Lui dona a Lei un anello di brillanti dal valore considerevole. E' un anello di fidanzamento e vuole andare sul sicuro, presto si sposeranno. Auguri.
In questi casi, tutti converranno, il fatto che si tratti di pietre di valore viene ben prima del giudizio circa la loro "bellezza".
Se per qualsiasi ragione il valore dei brillanti sul mercato collassasse, Lui non avrebbe più motivo per acquistare un anello del genere. Ciascuno lo capisce, perchè ciascuno capisce che con quell' anello si intende "segnalare" un impegno prima ancora che un gusto estetico.
La vita è così, gran parte di cio' che facciamo non lo facciamo perchè intendiamo farlo ma piuttosto perchè vogliamo, facendo quella cosa, "lanciare segnali".
A volte persino chi soffre di mal di mare è disposto a comprarsi uno yacht pur di "segnalare" il proprio status economico.
Spendiamo somme da capogiro in farmaci inutili perchè segnalare la cura che abbiamo per noi stessi e per chi ci sta vicino ci rende più affidabili. Non farlo, per quanto razionale, ci sembrerebbe primitivo.
Bene, con questa breve introduzione spero si sia capito il concetto di "segnale".
Lo stesso fenomeno infatti si riscontra quando discutiamo, tra i dialoganti ci sono almeno due categorie di persone: chi simpatizza con Giovanni e chi con Mauro.
Giovanni quando apre bocca è per dire qualcosa della cui verità è convinto.
La propensione di Mauro è diversa: le sue affermazioni in genere sono buttate lì per lanciare dei segnali.
Potremmo forse dire che Giovanni è di un candore barbaro mentre Mauro è uno smaliziato mafiosetto interessato al messaggio trasversale.
Giovanni quando parla si appassiona alla verità, Mauro alle conseguenze.
Per Giovanni la cura del linguaggio è un' ossessione, la verità richiede nitore e sottigliaezza, la vaga ambiguità delle sfumature mina la chiarezza.
Per Mauro la cura del linguaggio è secondaria, cio' che conta è l' effetto: usare certe parole piuttosto che altre in fondo è indifferente, anche la precisione nei termini è trascurabile, l' importante è catturare la preda e a volte un po' di confusione puo' far gioco.
Giovanni odia le distorsioni tipiche del politically correct, Mauro vi ricorre di continuo per arginare taluni effetti collaterali che potrebbero risultare offensivi.
Giovanni riceve un linguaggio dalla tradizione e vi si adegua, un linguaggio condiviso è il miglior modo per mettersi in comunicazione con l' Altro.
Mauro invece vede il linguaggio come una gabbia, lo forza da tutti i lati, lo piega a fin di bene, lo perverte per conseguire i suoi obiettivi. Restare concentrati sul proprio obiettivo è fondamentale, l' Altro e la comunicazione vengono rilegati sullo sfondo.
[... quando Alessio Burtone ha saputo che l' infermiera rumena Maricica Hahaianu era deceduta, ha commentato: "sono stato sfortunato". Giovanni si è dichiarato d' accordo con lui, Mauro a momenti gli salta al collo...].
Inutile aggiungere che quando Giovanni e Mauro s' incontrano danno spesso vita ad un dialogo tra sordi, a meno che non si riconoscano ("ah, ma tu sei Giovanni detto il barbaro", "già, e tu sei Mauro il mafiosetto"...).
Nella vita tutti noi riceviamo pressioni e finiamo inevitabilmente per agire come Mauro, a volte non farlo sarebbe a dir poco riprovevole.
Ma la rete ci dà una grande possibilità: recuperare per un attimo il Giovanni che è in noi. In fondo la rete è una realtà virtuale, non viviamo lì la nostra vita e l' esigenza di "segnalare" si affievolisce.
E' un peccato che molti, avendo troppo frequentato il Mauro che è in loro, ormai non se ne sappiano più liberare e neanche quando si tuffano e nuotano nel mare anonimo e virtuale di internet cessano dall' esigenza di "segnalare" a destra e a manca come se fossero nella piazza del loro paesello.
P.S. per appellare i due popoli ho utilizzato due epiteti (barbari & mafiosetti) che, sebbene ne abbia specificato analiticamente il significato, potrebbero apparire offensivi. Ebbene, se è passato il concetto che volevo far passare, si sarà capito che solo da Mauro ci si puo' aspettare il broncio: a lui gli eventuali segnali, per quanto vaghi, interessano più che il senso proprio delle parole. Ma non dovrebbe offendersi visto che io simpatizzo, almeno qui in rete, per Giovanni , ed ambisco parlare come lui.
Ok, però mi sfugge il senso del "barbari". Il "candore barbaro" non l'avevo ancora sentito. Mi sembra che lo usi un po' per pareggiare il panegirico che fai di Giovanni con le mazzate che tiri a Mauro.
RispondiEliminaTirale pure senza remore, le mazzate ai Mauro, senza sentire il bisogno di pareggiare. In fondo c'è un po' di Giovanni e un po' di Mauro in ciascuno di noi. E personalmente di Giovanni "puri" (gente che escluda il "signalling") nei blog non ne ho ancora incontrata. Altrimenti semplicemente si terrebbero lontani dai blog (e dal social networking in generale).
PS: i diamanti sono uno splendore in sé. E' vero che molte cose sono puro signalling, e per molti possono esserlo anche i brillanti. Ma anche lo snobbare certe cose catalogandole come puro "status symbol" è in fondo una forma di signalling (molto in voga in certa sinistra un po' "radical"). Io per esempio ho sempre considerato l'iPhone come puro status symbol. Alla fine, dopo averlo provato, l'ho preso, ne sono soddisfattissimo, per quello che è, e me ne frego se qualcuno (come facevo io prima) lo considera solo una status symbol.
(A proposito, c'è un app molto carina per gestire i blog di WordPress. Mi sa che fra un po' vi propongo un'altra migrazione...)
Il "barbaro" ha un grado di civiltà carente, gli manca la buona educazione, e in fondo la buona educazione è una forma di segnale: Mauro, per esempio, evita di dire cose (vere) che offenderebbero Giovanni allo scopo di "segnalare" la propria amichevolezza. Il quieto vivere e il mantenimento di fruttuosi buoni rapporti viene prima. Questo almeno quando i rapporti sono superficiali: perchè dire qualcosa che puo' provocare dolore senza che ne venga nulla di buono?
RispondiEliminaAlla barbarie ho abbinato il candore perchè a volte sono proprio i bambini che non sanno capire che è il caso di glissare e con la bocca della verità ci mettono in imbarazzo combinando veri e propri guai. ma loro sono giustificati. Meno giustificato è l' adulto che dovesse imitare una simile innocenza.
Non voglio "attenuare" la posizione di mauro, io penso sinceramente che sia Mauro che Giovanni hanno qualcosa da insegnarci e non penso sia un bene reprimere del tutto l' uno o l' altro.
Certo, ha molto più senso ascoltare Mauro quando ci muoviamo nella vita reale, quando siamo al centro di un sistema complesso di relazioni, una vera ragnatela che richiede di toccare i fili con sapienza visto che toccarne uno significa in qualche modo muoverli tutti. In rete, è diverso. In rete è sufficiente un minimo di netiquette. ciao.
Poi mi fai sapere come ti trovi con il tuo nuovo acquisto (in treno ho parecchio tempo libero e un gingillo del genere potrebbe venirmi comodo).
Io non credo che, sotto questa prospettiva, ci sia poi tutta questa differenza tra le relazioni di persona e quelle virtuali. La nostra storia lo dimostra. Una volta la pensavo diversamente, fin quando mi sono reso conto che dietro ogni nick c'è una persona vera. Ma quando siete venuti tu e Miriam a casa mia, se ricordi, la prima cosa che ti ho detto è "allora siete veri!".
RispondiEliminaE le persone vere restano vere anche se non c'è la presenza fisica. E quindi vanno trattate con rispetto. Sembra assurdo detto da me, lo so. Nel rispetto c'è anche la schiettezza, l'onestà. Le cose vere che offenderebbero vanno dette, altrimenti non c'è rispetto, ma è essenziale il modo in cui si dicono, altrimenti ancora una volta non c'è rispetto. A me capita di uscire dalle righe (spero ultimamente un po' meno!), soprattutto per la fretta.
Le relazioni umane sono sempre complicatissime. Certe cose che si riescono a scrivere non si riescono a dire di persona, ma è vero anche il contrario. E ci sono sempre enormi possibilità di equivoci, sia dal vivo che in virtuale. Ma è più facile che ci sia l'equivoco in virtuale, poiché manca quel linguaggio dei segni che si ha con lo sguardo, con il sorriso, con i gesti. Hai voglia mettere faccine nei testi!
Le ragnatele sono intricate comunque.
Con l'acquisto te l'ho detto: soddisfatto al 100%. Anzi, exceeds expectations, di gran lunga. Mai avrei creduto che mi sarei trovato a fare spottoni per Apple, ma quell'oggetto è davvero incredibile!
Se per esempio parlo di "pena di morte" con il mio datore di lavoro e so che la pensa diversamente da me, evito d' innervosirlo andando a fondo sulla tematica. Se poi so che lui reputa incivile chi è favorevole alla pena di morte, evito di perorare la causa per non "segnalare" cio' che lui giudica un indizio di inciviltà, al di là della bontà dei miei argomenti.
RispondiEliminaMa se ne discuto in rete con uno sconosciuto, allora sono liberato dal "fardello segnaletico" e discuto francamente della cosa.
Converrai che in rete è molto più facile parlare con sconosciuti.
Nel primo caso ero immerso in un mondo di relazioni e il Mauro che è in me doveva avere voce in capitolo, nel secondo caso è più facile sguinzagliare il Giovanni.
Tanto per dire: in certi contesti non avrei mai introdotto una discussione come quella sulle donne Amish, sarebbe offensivo anche il solo proporla, lì è Giovanni che parla.
eppure, la storia del forum di fahre e del mio vecchio blog in coabitazione dimostrerebbe il contrario, cioè che una discussione x (tipo quella sulle donne Amish o il post sul feroce Saladino) può risultare offensiva anche in rete, e accendere una flame war furibonda.
RispondiEliminaQuindi è offensivo anche in rete, solo che non rischi il pugno in faccia, quindi è più facile.
D'altra parte, però, proponendo la stessa discussione dal vivo avresti probabilmente stemperato l'elemento offensivo con la mimica facciale, il linguaggio del corpo e il tono della voce (tipo: mi conosci, sono quello degli esempi paradossali, sono il solito burlone, non ce l'ho mica con te...).
In questo modo, forse, la discussione poteva essere abborbadibile anche dal vivo, e addirittura risultare "meno offensiva e più facile"!
Ancora non ho capito fino in fondo.
RispondiEliminaNon ho capito l'esempio della pena di morte. Il datore di lavoro che c'entra? Ti riferisci a conosciuti o sconosciuti? Credi che se ne discutessi col tuo datore di lavoro su un blog, ti sentiresti più libero di esprimere francamente le tue opinioni?
in rete è molto più facile parlare con sconosciuti
Vero. Ma il mondo di relazioni si crea facilmente e velocemente anche in rete. E quando non si tratta più di "sconosciuti", l'unica differenza è che in rete non hai davanti la persona, l'interlocutore fisico, e ti puoi illudere di trattare con entità virtuali, semiirreali. Quando però capisci che le entità sono reali, secondo me non c'è più tutta 'sta differenza. Il fatto è che i Giovanni ed i Mauri ci sono sia dal vivo che nel virtuale. E sia dal vivo che nel virtuale, c'è del Giovanni e del Mauro in ciascuno di noi. Lasciamo predominare l'uno o l'altro a seconda delle situazioni. M'è piaciuto oggi il Riotta, quando diceva che il "volemose bene" all'italiana è una pessima attitudine, tanto quanto il "cacciamo fuori tutti a pedate". Sono estremismi italici, ma le situazioni si affrontano sempre meglio con un po' di sano equilibrio.
Mi riconoscono completamente in Giovanni. Mi riconosco completamente in Mauro. Mi trovo spesso in questa situazione, sento qualcuno dire una cosa e penso: Ma ha assolutamente ragione. Poi il suo interlocutore che lo contraddice: Ma ha assolutamente ragione.
RispondiEliminaQuindi concordo che vanno ascoltati entrambi. In sostanza si tratta di fare i moderatori di noi stessi, credo.
"Candore barbaro" credo di capirla, come definizione. Sto leggendo la biografia di Ludwig "Giovanni" Wittgenstein ("Il dovere del genio", di Man Ray): ecco uno che - come Giovanni e gli Amish - era pronto a spogliare il linguaggio di ogni orpello, coloritura e segnale, per arrivare al nocciolo della questione)
volevo scrivere:
RispondiElimina"Mi riconosco completamente in Giovanni"
(e non "Mi riconoscono"...)
una discussione x (tipo quella sulle donne Amish o il post sul feroce Saladino) può risultare offensiva anche in rete
RispondiEliminaIn realtà una discussione come quella sulle donne Amish non puo' risultare offensiva se si fa largo al Giovanni che è in noi. Solo "Mauro" potrebbe offendersi in un caso del genere e io chiedo di escluderlo visto che farlo non ci costa granchè.
Il mio auspicio è proprio questo: più spazio al Giovanni che in noi, almeno in rete, dove possiamo permettercelo.
Distinguere tra "provocazione" ed "insulto" IN RETE è importante ma Mauro non sa farlo, è ferito da entrambi, e limita tremendamente l' approfondimento di questioni interessanti.
Se diamo spazio al Giovanni che è in noi non c' è bisogno di "stemperare" alcunchè visto che, per esempio, la discussione sulle donne Amish non contiene insulti di nessun genere.
***
Davide, partiamo dal fatto che solo in rete puoi impegnarti in una discussione con sconosciuti (o quasi). Nella vita reale non fermo persone per strada e parlo con loro della pena di morte.
Attenzione poi, "sconosciuto" è una condizione estrema e non è necessario estremizzare a tal punto per arrivare dove voglio arrivare.
Noi possiamo anche discutere con nick che ormai conosciamo anche bene ma con cui abbiamo una relazione prevalentemente virtuale.
Diciamo che in rete molto spesso hai una relazione "pura". Una relazione "pura" non significainautentica e spesso ci offre delle opportunità che dovremmo sfruttare.
Nel mondo reale le relazioni sono per lo più spurie: ci sono sempre altri piani in cui certe uscite potrebbero ripercuotersi. Parlo della famosa ragnatela.
Quando discuto con il mio datore di lavoro devo far parlare soprattutto Mauro perchè i "segnali" che lancio in tema di "pena di morte" sono importanti visto che probabilmente si ripercuoteranno sulla mia vita lavorativa (un altro filo della ragnatela toccato dal primo).
Nel mondo reale ci sono "conflitti d' interesse" da gestire, bilancini da utilizzare. Insomma, il "mafiosetto" è la persona ideale in questi casi.
E' normale e giusto che sia così: a voi dico cose che forse non direi a persone con cui ho una relazione di segno diverso. Al bar dell' Agenzia delle Entrate non faccio il parallelo tra "tassazione" ed "estorsione" come lo faccio qui. Il perchè è semplice, con voi ho una relazione quasi pura e faccio parlare Giovanni, al bar con i miei amici dell' Agenzia ho una relazione spuria (ragnatela) e Mauro è in prima fila.
Il fatto è che i Giovanni ed i Mauri ci sono sia dal vivo che nel virtuale. E sia dal vivo che nel virtuale, c'è del Giovanni e del Mauro in ciascuno di noi
Vero. E il mio auspicio era: almeno in rete scacciamo (o limitiamo) il Mauro che è in noi. Senza di lui tra i piedi potremmo parlare di donne Amish, di clonazione, di pena di morte, di compravendita di organi e di tutto il resto senza inconvenienti.
In altri termini: le relazioni reali per molti aspetti sono ricche e fruttuose quanto quelle virtuali non potranno mai essere, è giusto valorizzare cio' che hanno di specifico. Ma anche le relazioni virtuali offrono opportunità negate a quelle reali, è un peccato non coglierle. Ebbene, c' è un popolo della rete che non riesce a coglierle perchè il Mauro che è in loro non se ne vuole andare proprio mai.
Sì, sono d'accordo in molta parte di quanto dici. Però credo che vivremmo meglio la vita reale se riuscissimo a mettere da parte un po' delle ipocrisie di cui parlo. Insomma, non parliamo sempre solo con il datore di lavoro o gli aguzzini delle finanze. Spesso però ci troviamo a fare equilibrismi anche dove potremmo fare a meno. E magare, anziché guadagnarci, finiamo per perdere quella spontaneità e schiettezza che ci avvicinerebbe all'altro, anziché allontanarcene.
RispondiEliminaE' curioso, domenica c'era un missionario a predicare in chiesa. Un tipo che è stato 4 anni in Perù sopra i 4000 metri. E ci raccontava un po' questo: là ha imparato ad avvicinare la gente a Dio, mentre prima, nonostante fosse prete, la allontanava. E per avvicinarla, il modo è semplice: salutarla, ascoltarla, interessarsi ai suoi problemi in modo simpatetico. E l'ha dovuto imparare perché l'hanno di fatto obbligato a farlo. E' vero, diceva, che in Sudamerica si possono fare cose che qui ti prenderebbero per pazzo. Tipo avere 8 comunità, dover correre da una all'altra nella stessa domenica, ma potersi fermare lo stesso e stare con la gente. Tanto la comunità successiva lo sa che se ritardi è perché stai insieme alla gente della comunità precedente. Qui da noi, nell'isteria in cui viviamo, 5 minuti di ritardo e tutti darebbero fuori di matto.
Divago, in effetti forse non c'entra molto.
Sempre divagando, pensavo: anche nella vita reale ci sarebbe un'opportunità che purtroppo da noi non possiamo cogliere. La sauna. In quella situazione ti trovi in una situazione a suo modo intima con perfetti sconosciuti. E sarebbe semplice parlare serenamente di cose importanti, per esempio la pena di morte, in serenità (la temperatura non concilia l'infervoramento) e senza barriere (anche i vestiti sono barriere tra di noi). Peccato che da noi queste situazioni siano impensabili, perché offrirebbero ottime opportunità per gli "appassionati di verità".
Forse non si tratta solo di ipocrisie, a volte si tratta anche di delicatezze e di sfumature necessarie.
RispondiEliminaTi ho fatto l' esempio della ragnatela che mi lega a dei colleghi, e lì magari viene fuori anche un pelo di ipocrisia, ma ci sono anche ragnatele che mi legano alle persone più care e che mi impediscono, quando parlo con loro, di ricorrere a parole o comportamenti che invece adotto con nonchalance in una relazione "pura".
Il Mauro è necessario in quei casi.
Metti che una persona cara e malata ti chieda dal letto di dolore di procurarle una medicina. Tu sai che in quei casi lo sforzo non vale la candela ma per "segnalare" affetto e vicinanza non ti rispermi di certo e fai quel che devi fare. Non si tratta di ipocrisia, come del resto non posso dire che sia del tutto ipocrita neanche il linguaggio che uso al bar dell' Agenzia delle Entrate e attraverso il quale esprimo concetti molto più sfumati rispetto a quelli che passano in una relazione "pura".
per "pura" intendi "autentica"?
RispondiEliminaMa dal tuo stesso esempio dovresti renderti conto che la differenza in fondo è sottilissima, o non esiste. Metti che una persona, che sai essere malata, dal blog dice che trova conforto in un palliativo che sai essere inutile, che fai, gli scrivi "ma piantala di illuderti"? Secondo me adotteresti lo stesso comportamento che se l'avessi di fronte.
RispondiEliminaPer "pura" non intendo autentica.
RispondiEliminaAbbiamo usato la metafora della ragnatela, ecco, per "pura" intendo un legame puro costituito da un unico filo. Si puo' far vibrare quel filo senza che altri fili vibrino in simpatia. Ci si puo' concentrare sul filo principale senza distrarsi per le ripercussioni sui fili periferici, questo perchè non esiste periferia.
Ricordo che sul blog di fahre ero un po' restio a personalizzare la discussione, questo per non compromettere la purezza della relazione.
Davide, d' accordo, non sto dicendo che al direttore dell' Agenzia Entrate parlo in un modo al Bar e in un modo diverso via mail.
Dico piuttosto che "la relazione tipo" che s' instaura in rete è diversa da quella che s' instaura nella realtà (pura la prima, spuria, di solito, la seconda). Data questa diversità, ci sono strategie differenti per valorizzarle.
Arrivo a dire che forse noi stessi ci parleremmo in modo leggermente diverso se non ci conoscessimo di persona e se non avessimo storie anche fuori dalla rete (a proposito, il battesimo della marghe è il 6 nov., viene anche vlad, poi ci sentiamo, se ci siete mi fa piacere).
Quando non c' era la rete la vita era diversa, noi non avevamo accesso ad un numero così elevato di relazioni "pure".
A volte mi viene in mente la Confessione Cattolica: forse la grata cerca di creare una certa anonimia che purifichi la relazione tra confessore e fedele, in alcuni casi forse la purezza apre il cuore
non riesco proprio a considerarla uan dimensione senza periferia, senza fili che vibrano. E quindi quel tuo 'puro' non riesco a metterlo a fuoco. Credo di pensarla piuttosto come davide.
RispondiEliminaAmmettiamo che in un forum tu stia discutendo con Pinco Palla il grado di libertà delle donne Amish.
RispondiEliminaLa discussione è costruttiva e vengono avanzati diversi argomenti ragionevoli pro e contro.
Pinco Palla è una persona all' altezza e sa difendere la sua causa. Ma è anche un emerito sconosciuto, solo un nickname.
Vuoi dirmi dov' è la ragnatela in questo caso?
C' è solo un filo che vi unisce: stabilire nella discussione se sono più libere le donne amish o le donne di Sex and the City.
Perchè ci sia una ragnatela occorre che tu abbia altre relazioni con Pinco Palla (che sia il tuo amante, o il tuo datore di lavoro, o il tuo collega, o la persona con cui fai le vacanze, o il tuo cliente, o tuo fratello, o...).
La rete offre molte occasioni per instaurare relazioni pure.
ma è proprio la tua conclusione che non riesco a condividere, non perché le tua argomentazioni non siano efficaci, ma perché non corrispondono in nessun modo alla mia esperienza, nella pratica. Nella pratica, per quanto mi sforzi di cercare quella purezza, non la trovo neanche morta, e i rapporti (e le discussioni) si intorcinano e appesantiscono comunque.
RispondiEliminaIn un certo senso potrei dirti che la tua teoria mi convince, anche se non l'ho mai sperimentata nelal pratica. Anzi.
Infatti. Anzi, l'anonimato rischia di essere il pretesto per lasciar andare in vacca certe discussioni in cui, per qualunque ragione, ci si trovi a mal partito.
RispondiEliminaTra l'altro, la discussione sulle donne Amish non l'ho proprio letta (appena ho un attimo lo faccio), ma ho seri dubbi che, qualunque cosa vi abbiate scritto, sarebbe stato impossibile parlarne con colleghi o compagni di vacanza. Sempre che questi siano persone interessate all'argomento (ma lo stesso varrebbe anche in rete).
Nella mia conclusione dicevo: "la rete offre molte occasioni per instaurare una relazione pura".
RispondiEliminaPrima avevo descritto cosa intendevo per "relazione pura".
Mi sembra difficile negare che la conclusione in sè sia vera**.
Si puo' al limite dire che "la gran parte di queste occasioni vanno sprecate".
Ma questo è proprio cio' che lamentavo io. E' per combattere questo "spreco" che invitavo a reprimere, almeno sulla rete, il "Mauro" che è in noi.
** diana, non dirmi che in rete non hai mai colloquiato con persone di cui sapevi poco o nulla, non dirmi che parli solo con il tuo fidanzato o con i famigliari. Se fosse così la sfrutti poco. Non dirmi poi che un' amicizia reale è come un' amicizia su facebook! Nel primo caso non sarà mai possibile una relazione "pura", ogni parola si riverbera su mille corde e i "segnmali" (quindi Mauro) diventano decisivi.
ric scrivi:
RispondiEliminaSi puo' al limite dire che "la gran parte di queste occasioni vanno sprecate"
uh, pensavo di avere detto proprio questo.
Vanno sprecate perché è difficile (leggi: forse impossibile) depurare più di tanto la comunicazione, che comunque utilizza il linguaggio. E il linguaggio è già una ragnatela.
Non penso che il linguaggio sia condannato ad essere una ragnatela.
RispondiEliminaFacciamo un esempio.
Nel post ho etichettato come "mafiosetti" coloro che cedono facilmente alla "tendenza Mauro".
L' epiteto, se preso nel suo senso comune, è altamente offensivo. Ma io ho specificato cosa intendessi, ho specificato il senso analitico (qualcuno direbbe: il significato intensivo) che il termine deve avere in questa discussione.
Questa mia "specificazione" fa piazza pulita di ogni ragnatela, anche dicendo "mafiosetto" ora non vengono più toccati quei fili delicati che fanno soffrire la persona che si sente offesa se appellata con quel termine.
Ma se uno non riesce a recidere quei fili neanche dopo la specificazione analitica del termine, se uno non riesce a ragionare sulla cosa perchè è posseduto dal Mauro che è in lui e che non è riuscito a scacciare... pazienza, per lui sarà un' occasione perduta.
Altro esempio.
Discutendo della libertà delle donne Amish ho specificato analiticamente il concetto di libertà. Se uno rimane turbato perchè non riesce a considerare questa specificazione e trova "disturbante" abbinare la libertà ad una condizione di forte "soggezione"... pazienza, questa persona non ha saputo scacciare il Mauro che è in lui e ha perso un' occasione; non essendoci in lui un Giovanni disponibile (ovvero uno in grado di concentrarsi sui significati e sulla verità) una discussione del genere con lui diventa impossibile poichè una persona del genere è disinteressato ai significati e distratto dai segnali, ovvero: disinteressato a cio' su cui viene chiesto di concentrarsi e continuamente distratto da cio' che ci viene chiesto di trascurare.
Ultimo esempio.
Quando abbiamo discusso sul fatto che il tenore di vita degli schiavi americani fosse superiore a quello dei bianchi operai del nord o a quello dei neri liberi dopo la guerra di secessione, abbiamo specificato con cura i concetti e portato numeri trasparenti. Eppure chi non è in grado di scacciare il Mauro che è in lui, chi non è in grado di recidere i fili che di fatto possono essere eliminati grazie alle specificazioni fatte, probabilmente non sopporterà una discussione che si tiene in quei termini, perchè una discussione del genere è una discussione per Giovanni e non certo per Mauro. Mauro, ricordiamolo, non si preoccupa della verità, si preoccupa delle conseguenze e certi argomento possono essere benzina... che ne so... per i neo-schiavisti (!?).
Continuo a pensare che, più si va a fondo, più tutta questa differenza tra mondo virtuale e mondo reale sia solo apparente. Cambiano le modalità di interlocuzione (non fosse altro che perché la parola scritta rimane...).
RispondiEliminaC'è inevitabilmente del Mauro e del Giovanni sempre in ciascuno di noi ed in ciascuna discussione. Questa compresa. E' scontato che sia necessario accettare l'inevitabilità del fraintendimento e dell'equivoco (salvo usare il linguaggio matematico, che però va bene solo per descrivere mondi molto semplici, non certo le relazioni umane!).
Gli ultimi esempi che portano lo dimostrano. E' "puro" parlare di "tenore di vita" degli schiavi, quando ognuno di noi sa benissimo che non vorrebbe vivere da schiavo nemmeno se fosse circondato da pareti d'oro e cibo lussuoso? Come misuri il "tenore di vita" di chi non è nemmeno libero di scegliere in quale momento della giornata andare al cesso? E chi propone una simile balzana tesi sarebbe preoccupato di "cercare la verità"?
Chiaro che una discussione del genere non può che bloccare all'istante il Giovanni glaciale dentro di noi, e alimentare il sacro fuoco del nostro Mauro.
Ma il punto non è questo. Il punto è che queste discussioni hanno inevitabilmente lo stesso sviluppo ed esito sia che avvengano online, sia che avvengano di persona. Online è più facile trovarsi a discutere con un gruppo molto ristretto di persone che siano allineate con la nostra visione del mondo, per quanto balzana sia. Per contro, di persona è più facile trovare gli aggiustamenti che portino ad un'intesa. Se questa ricerca del compromesso è "mafiosetta", ben vengano i mafiosetti! :)
Ma chi alla fine si avvicina di più alla verità? Il gruppuscolo esoterico di allineati alla tesi stravagante, o il confronto compromissiorio con gente di estrazione variegata? Mah.
Davide, chiedi: "chi si avvicina di più alla verità?".
RispondiEliminaPer me la risposta è ovvia: l' unico che la cerca, ovvero Giovanni.
Sarebbe ben strano che Mauro, che alla verità si disinteressa per privilegiare altre priorità, alla verità giunga per primo.
Alla verità si avvicina per primo chi la cerca evitando ogni conflitto d' interesse in questa sua ricerca e riducendo al massimo ogni ambiguità del linguaggio.
P.S. Le tue parole sul tenore di vita mi suonano alquanto strane. Lo studioso fissa semplicemente una nozione di "tenore di vita" generalmente condivisa (tempo libero + accesso agli svaghi + qualità e quantità dell' alimentazione + qualità dei ripari dalle intmperie... eccetera). Dopodichè misura chi tra A e B gode del "tenore di vita" più elevato. Non vedo i problemi.
Certo, se per te la "libertà" indica di per sè il tenore di vita, allora la discussione è chiusa in partenza: lo schiavo avrà sempre un tenore di vita "inferiore" a quello dell' uomo libero, e cio' "per definizione", c' è ben poco da indagare i numeri della storia! Peccato solo che quella misura che proponi è a dir poco bislacca (mi chiedo solo che tenore di vita puoi attribuire ad una persona che, liberissima ma priva di tutti i mezzi, sta morendo di fame e di malattie sul ciglio della strada che collega due villaggi africani... con il tuo indice questa persona ha un tenore di vita altissimo visto che non è schiavo di nessuno! Ammazzate, il buon senso va a farsi friggere!
Se le ricerche ci dicono che gli schiavi afroamericani avevano, rispetto ai neri liberi e agli operai bianchi del Nord più tempo libero, una dieta migliore e più ricca, vestiti di qualità superiore, una qualità superiore della vita affettiva e in generale una migliore possibilità di soddisfare i propri bisogni, dobbiamo concludere che il loro TENORE DI VITA era superiore, anche se vivevano in schiavitù, e poco importo se uno NONOSTANTE QUESTO, vorrebbe vivere libero!! Questa notizia oggettiva puo' non far piacere al Mauro che è in noi (che per non sentire una simile notizia s' inventerebbe di tutto) ma al Giovanni interessa moltissimo e ne prende atto, lui non lo sapeva e saperlo è importante, magari un domani ricercando su quel punto farà nuove scoperte ma non è certo invaso dal sacro fuoco di confutare cio' che ora constata di persona come vero, il sacro fuoco appartiene solo a Mauro, lui vorrebbe negare, non gli interessa, lui è DISINTERESSATO alla VERITA' ma solo alle spiacevoli conseguenze che una verità divulgata potrebbe realizzare.
[Se io fossi certo di avere da schiavo: + tempo libero + più facile accesso al cibo + facile accesso ai divertimenti + più facile accesso agli affetti + più facile accesso ai ripari dalle intemperie + più facile soddisfacimento ai bisogni X,Y,Z... puo' anche darsi che scieglierei di vivere da schiavo, mi sembra tanto logico... per la libertà sono disposto a pagare anche TOT ma oltre non pago.
Per definizione, "schiavo" e "tempo libero" non stanno insieme. Capisci che misurare il tenore di vita in questo modo non può che essere scorretto.
RispondiEliminaIl Mauro in noi non rinuncia alla verità, e non è affatto detto che ritenga la verità secondaria. Magari si rende presto conto che la "verità" non è un obiettivo conseguibile in una discussione su certi temi, nei quali si può ambire al massimo ad uno scambio civile di opinioni, vere per ognuno dei soggetti, ma non assolute. Non tutte le verità sono assolute, anzi, di verità assolute ce n'è poche (benché quelle poche siano importanti).
In realtà "schiavo" e "tempo libero" sono concetti che stanno insieme eccome, persino i carcerati hanno l' ora d' aria.
RispondiEliminaSe il padrone decide che dalle 17.00 ognuno è libero di "ricrearsi" come crede purchè si ripresenti all' appello delle 18.00, ecco che lo schiavo ha un' ora di tenmpo libero.
In poche parole. lo schiavo è schiavo perchè il suo tempo libero gli è concesso graziosamente dal suo padrone che ha diritto di vita e di morte su di lui, mica perchè non ha tempo libero "per definizione". Chi non ha tempo libero "per definizione" è l' indaffarato.
Nell'ora d'aria i carcerati non possono esattamente "ricrearsi come credono". Chiamare quello "tempo libero" vederai da te quanto sia una forzatura.
RispondiEliminaL'indaffarato è padrone del proprio tempo e, informato delle conseguenze, può liberamente disporne come più gli pare (non un'ora al giorno, ma 24).
Ma stiamo divagando.
L' indaffarato se è indaffarato non ha tempo libero PER DEFINIZIONE! Come vedi una persona libera - e chi lo nega' - puo' non avere tempo libero (per definizione!). Il che contraddice la tua obiezione.
RispondiEliminaCome ad uno schiavo il suo padrone puo' accordare del tempo libero, così un uomo senza padroni puo' decidere di rinunciare al tempo libero. Come vedi tutto fila con la mia impostazione.
Tu parli del carcerato in quel modo solo perchè hai in mente un' ora d' aria molto particolare, ma si possono immaginare "ore d' aria" di tutti i tipi! Tanto è vero che io ti ho fatto l' esempio di "ora d' aria" parlando di schiavitù, è su quello che devi obiettare. Dicevo:
... se il padrone decide che dalle 17.00 ognuno è libero di "ricrearsi" come crede purchè si ripresenti all' appello delle 18.00, ecco che lo schiavo ha un' ora di tenmpo libero.
In poche parole. Lo schiavo è schiavo perchè il suo tempo libero gli è concesso graziosamente dall' alto dal suo padrone che ha diritto di vita e di morte su di lui, mica perchè "non ha tempo libero... per definizione".
...
Rileggendo il tuo post dell' altro giorno sono un po' impressionato dal tuo scetticismo circa la verità su temi tanto cruciali.
Nessuno vuole "conseguire" la Verità nel corso di una discussione, e neanche nel corso di una vita. Ci si limita a credere che la discussione possa farci "progredire verso". Da come parli sembra che la discussione sia solo una giustapposizione di pareri meramente soggettivi. Sento puzza di relativismo e nel relativismo Mauro ci sguazza.
L' indaffarato se è indaffarato non ha tempo libero PER DEFINIZIONE!
RispondiEliminaFalso. Uno può essere indaffarato perché occupa il proprio tempo libero, di cui dispone liberamente. Mentre il carcerato il suo tempo "libero" lo lascia (forzatamente) inoperoso, camminando in cerchio nel prato.
In ogni caso, tu stesso paragoni la condizione dello schiavo a quella del carcerato. Facendolo, hai già detto tutto quello che c'è da dire. In realtà il carcerato sta un po' meglio dello schiavo, quanto a diritti. Immagino che tu stesso, trovandoti a scegliere tra l'una e l'altra condizione, sceglieresti il carcere. Ricavane tu le conseguenze.
Di relativismo abbiamo già discusso abbastanza, non dovresti cadere in simili equivoci. Tutti siamo relativisti su quasi tutto. I "relativisti", però, lo sono su tutto.
Ma tutti "occupano il proprio tempo libero". Ammettiamo che io nel mio tempo libero faccia un sonnellino. Ha senso dire che sono estremamente indaffarato perchè sto facendo un sonnellino? Mi sembra di no.
RispondiEliminaESPEDIENTE: Comunque, anzichè perdere tanto tempo modificando l' accezione comune di "indaffarato" nel senso che ti fa più comodo, puoi modificarla nel senso che faccia quadrare tutti i conti (es. indaffarato = colui che lavora tutto il tempo): scoprirai che l' "indaffarato" (secondo la nuova accezione) è pur sempre UN UOMO LIBERO SENZA "TEMPO LIBERO". Il che basta ed avanza per chiudere la discussione.
Però l' "ESPEDIENTE" non dovrei suggerirlo io, è talmente evidente che una discussione del genere avrebbe dovuto chiudersi già da tempo.
Sai che non ho capito proprio nulla delle tue ultime considerazioni su "schiavo" e "carcerato". Nessuno nega che lo schiavo (o il carcerato o chi vuoi) possa non avere tempo libero, noi non stiamo dicutendo di questo!!!! Noi stiamo invece discutendo del fatto che uno schiavo POSSA avere del "tempo libero". In proposito ti ho fatto un esempio e ancora non mi hai detto cosa non va. Lo ripropongo.
"... se il padrone decide che dalle 17.00 ognuno è libero di "ricrearsi" come crede purchè si ripresenti all' appello delle 18.00, ecco che lo schiavo ha un' ora di tenmpo libero.
... In poche parole. Lo schiavo è schiavo perchè il suo tempo libero gli è concesso graziosamente dall' alto dal suo padrone che ha diritto di vita e di morte su di lui, mica perchè "non ha tempo libero... per definizione".
Allora?
Hai ragione definendo in quel modo l' assolutismo. Solo che tra le verità assolute io ci metto anche il fatto che discutendo e ricercando liberamente noi ci avviciniamo sempre di più alla verità. Questa verità è un grande dono della "teologia razionale cristiana". Sul punto tornerò presto anche con un post. ciao.
Cosa non va? Il "libero" accanto a quel "tempo". Chiaro che nessuno di noi è veramente totalmente libero: se voglio occupare (indaffararmi) il mio tempo libero facendo il serial killer, qualcuno avrà a che ridire. Ma quale libertà aveva davvero uno schiavo per riempire quell'ora che magari il padrone aveva la bontà di concedergli? Come occupava quell'"ora d'aria"? Cantando qualche spiritual? Zompandosi la moglie sempre che il padrone non avesse deciso di usarne lui in quel momento per i suoi comodi?
RispondiEliminaMi sembra surreale che stiamo facendo questa discussione. Se vai avanti ancora un po', finirà che mi convinci che credi davvero a quella...trovata sugli schiavi che avevano un tenore di vita superiore ai liberi! E scusa se a questo punto tiro fuori il Mario che c'è in me.
PS: avendo a disposizione una quantità limitata di tempo libero, la occupo facendo varie cose (tra cui scrivere qui), e tra cui - se mi sento molto stanco - facendomi un sonnellino con i minuti limitati. Questo fa di me una persona indaffarata. E' possibile invece trovarsi a dover riempire il tempo inventandosi qualcosa per vincere la noia (magari sfogliare un periodico stupido, o guardare il soffitto). Essendo liberi, abbiamo la scelta (limitata solo dal tempo a disposizione, dal portafoglio e dal nostro livello culturale/intellettivo). Fossimo schiavi, le scelte a disposizione si restringerebbero parecchio, non fosse altro che perché non potremmo nemmeno lasciare la proprietà del padrone.
E scusa se a questo punto tiro fuori il Mauro che è in me
RispondiEliminaMi sa che il "mauro" che c' è in te è già venuto fuori da un bel pezzo. Quando dici che il tenore di vita delle persone non si puo' misurare in alcun modo stai in realtà dicendo che non vuoi sentir parlare di questa storia, che questa storia ti disturba. Non sei interessato alla verità su questa faccenda. Se la quantità di calorie del pasto dello schiavo erano una volta e mezza le calorie del pasto medio di un operaio la cosa mi sembra rilevante trattandosi di due morti di fame!! O no? Se lo schiavo lavorava molto meno come tempi dell' operaio e il suo lavoro era mediamente meno duro la cosa è rilevante o no? Se lo schiavo beveva e cantava gli spiritual, anche l' operaio, quando era libero, poteva giusto bere e cantare le canzoni dell' osteria; solo che il primo aveva più tempo e più risorse per dedicarsi a questo genere di attività ricreativa. se lo schiavo non si ammalava di rado anche per il fatto che viveva in case confortevoli e igieniche mentre il liberto doveva arrangiarsi come poteva e presentava tassi di morbilità molto più elevati, è rilevante o no?
Ma soprattutto, cominci ad avere una vaga idea di cosa sia il tenore di vita?
D' altronde è decisamente scoraggiante sentirti dire: "non crederai veramente...". Ma se non credo a chi studia queste cose a tempo pieno e in modo professionale per tutta la vita e ne parla nel dettaglio nei propri libri (e su questi temi riceve pure il Nobel... la bibliografia è sciorinata nel post originale), a chi dovrei credere? a te che, negando la misurabilità del tenore di vita, negheresti persino che noi viviamo in modo più confortevole di chi in Africa muore di fame roso dalla lebbra? Sarebbe contrario al minimo buon senso. Anzi, diciamolo meglio, sarei un pazzo.
Una contestazione sensata è possibile e si deve fare nel merito, ed è stata anche tentata. Si discute seriamente NEL MERITO e si fa qualche passo verso la verità. Tutto il resto, negare apriori la misurabilità del tenore di vita, sono parole un po' a vanvera, sono parole che escono dalla bocca di Mauro.
Preciso: a vanvera per chi cerca di avere un' idea di come stavano le cose, magari da un punto di vista civile sono impulsi anche apprezzabili visto che si cerca in fondo di custodire il tabù della schiavitù. Peccato che questi tabù, fruttuosi per la convivenza civile, per Giovanni siano solo un intralcio.
P.S.: il numero di scelte che abbiamo non dipende solo dalla libertà ma anche dalla ricchezza, è questo messaggi che mi sembra non passi. Uno schiavo puo' avere un numero di scelte enormemente superiore rispetto ad un uomo libero. Fai il confronto tra il moribondo sul ciglio della strada 8uomo liberissimo) e lo schiavo di un padrone generosissimo e ricchissimo che beneficia il suo protetto in tutti i modi esaudendo di fatto la gran parte dei suoi desideri.
Questo in via di principio. Poi la condizione degli schiavi afroamericani rispetto agli operai del Nord o ai liberti è una questione empirica che riguarda gli storici e gli economisti.
Quando dici che il tenore di vita delle persone non si puo' misurare in alcun modo stai in realtà dicendo...
RispondiEliminanegando la misurabilità del tenore di vita
L'ho detto? non mi pare. Semmai ho affermato che se usi il "tempo libero" come parametro (primo criterio da te indicato) ti blocco subito. Per definizione, ripeto, lo schiavo di "libero" non ha nulla. Quindi contesto la tua misurazione del tenore di vita (e meglio che non ci pensi a fondo, se no mi sa che arrivo davvero a contestare l'idea della misurabilità del tenore di vita, anche se fin qui non l'ho fatto).
Tu mi dici che chi accudisce la sua bestia perché lavori meglio, sfamandola ecc., le dà un "tenore di vita" più elevato di un operaio, e mi racconti la favola del "padrone generosissimo e ricchissimo che beneficia il suo protetto (schiavo) in tutti i modi". Che ti devo dire? Va bene. Contento tu. Personalmente preferirei morire di fame sul ciglio della strada. Ma io ho una scelta. Lo schiavo no.
Ben lieto comunque di custodire il "tabù della schiavitù".
lo schiavo di "libero" non ha nulla
RispondiEliminaMa sei ancora lì. Sei ancora al fatto che lo schiavo non puo' avere del "tempo libero"? Ti ho già detto che il padrone puo' accordaglielo dall' alto. Ti ho anche fatto già due volte un semplice esempio concreto. Lo faccio per la terza volta sperando che tu lo legga.
"... se il padrone decide che dalle 17.00 ognuno è libero di "ricrearsi" come crede purchè si ripresenti all' appello delle 18.00, ecco che lo schiavo ha un' ora di tenmpo libero.
... In poche parole. Lo schiavo è schiavo perchè il suo tempo libero gli è concesso graziosamente dall' alto dal suo padrone che ha diritto di vita e di morte su di lui, mica perchè "non puo' avere del tempo libero" a prescindere...".
Allora? che senso ha impuntarsi su posizioni a cui si è già risposto?
Personalmente preferirei morire di fame sul ciglio della strada.
la cosa fondamentale di questa discussione consiste nel capire che a questa osservazione, stando all' oggetto della contesa, bisogna rispondere con un... Ecchissenefrega!
Non stiamo parlando di cosa preferisci tu o di cosa preferisco io, stiamo parlando del fatto che uno schiavo, in via teorica, puo' avere un tenore di vita superiore a quello di un uomo libero. In teorie. In pratica bisogna studiare la storia per capire se la cosa si è realizzata dove e quando.
Il tempo libero è il tempo in cui ci si dedica a cio' che si gradisce fare, è il tempo in cui non si produce, è il tempo in cui si consuma. Lo schiavo aveva più tempo libero, punto. Se poi consideri gli altri indici ti accorgerai che lo schiavo, rispetto alle controparti, aveva anche possibilità di accedere ad una quantità di beni più elevata e spesso anche migliore qualitativamente. Sai cosa ha voluto dire passare dalla giornata lavorativa di 14 ore alla giornata di 8 ore? Lo dici tu a quella gente che "il tempo libero non significa niente". Certo che se preso da solo è un indice incompleto (cosa consumo se, per esempio, non ho nulla da consumare!) ma se è preso insieme ad altri 28 indici (chissà poi perchè ti sei fissato su quello) stai tranquillo che ha il suo peso. Facciamo un caso di scuola: metti che uno sia condannato a produrre 24 ore al giorno senza avere del tempo libero, costui avrà da parte anche molto per il suo consumo ma non avendo il tempo per realizzarlo è come se non avesse nulla. Per cui, in tutti i panieri che misurano il tenore di vita, il tempo libero è presente in modo legittimo.