante il match Gilmour/Moore.

2'48"MELNYK - David Gilmour interviewed Michael Moore when he was film critic for the Canadian Broadcasting Corporation. In his fifty years of doing interviews, David says the one he did with Michael Moore about "Canadian Bacon" is the one every one remembers. This is Michael’s only dramatic film and is one his rare failures.
GILMOUR - I suspected, and it turned out to be true, that the second I asked the first thing he didn’t like to hear, the little persona of the sweet little boy, the regular guy, that mask slipped off and I thought: “That’s the real Michael Moore!”

GILMOUR:
There are people who had some serious problems with this movie, you know, Canadian Bacon…
MOORE:
You have a list?
GILMOUR:
I have a long list.
(Bacon is an undercooked comedy, Childish, boring, ineffective blabber, Pure awefulness, Moore should stick to the nonfiction world, A dreadful waste of talent)
They think it’s amateurishly shot, badly directed and not funny…
MOORE:Wow...
GILMOUR:
… which is a problem for a comedy.
MOORE:Well, you know, those people like art films. I made a film for people like me. Some critic said: “This is the first left-wing film for the mall crowd”. Now I don’t know whether he was referring to people who go to shopping malls or who live in trailer parks, but I consider that a compliment. Where are you from?
GILMOUR:
Toronto.
MOORE:
Where did you go to school?
GILMOUR:
I went to private school.
MOORE:
Well, you come from a different class than I come from, you know. You might like different things than I like.
GILMOUR:
I don’t think it has anything to do with the highbrow intellectual crowd. I think it’s possible that maybe you didn’t make a good film, and I think that you got to acknowledge that, rather than dismiss the people who don’t like your movie as if there’s something wrong with them.
MOORE:
Oh, I don’t have to acknowledge that. I made a very good film. A film I am very proud of.


GILMOUR - It was really quite a schizophrenic interview. Because I could tell that he wanted me dead, but in the same time I had him on film. And the only way that he was going to get that off film, was to make me like him again.

MOORE:
Some people won’t like the film. It’s ok, you don’t have to love the film. It’s alright, I’ll still talk to you.


GILMOUR - Here's a guy who makes his living going around, dropping in on people, putting the camera on them, capturing them in awkward positions and then filming them. All I'm saying is, if you are going to do that for a living, you've gotta be prepared for it to happen to you and when it does happen to you, you better behave with some grace otherwise, you're gonna look like a hypocrite.

Al minuto 4'03" - l'intervento di Erroll Morris (in apertura del post)
Al minuto 4'26" - l'intervento di John Pierson, cineasta indipendente, già produttore di Spike Lee, Richard Linklater e Michael Moore (Roger & Me) - "(...) Escludo nel modo più assoluto che (Fahrenheit 9/11) abbia favorito anche solo minimamente la campagna di John Kerry. Michael ha finito per vendere se stesso. E da "Bowling a Columbine" in poi, ogni volta che le cose vanno a gonfie vele per Michael Moore - a livello personale, a livello di popolarità, a livello di conto in banca - fondamentalmente vanno sempre peggio per il paese."

Stereotipi sugli stereotipi

Nel momento in cui realizziamo di essere di fronte ad un serpente, cominciamo a comportarci in base a quel che sappiamo dei serpenti in generale... Allorchè veniamo a sapere che Tizio è un bibliotecario, cominciamo ad interagire con questa persona tenendo conto dell' idea che abbiamo delle biblioteche e dei bibliotecari... Noi, in generale, cerchiamo di etichettare ogni oggetto ed ogni persona che incontriamo al fine di regolare i nostri comportamenti nei suoi confronti sulla base di cio' che nella nostra conoscenza pregressa ricade sotto l' etichetta in questione... questo modo di procedere mediante "stereotipizzazione"... puo' essere considerata buona cosa?... La psicologia sociale ha elaborato in merito due risposte, entrambe ferme ed inequivocabili: No e Sì.

... la prima letteratura sostiene che usiamo troppi stereotipi, la seconda (stereotype fallacy) che li usiamo troppo poco lasciando che la nostra razionalità si faccia sviare focalizzandosi su casi singoli ed isolati... in merito gira per esempio la storiella della Volvo... avete appena letto su un affidabile giornale che per ogni 10000 utenti Volvo soddisfatti, solo 1000 si dichiarano delusi... la solidità di quest' auto è uno stereotipo che gira e la notizia sul giornale costituisce un rinforzo tutt' altro che sorprendente... è da tempo che considerate l' acquisto... senonchè, al bar, un vostro amico vi fa un vivido racconto dell' odissea che suo fratello ha passato con la sua Volvo... fermo in autostrada... con la macchina che andava a fuoco... i soccorsi che tardavano... milioni di danni... il figlioletto ferito... una causa lunga e complicata conclusasi senza alcun risarcimento... ecco, il singolo caso subito prende il sopravvento sullo stereotipo e rinunciate all' acquisto... La conclusione è scontata: esiste un problema di sottoutilizzo degli stereotipi..."

David Funder - in AAVV Stereotype accuracy -

***

Domande:

1. Coltivare stereotipi positivi su di Sè è la via maestra per coltivare stereotipi negativi sull' Altro?

2. Gli stereotipi sono rigidi?

3. Gli stereotipi sono la via verso il razzismo?

Risposte:

1. No, non esiste correlazione.

2. No, in genere mutano per approssimazioni successive.

3. No, sono la via verso qualsiasi tipo di conoscienza.

p.s. la prima domanda potrebbe essere formulata anche così: "l' etnocentrismo è una teoria valida?"

http://jonjayray.tripod.com/stereo.html

venerdì 11 marzo 2011

Omaggio alla sofferenza oscura del microchip

Oggi, dopo anni di duro e oscuro lavoro, mi ha abbandonato. Ti affezioni anche alle cose, perfino alle cose che non vedi ma sai che sono lì, che sgobbano ogni giorno al tuo fianco. Vorresti quasi rendergli onore.

Grazie vecchio mio, te la sei meritata... questa playlist è per te...



link

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La Grande Convergenza... che non c' è.

In un articolo che fece epoca, Becker e Stigler fissarono uno standard delle scienze umane: la spiegazione che ricorre alle preferenze dei soggetti è sempre viziata da tautologia.

In altri termini: siccome è possibile spiegare tutto mediante le preferenze, allora concludiamo che non sia possibile spiegare niente.

Troppo comodo sostenere che le cose stiano in un certo modo solo perchè i soggetti coinvolti preferiscono che le cose vadano così. Non vale! Così si puo' spiegare tutto. Solo partendo dall' ambiente le scienze sociali forniscono una spiega plausibile.

Corollario: le preferenze di tutti sono bene o male stabili e bene o male omogenee; se così fosse anche l' ambiente, assisteremmo ad una grande convergenza.

Oggi, questa "aurea" assunzione puo' essere lasciata cadere, gli psicologi della personalità hanno dimostrato che le preferenze sono stabili ma tutt' altro che omogenee.

Noi siamo "diversi" - rassegnamoci - e questa diversità non dipende solo dall' ambiente.

Siamo "diversi" perchè possediamo personalità diverse che, per esempio, dipendono da come in noi si rimescolano i big 5:

Apertura/Profondità

Scrupolosità/Spontaneità

Estroversione/Sobrietà

Empatia/Freddezza

Emotività/Stabilità

Ciascuno di noi puo' essere descritto da una ricetta che, a mo' di ingredienti, dosa e mescola in modo differente le polarità di cui sopra. Poi si aggiunge l' intelligenza, e il piatto è servito.

Tutto ciò potrebbe avere una rilevanza concreta in diverse questioni concrete. Alcuni esempi:

ISTRUZIONE: I risultati scolastici, così come il rendimento sul lavoro, sono legati alla diligenza più che all' intelligenza. Se fosse vero il contrario la scuola potrebbe essere sostituita da rapidi e meno dispendiosi test ai quali non è possibile barare. Al contrario, una falsa diligenza è sempre simulabile nei test che la misurano, ecco allora che una scuola selettiva diviene necessaria come garanzia.

CRIMINALITA': Per chi difetta di scrupolosità ed empatia la via del crimine diventa attraente indipendentemente da "quanto paga".

DISCRIMINAZIONE SUL LAVORO: Le donne mostrano maggiore empatia, è dunque normale che privilegino alcuni lavori (insegnamento, nursing...) rispetto ad altri (scienza, management...) anche in assenza di discriminazioni.

ASSICURAZIONI: Gli economisti non hanno mai capito perchè ad assicurarsi sulla vita sia chi rischia meno. Ora possiamo dire che per talune personalità estremamente scrupolose puo' essere ragionevole farlo anche in presenza di bassi rischi.

PATOLOGIE: Ora sappiamo meglio che i disordini psichiatrici sono solo casi estremi della normale distribuzione delle possibili personalità. Gusti eccentrici, insomma, dovuti per lo più ad una forte componente di Emotività. La richiesta di aiuto puo' essere poi interpretata come un modo per incamerare benefici (assistenza finanziaria, non-imputabilità...).

RAZIONALITA': Tenere comportamenti irrazionali puo' essere piacevole per qualcuno. Esempio: un manager dotato di forte empatia puo' essere infastidito dal licenziare dei dipendenti, e vi rinuncia anche se sarebbe per lui ragionevole farlo. Gli economisti rimangono sconcertati e non riescono a capacitarsi di simili comportamenti. E' normale che sia così visto che hanno segretamente giurato di non ricorrere mai a spiegazioni che tirassero in ballo le "preferenze".

TROLLEY PROBLEM: gettare il grassone sotto il treno sarebbe la soluzione etica, me lo dice l' itrospezione; senonchè: essendo un tipo empatico mi ripugna il gesto e pur di soddisfare questa mia esigenza mi "compro l' errore" nella valutazione etica richiesta.

I dettagli qui.

giovedì 10 marzo 2011

Meditazione libertaria sul Vangelo del 7.3.2010

Vangelo secondo Luca 15, 11-32

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto,sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Siamo di fronte ad una delle pagine più toccanti del Vangelo, pochi lo dubitano: bellezza e verità qui si danno la mano. Io stesso, reso cinico dalla frequentazione di molti libri, sento regolarmente un groppo in gola quando viene letta. Eppure, inutile dirlo, mi procura sempre un disagio veder maltrattato chi pretende giustizia. Perchè il figlio maggiore pretende solo cio' che è giusto, e questo lo ha ribadito a chiare lettere anche il Don nel corso della predica!

Come riconciliare allora giustizia e misericordia?

Ipotesi: la misericirdia deve nascere dal cuore spontaneamente, la giustizia deve essere sancita nella legge.

L' espressione spontanea di un sentimento è il frutto di una natura e di un' adeguata educazione pregressa. Difficile immaginarla come obbedienza ad un comando. Al contrario, possiamo essere equi uniformandoci passivamente ad un giusto precetto.

Sono concetti già incontrati da chi conosce Tibor Machan.

Perchè allora il figlio maggiore non ha gioito per il ritorno del "minore"? Forse perchè ha speso la sua vita trascurando di educarsi in modo corretto. Questa è la sua pecca, e penso che il padre lo escluda proprio in virtù di quella lacuna.

L' amore, la misericordia e l' aiuto ai bisognosi è un frutto sublime della nostra educazione (cristiana). Nulla ha a che fare con la legge, che invece inerisce la Giustizia. E questo senza nulla togliere alla fondamentale importanza della Legge.

Ci sono forse argomenti morali migliori contro qualsiasi forma di welfare?

Effetto Poincaré

Tranquilli, il web vi farà più informati, più colti, più intelligenti e più felici... e se la memoria biologica del cervello resta disoccupata, pazienza, vuol dire che abbiamo di meglio.

Ma attenzione alle singolari connessioni tra creatività e memoria! Ne sa qualcosa un uomo dall' intelligenza media come Poincaré che con sua sorpresa si ritrovò ad essere forse il più grande scienziato di sempre (*).

It is the connection between memory and creativity, perhaps, which should make us most wary of the web. ‘As our use of the web makes it harder for us to lock information into our biological memory, we’re forced to rely more and more on the net’s capacious and easily searchable artificial memory,’... But conscious manipulation of externally stored information is not enough to yield the deepest of creative breakthroughs: this is what the example of Poincaré suggests. Human memory, unlike machine memory, is dynamic. Through some process we only crudely understand – Poincaré himself saw it as the collision and locking together of ideas into stable combinations – novel patterns are unconsciously detected, novel analogies discovered. And this is the process that Google, by seducing us into using it as a memory prosthesis, threatens to subvert.

http://www.lrb.co.uk/v33/n05/jim-holt/smarter-happier-more-productive

(*) e ne sanno qualcosa anche i grandi improvvisatori musicali.

mercoledì 9 marzo 2011

Uomini contro Uomini

In nessuna società umana ospitata oggi sul pianeta terra lo status della donna è pari a quello dell' uomo... In ogni paese del mondo la donna sembra gerarchicamente schiacciata dall' uomo... e se viaggiamo nel tempo la cosa si ripete: è sempre stato così... In alcune società il gap sembra restringersi, in altre allargarsi... ma in tutte si ripresenta puntualmente... Perchè?... due teorie hanno spopolato in passato... la prima crede ad una superiorità innata dell' uomo nell' esprimere talune abilità (teoria maschilista)... la seconda postula un complotto dei maschi teso ad opprimere le donne (teoria femminista)... entrambe le teorie sono piuttosto sgangherate se valutate alla luce dei fatti, più che altro parlerei di trovate politico-intellettualistiche con un' evidenza a supporto talmente debole da poter essere definita inconsistente... è allora tempo di proporre una spiegazione alternativa ed è mio intento farlo in questo libro... se le femministe radicali hanno puntato tutto su un misterioso conflitto Uomini contro Donne, io privilegierò il ben più plateale conflitto Uomini contro Uomini... dalla guerra armata alla competizione commerciale, l' intera storia umana ripresenta di continuo forme agonistiche in cui si fronteggiano gruppi maschili... agli amanti dei fatti saranno senz' altro appagati dalla mia ipotesi... ma anche chi cerca "spiegazioni" ragionevoli troverà solide ragioni evolutive per darmi credito... se il conflitto tra uomini è tanto centrale, non sorprende che la voglia di essere "vincente", l' amore per il rischio, per la vasta organizzazione, per la gerarchia e per la situazione competitiva siano tratti tipici proprio della psicologia maschile... il maschio ha dato fondo alla sua creatività - altra caratteristica maschile - per innovare le sue conoscenze alla ricerca di armi sempre più potenti nell' offesa e nella difesa... tra queste armi ne spicca una: la "Cultura"... - l' appassionato di sport sa bene di cosa parlo perchè sa bene che anche un meraviglioso dream team composto solo da All Stars soccomberà di fronte ad onesti giocatori ben organizzati in campo... a proposito chidetevi perchè le donne amano poco seguire lo sport, e comunque, anche quando lo amano sono meno ossessionate dallo "score"... ovvero dalla fissa per quel "chi vince" e "chi perde" che tormenta l' uomo quando al bar brandisce il giornale preferito sfogliandolo nervosamente... ebbene, la "cultura" non è altro che un mezzo per organizzare e coordinare le moltitudini... la "cultura" è dunque una realtà nata all' interno della "sfera maschile"... qualcosa che i maschi hanno creato per perseguire al meglio i loro scopi... affinchè una "cultura" (istituzioni, banche, finanza, scienza, grandi imprese, esercito, polizia...) funzioni bene, richiede sacrifici continui, competizione, attitudine al rischio, spirito agonistico, voglia di superarsi, voglia di prevalere... richiede cioè di essere alimentata continuamente con un carburante esplosivo fatto anche - se non in prevalenza - da vite umane... tutte cose perfettamente in linea con lo scarso valore della vita maschile rispetto a quella femminile... ora si dà il caso che questa strana bestia - la "cultura" - abbia beneficiato di grandi progressi nei millenni e nei secoli, cosicchè abbiamo assistito anche ad un innalzamento dello status maschile... la sua sfera di interessi, in seguito agli sbalorditivi successi mietuti, lo ha reso socialmente più ricco, più influente, più potente... nulla di paragonabile è avvenuto nella "sfera femminile"... che è praticamente ferma al punto in cui stava migliaia di anni fa... Recentemente anche le donne si sono affacciate al mondo della "cultura" e non sono mancate le incomprensioni... ma era inevitabile che fosse così... chi viene dal mondo della "cura" e dell' amorevole "preservazione" difficilmente accetta di trasformarsi in carne da cannone... difficile procurarsi quella sete di vittoria che esalta l' uomo nell' agone fino a renderlo infantile... difficile di punto in bianco considerare la propria vita come "expendeble"... l' equivoco è stato alimentato poi anche da certo femminismo perennemente innamorato di concetti come quello di "discriminazione"... alcune pratiche discriminatorie sono sempre possibili, nessuno lo esclude, ma qui l' attenzione andava indirizzata altrove... l' elemento rilevante era costituito dal fatto che le donne chiedevano di non essere trattate come la gran parte degli uomini era sempre stata trattata ovvero, come vite qualsiasi rimpiazzabili e sacrificabili... poco degne di rispetto in assenza di un successo da guadagnarsi sul campo e che arride comunque ad una ristretta minoranza... anche parecchi uomini, devo dire, cadono nell' equivoco di pensare che le donne vogliano affiancarli operando sulle loro stesse basi...

Roy Baumeister - Is there anything good about men



http://www.goear.com/listen/8f18221/miserabile-amica-i-mercanti-di-liquore

Bamboccioni per finta

Nei talk show alla TV, come sulla posta del cuore dei giornali, spesso si commenta il fatto che l' uomo contemporaneo sia tanto restio ad impegnarsi con le signorine.... non si esita a parlare di "paura" nel fare il grande passo... questi poveri figlioli così tremolanti di fronte a figure forti e decise come quelle incarnate dalla loro controparte femminile... forse però sarebbe meglio valutare questa riluttanza non tanto come una paura quanto come un comportamento razionale facile da spiegare... la diffusioni degli anticoncezionali ha innalzato lo status dell' uomo... la "rivoluzione sessuale" è stata una rivoluzione in positivo soprattutto per l' uomo... ora i ragazzi hanno facilmente il sesso che cercano senza bisogno di sobbarcarsi impegni a lungo termine... le donne, visto che non corrono più rischi, sono disponibili e si concedono molto più facilmente alla ginnastica preferita dai vitelloni... una volta, per guadagnarsi certi privilegi sessuali, dovevi come minimo conquistare un intero Regno... ora che è possibile spassarsela tanto, è normale voler prolungare oltremodo questo periodo di "giovinezza godereccia"... d' altro canto la donna cerca prevalentemente la maternità e un compagno che la affianchi nella magica esperienza rassicurandola... per lei è diventato molto difficile bloccare un buon partito, specie se lo desidera di pari età... e poi, a proposito di desideri... sappiamo da tempo che le donne nel "mating" cercano per lo più il soggetto ricco e di successo, per contro l' uomo ricerca la bellezza... ecco, se le cose stanno così, chiediamoci un po' a favore di chi lavora il "tempo". Ma è semplice: mentre con il tempo la bellezza sfiorisce, l' uomo accresce le sue sostanze.... se a questo aggiungiamo la ciliegina dell' orologio biologico (per la donna suona presto, per l' uomo praticamente mai) i conti sono presto fatti... Altro che riluttanza e "paura" dell' ignoto... altro che compagne decise che "sanno quello che vogliono"... dietro tanti tentennamenti c' è solo una scelta razionale tesa a valorizzare i doni che la "rivoluzione sessuale" e la pillola hanno elargito su un vassoio d' argento al maschio contemporaneo..."

Roy Baumeister - Is there anything good about man?

C' è chi va oltre nel considerare gli effetti delle dinamiche innestate dalla "rivoluzione sessuale" e dalla pillola: la rarità di maschi inasprisce la competizione femminile.

Come fare a rendersi più appetibili visto che in tema di esaltazione della bellezza abbiamo già raschiato il fondo del barile? Una buona strategia consiglia di studiare, di prendere la laurea, prendere il master... prenderne due... tre.

L' accresciuta scolarizzazione femminile sarebbe sostanzialmente il modo moderno che ha la donna per "sculettare" di fronte ad un maschio sempre più esigente da quando la "rivoluzione sessuale" gli ha consegnato un affilato coltello dalla parte del manico.

La fonte delle ultime considerazioni è Gary Becker: Tratise on Family.

La dieta del Minotauro

Prendete un gruppo di persone, diciamo tutte coloro che oggi sono vive sul pianeta terra. Ora considerate i loro avi chiedendovi quanti siano donne e quanti siano uomini.

Non arrovellatevi, i conti li ha fatti per voi Jason Wilder coadiuvato dalla sua équipe dopo un' analisi meticolosa dei DNA: le progenitrici donne sono quasi il 70%, i progenitori uomini poco più del 30.

Come tutto cio' sia possibile lo si capisce bene osservando che la metà dei bambini nati in centro Asia oggi, è discendente di Gengis Khan.

Considerato poi che tra i nuovi nati le femminucce costituiscono il 50% del totale, cosa ne ricaviamo?

Semplice, ne ricaviamo che ai fini riproduttivi una vita femminile vale molto molto di più di una vita maschile. A parità di disponibilità, servono molte più donne che uomini.

E una "cultura vincente" non puo' trascurare un simile conto della serva.

A quanto pare questo semplice fatto è il più sottovalutato della storia umana.

Una conclusione tanto lineare quanto facilmente verificabile, appare controintuitiva se non sconcertante. Come mai? Forse perchè tesi differenti, per quanto fragili, vengono pubblicizzate e diffuse in modo rumoroso dalla propaganda del femminismo politicizzato.

Pensate a Gloria Steinem e Naomi Wolf, per esempio. Entrambe, in epigrafe ai loro libri, menzionavano il fatto che ogni anno negli USA muoiono 150.000 donne annientate dall' anoressia. Secondo loro, sono i modelli proposti dai media a richiedere un simile mostruoso olocausto.

Dopo quell' esempio preclaro, ormai il compitino della femminista standardizzata è riproducibile con lo stampino: si inanella un' anedottica purchessia concludendo poi che la cultura predominante imola le donne sul suo altare. Si dà per scontato che le vite maschili siano invece salvaguardate sotto vetro come preziose reliquie. Ecco, la rotativa che stampa questo genere di libri gira in continuazione indifferente agli interrogativi.

Ebbene, se il messaggio preponderante è di questo tenore, sarà una sorpresa scoprire che è vero esattamente il contrario.

Quando al telegiornale sentiamo che "tra le vittime ci sono anche donne e bambini", è sottointeso il fatto che quelle vite vengono considerate di maggior valore.

Quando sulla nave che affonda si dà la precedenza a donne e bambini, questo è un segno del tipo di cultura che vige presso quelle persone.

Mestieri pericolosi, incidenti sul lavoro, prigione, pena capitale, guerre... è sempre o quasi sempre l' uomo che ci va di mezzo.

La nostra Cultura è molto preziosa ma in essa c' è come un Minotauro che chiede di continuo sacrifici umani. I gusti del Minotauro sono precisi: desidera maschi, possibilmente giovani.

Alcune vite maschili sono molto preziose, nel corso di un attacco nucleare, la vita del Presidente degli USA (probabilmente un maschio), riceve particolari cure. Ma la stragrande maggioranza è carne da macello.

La Cultura spinge l' uomo al rischio: pochissimi scaleranno il vertice, a tutti gli altri è riservato una specie di baratro. Ma è logico che sia così: per mandare avanti la razza umana basta un maschio alfa circondato da miriadi di donne (tutte preziose). Il resto è inutile e puo' fungere da pasto per il Minotauro.

P.S. Se in questo post avete scorto un tono lamentoso, siete fuori strada. Basti considerare che la Cultura resta pur sempre una creatura realizzata dai maschi per perseguire i loro fini.

P.S. Qualcuno dirà "in molti casi il Maschio puo' scegliere delle alternative al sacrificio di sè". "Scegliere"? Ma nessuno sceglie... "è la cultura baby"! Forse voi non capite ma una femminista di ultima generazione, quelle per cui la parola "scegliere" ha poco o nullo senso, sicuramente capirà.

P.S. In che senso si dice che "la cultura sfrutta l' uomo". La Cultura non è un agente dotato di volizione, è solo un sistema grazie al quale le persone coordinano le loro vite. Lo "schema" di Trapattoni "sacrificava" l' ala destra prevedendo che corresse incessantemente su e giù per la fascia. Ecco, il senso dello "sfruttamento" è un po' quello.

P.S. Le 150000 vittime di anoressia all' anno denunciate dalla Wolf e dalla Steinem erano una panzana originata da dati non verificati. Le morti USA accertate erano circa 70. 150000 erano i casi di anoressia che qualcuno (?) avrebbe stimato. Insomma, quisquillie.

martedì 8 marzo 2011

Sogni tappezzati

Per accogliere i voli pindarici delle signorine intente ad accarezzre con gli occhi le levigate gioie di Van Cleef & Arple, è stata scelta come tapezzeria una musica sgocciolante, tale per cui dalle quattro pareti stillasse lo spirito dell' eleganza, lo spirito della bellezza, lo spirito dell' avventura e lo spirito della natura.

Una specie di pointillisme weberniano. Purchè tonale, la dissonanza spaventa e distrae le signorine sognanti.



Yoshio Machida - The Spirit of Beauty -Van Cleef & Arpels Exhibition Soundtracks

http://www.goear.com/playlist.php?v=5e59945