venerdì 29 ottobre 2010

Prima e dopo il Futuro

Il pragmatico affronta i problemi uno alla volta, così facendo gli capita spesso di aggravare i problemi che dovrà affrontare l' indomani.

Tuttavia il metodo pragmatico non puo' dirsi stupido: esiste pur sempre un futuro talmente lontano da invocare il disinteresse della persona ragionevole.

Senonchè, una volta fatte fuori le persone ragionevoli, questo futuro diviene terra di conquista per tutti gli altri, e i profeti ci dan dentro.

Vi dice niente la parolina "sostenibilità"? E' la più usurata dai profeti (di sventura) dell' ecologismo fanfarone.

Il profeta della "sostenibilità" è un disco rotto che nessuno riesce a spegnere, ripete ossessivamente che noi uomini del pianteta terra consumiamo troppe risorse e le risorse non sono infinite. Cosa avrebbe fatto, per esempio, l' uomo della pietra se fossero finite le pietre? Beh, a lui è andata bene, ma a noi? Occorre una "decrescita".

Si puo' cicalare all' infinito sul tema, lanciare allarmi e preconizzare catastrofi. Ma la persona con sale in zucca sa bene di dover osservare sul punto un silenzio annoiato.

Figuriamoci, i profeti della "sostenibilità" vorrebbero tassare chi consuma le risorse della Terra sottraendole alle generazioni future. Il discorso fa il suo effetto se pronunciato in una scenografia pertinente, nonndimeno resta un discorso assurdo: sarebbe come dire che dobbiamo arginare la produzione di musica (magari tassando fortemente i compositori) per fare in modo che anche le generazioni future possano essere "originali" in questo settore.

C' è poi un futuro che è dietro l' angolo e che sembra interessare meno i futurologi presbiti di cui ho appena parlato, un futuro in cui è difficile cullarsi comodamente nella propria ideologia, un futuro che non consente quel cicaleccio dionisiaco che tanto ci fa fremere, un futuro che non è razionale affrontare irrazionalmente.

Eppure sembra altrettanto catastrofico, ma trattandosi di catastrofi serie, non ha molte bocche disposte a parlarne e nemmeno molte orecchie disposte ad ascoltare: in questo caso lo sconcerto e la preoccupazione non sarebbero una "posa".

E' un futuro che interessa solo i lungimiranti.

Faccio un solo esempio prendendo a prestito le parole di Dario Di Vico:

"Ci sono alcune verità che tra gli addetti ai lavori hanno ampia circolazione e costituiscono addirittura la base di discussioni e contraddittori nei convegni o nelle tavole rotonde. Quelle stesse verità alcune volte si ha paura o pudore di farle uscire dal perimetro delle élite,e raccontarle al grande pubblico. In qualche caso chi fa questa scelta agisce in perfetta buona fede, «per non creare allarmismo sociale» si giustifica... Così facendo però la politica finisce per imitare il comportamento degli struzzi e viene meno ai suoi compiti. E allora proviamo a dirla una di queste verità: stiamo creando intere legioni di (futuri) pensionati poveri..."

... continua.

7 commenti:

  1. Di Vico me lo ha fatto conoscere Alberto. Condivido il tuo e il suo (Di Vico) discorso. D'altra parte, porsi il problema del futuro in termini razionali mi sembra una forma di pragmatismo.

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  2. in effetti, per me la razionalità coincide col pragmatismo, in questo senso. Sono cresciuta in un mondo zuppo di valori e principi tanto ferrei quanto non praticati o impraticabili. Questo mi ha reso poco sensibile alle formule di qualsiasi profeta.

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  3. p.s. volevo scrivere proprio 'zuppo', nel senso di 'fradicio'.

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  4. I principi, meno sono meglio è. Su questo non ci piove; il "bigottismo", oltretutto, è anche anti-estetico.



    Tuttavia penso che ci faccia bene anche custodire qualche valore, che ci faccia bene continuare a crederci anche quando è talmente fuori moda da farci dubitare; che ci faccia bene pensare che esista anche quando non ne siamo all' altezza e lo tradiamo noi per primi.



    Ma qual è il numero giusto dei principi da professare? Penso che sia un numero abbastanza piccolo affinchè un pragmatista ci tratti come fossimo pragmatisti.



    Sul punto, una piccola idea ce l' avrei.



    Di Vico ha scritto "Piccoli", parla del "popolo delle partite iva": imprenditori e professionisti piccoli e piccolissimi. Lì dentro c' è sia il gennio che il nuovo proletariato. Un fenomeno interessante. Per lui non sono un sintomo di degrado e di declino, come altri pensano, bensì una risorsa su cui puntare.



    http://www.adnkronos.com/IGN/Mediacenter/Video_News/Editoria-con-Piccoli-La-pancia-del-Paese-Dario-Di-Vico-racconta-il-popolo-delle-partite-Iva-delusioni-e-aspettative_109430715.html

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  5. Ancora una cosa: meglio se i principi sono realistici.



    Probabilmente rispetterò la proprietà altrui (a cominciare dal corpo), perchè tengo troppo alla mia e in fondo sento che le persone hanno uguali diritti.



    Probabilmente nel mentire avrò un senso di colpa autentico, questo perchè so bene, quando la subisco, quanto è vile la menzogna.



    Ma non chiedermi di essere solidale con tutto il mondo. Comicerebbero i "se" e i "ma" e i "però".



    E' come con la "legge": una marea di leggi opinabili e inapplicabili svalutano tutte le leggi, anche quelle buone.

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  6. senz'altro. Pochi principi (ma buoni, non sulle 'coserelle') e molta razionalità pragmatica mi sembra un buon inizio.

    sì, hai riassunto bene, credo, la posizione di Di Vico, per quel poco che lo conosco.

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