mercoledì 20 ottobre 2010

Un gran Sgnore del Rinascimento

Non mi riferisco a uno Sforza, non alludo a un Medici.

Parlo del LIUTO, quella specie di chitarrone.

La magnificenza decotrativa della musica rinascimentale ha una genesi che merita di essere indagata, magari per comprendere meglio i misteriosi meccanismi dell' evoluzione.

Si parta con il concentrarsi su una strana bestia che a quel tempo scorazzava un po' ovunque circondata da tutti i fronzoli che generava. Parlo del liuto, per l' appunto.

Una bestia piuttosto modesta: suono debole, risonanza fessa... eppure, state a sentire.

D' istinto siamo portati a credere che gli abbellimenti lussureggianti della musica di quel tempo fossero una specie di omaggio all' abbondanza del Principe, pensiamo che riflettano la rigogliosa vitalità cortigiana.

Forse invece l' origine per il gusto dell' ornamento va cercata proprio nella natura striminzita di uno strumento poco "dotato" come il liuto.

Dall' angusta bocca del cordofono la melodia esce impoverita, poco più di un' idea, praticamente un' astrazione.

Dopo l' unghiata iniziale il liutista perde ogni controllo espressivo sul suono che riverbererà poi per conto suo fino a perdersi.

Un liuto non "canterà" mai come un violino, come una tromba, come un oboe. Non modulerà mai come la voce umana, e nemmeno urlerà le sue passioni come una chitarra elettrica.

Rivolgersi alla concorrenza consentirà al musicista un controllo totale e costante del suono, dall' attacco iniziale fino al silenzio che prima o poi inghiotte ogni cosa. Il liuto, per contro, toglie allo strumentista ogni potere espressivo fin da subito dopo l' "attacco": un terribile destino ma anche una sfida eccitante per compositori e musicisti dell' epoca.

E' come quando sulla Settimana Enigmistica uniamo i puntini per ottenere un disegno: difficile che riusciremo mai a tratteggiare dei capolavori!

Descritta la sfida, vediamo ora come fu vinta; descritto l' ambiente, veniamo ora all' adattamento.

Comiciò a svilupparsi uno strano organismo: la tecnica compositiva del "diminuito". Consisteva nell' abbellire la melodia di partenza arricchendola di particolari periferici, accellerando l' esposizione, segmentando i nuclei e accorciando i valori ritmici confidando nel fatto che i lineamenti originali della melodia stessa permanessero nell' orecchio dell' ascoltatore.

Con questo stratagemma si moltiplicavano le note da suonare, si moltiplicavano gli "attacchi" da prendere e si rinforzava quindi la densità espressiva della musica. Più buchi si tappavano, più le tare del liuto venivano occultate.

Nasce l' "ornamento" fronzoluto tipico del rinascimento.

Com' è strana l' evoluzione, com' è controintuitiva: noi crediamo che un gusto produca una certa musica, invece forse sono le caratteristiche di uno strumento che producono certa musica che produce un gusto.

Veniamo ora agli esempi in corpore vivi.

Mi avvalgo del più grande liutista contemporaneo: Rolf Lislevand. La sua tecnica sopraffina, la sua verve punkettona, la sua fantasia improvvisativa ma soprattutto una partitura "adeguata" lo aiutano a superare magnificamente il rachitismo congenito del Signore per eccellenza della musica rinascimentale.



Il cd da cui attingo è: "Diminuito" (ECM)

p.s. il post è dedicato a Mauro, mitico liutista rockettaro del Bell' Umore!

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