By many objective measures the lives of women in the United States have improved over the past 35 years, yet we show that measures of subjective well-being indicate that women’s happiness has declined both absolutely and relative to men. The paradox of women’s declining relative well-being is found across various datasets, measures of subjective well-being, and is pervasive across demographic groups and industrialized countries. Relative declines in female happiness have eroded a gender gap in happiness in which women in the 1970s typically reported higher subjective well-being than did men. These declines have continued and a new gender gap is emerging − one with higher subjective well-being for men.
Justin Wolfer - The Paradox of Declining Female Happiness
... e poi qualcuno ancora non riesce a spiegarsi la mossa disperata del "sessismo alla rovescia"!
...women in the 1970s typically reported higher subjective well-being than did men...
RispondiEliminaLa colpa è di Berlusconi, delle sue tv, delle veline e del conflitto d'interessi, mio caro Justin. Leggi i giornali italiani.
Seriamente: immagino che uno dei motivi sia che più parità e partecipazione per le donne significano più lavoro e fatica (rispetto al lavoro e alal fatica richiesti agli uomini). C'è uno stress da doppio, triplo e quadruplo lavoro, visto che la gran parte dei lavori di 'cura' (a casa e fuori) resta ancora sulle loro spalle. E' un bel carico.
perché il titolo è "Il femminismo che rende infelici"?
RispondiEliminaIn teoria l'articolo dice che è "il miglioramento della vita delle donne" a ridurre la felicità. Il fatto è che quel 'miglioramento' bisogna vedere in che termini è definito. Se sono aumentati i diritti (per es. accesso al lavoro, pari retribuzione, istruzione, eccetera) ma non sono stati ridistribuiti i doveri (casa, cura di bambini e anziani, eccetera), il miglioramento è solo sulla carta.
Oggi la donna lavora ed ha un reddito disponibile maggiore. Da questo reddito deriva una buona parte del well being accresciuto.
RispondiEliminaIl cambiamento fondamentale nella vita delle donne riguarda la loro relazione con il lavoro.
Lavoro o famiglia? Il femminismo non ha proprio nulla da dire in proposito? Non scherziamo.
Sono poi d' accordo con il tuo primo commento, del resto ne avevamo parlato a commento del libro di Alesina.
Ma con questo, che fare? Si torna indietro?
Come vedi è solo un problema di preferenze.
E per valorizzare le preferenze esiste solo un metodo: il metodo della libertà.
Un metodo antitetico a quel femminismo che di mestiere fa la corte alla politica.
ma allora a più reddito non corrisponde più felicità...? ma, e il feliciometro?
RispondiEliminaok, sul resto. Bene.
Più reddito, più felicità? Il legame non è così facile, in passato lo si negava recisamente con il paradosso di Easterlin. Più recentemente il paradosso è stato rivisto e la relazione statistica ripristinata (proprio Wolfers ha lavorato sul ripristino).
RispondiEliminaMa la relazione di cui sopra non è strettamente inerente al nostro problema. Noi qui parliamo del reddito della donna-lavoratrice, ma esiste anche un reddito famigliare.
Secondo me dobbiamo far quadrare un puzzle con tre tessere.
1) il gender gap tende a ridursi un po' ovunque (chi più chi meno) e per le donne gli indicatori tradizionali di "affermazione sociale" aumentano.
2) le donne sono scontente: la loro infelicità è aumentata negli ultimi quarat' anni sia in senso assoluto (rispetto al passato) che in senso relativo (rispetto agli uomini).
3) le donne soffrono gli atteggiamenti competitivi e la società del lavoro moderna è organizzata su mercati competitivi.
Mi sa che il conservatore si frega le mani, ma soprattutto mi sembra che le statistiche relative al gender gap abbiano poco a che fare con il benessere reale delle donne: ci vuole un gran tatto per dirlo a chi si straccia le vesti quando vede il proprio paese in fondo!
Il mio sospetto è che il "femminismo delle mandriane"** faccia bene soprattutto agli uomini.
** è quel femminismo che vede le donne come una mandria da spostare qua e là: tutte al lavoro (meno tasse, più asili nido...), olè; tutte in politica (quota rosa...) olè. Tutte nei consigli di amministrazione (numero minimo di donne garantito...) olè. Inutile dire come la "femminista mandriana" celebri la burogamia e sia diffidente rispetto alla libertà di scelta.