Lettura del Vangelo secondo Matteo 22, 1-14
In quel tempo. Il Signore Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Il Vangelo ci parla di una "selezione".
Fin qui tutto bene, la cosa non ci scompone: l' uomo moderno vive in una società selettiva, la meritocrazia è al centro o dovrebbe essere al centro tutto, cio' è conforme alla nostra sensibilità.
Nel Vangelo dice qualcosa in più: il meriti si realizza accettando un invito. L' accoglienza passiva è sufficiente. Sarà un "let it be" a salvarci.
Per non opporsi al corso naturale delle cose occorre possedere la nozione di "naturale"; l' uomo moderno rischia di perdere una simile nozione, l' uomo moderno crede al caso e rischia una perdita della dimensione del "senso", dello "scopo". "Senso" e "scopo" sono termini senza i quali il "naturale" è impensabile.
Se con un martello pianto un chiodo, lo uso in modo "naturale"; se invece ci mangio la pastasciutta lo uso contronatura. Il perchè è presto detto: il martello è costruito allo scopo di piantare i chiodi, il suo senso è quello.
Molti uomini del nostro tempo non pensano che le cose abbiano un senso, non pensano che abbianom uno scopo, e quindi non sanno dare un significato alla parola "naturale", non sanno cosa sia un "diritto naturale". La parola "naturale" li mette a disagio.
E' una fortuna che il libertario, accanto al cattolico, sia fra i pochi ad avere ben chiara questa nozione essenziale.
P.S. Nella sua predica Don Cesare ha puntato l' attenzione sul commensale punito per non aver indossato l' Abito Nuziale. La punizione si giustifica per aver violato una regola rituale. Solo l' ingenuo pensa che una preoccupazione del genere rifletta un arcaismo, in realtà la nostra ragione la giustifica eccome. Gli autori moderni che più si sono spesi su questo punto sono i Nobel Thomas Schelling (teoria dei giochi) e August Fredrick von Hayek (ordine economico catallattico).
domenica 31 ottobre 2010
sabato 30 ottobre 2010
Berlusconi: fiero del mio stile di vita, amo la vita e le donne
Famiglia Cristiana: "E' malato e privo di autocontrollo".
Capezzone: "dai paolini violenza verbale e criminalizzazione morale".
Annalena Benini tifa per il Peccatore.
Come giudicare laicamente, ovvero cattolicamente, questi nuovi gossip?
Capezzone: "dai paolini violenza verbale e criminalizzazione morale".
Annalena Benini tifa per il Peccatore.
Come giudicare laicamente, ovvero cattolicamente, questi nuovi gossip?
venerdì 29 ottobre 2010
Prima e dopo il Futuro
Il pragmatico affronta i problemi uno alla volta, così facendo gli capita spesso di aggravare i problemi che dovrà affrontare l' indomani.
Tuttavia il metodo pragmatico non puo' dirsi stupido: esiste pur sempre un futuro talmente lontano da invocare il disinteresse della persona ragionevole.
Senonchè, una volta fatte fuori le persone ragionevoli, questo futuro diviene terra di conquista per tutti gli altri, e i profeti ci dan dentro.
Vi dice niente la parolina "sostenibilità"? E' la più usurata dai profeti (di sventura) dell' ecologismo fanfarone.
Il profeta della "sostenibilità" è un disco rotto che nessuno riesce a spegnere, ripete ossessivamente che noi uomini del pianteta terra consumiamo troppe risorse e le risorse non sono infinite. Cosa avrebbe fatto, per esempio, l' uomo della pietra se fossero finite le pietre? Beh, a lui è andata bene, ma a noi? Occorre una "decrescita".
Si puo' cicalare all' infinito sul tema, lanciare allarmi e preconizzare catastrofi. Ma la persona con sale in zucca sa bene di dover osservare sul punto un silenzio annoiato.
Figuriamoci, i profeti della "sostenibilità" vorrebbero tassare chi consuma le risorse della Terra sottraendole alle generazioni future. Il discorso fa il suo effetto se pronunciato in una scenografia pertinente, nonndimeno resta un discorso assurdo: sarebbe come dire che dobbiamo arginare la produzione di musica (magari tassando fortemente i compositori) per fare in modo che anche le generazioni future possano essere "originali" in questo settore.
C' è poi un futuro che è dietro l' angolo e che sembra interessare meno i futurologi presbiti di cui ho appena parlato, un futuro in cui è difficile cullarsi comodamente nella propria ideologia, un futuro che non consente quel cicaleccio dionisiaco che tanto ci fa fremere, un futuro che non è razionale affrontare irrazionalmente.
Eppure sembra altrettanto catastrofico, ma trattandosi di catastrofi serie, non ha molte bocche disposte a parlarne e nemmeno molte orecchie disposte ad ascoltare: in questo caso lo sconcerto e la preoccupazione non sarebbero una "posa".
E' un futuro che interessa solo i lungimiranti.
Faccio un solo esempio prendendo a prestito le parole di Dario Di Vico:
"Ci sono alcune verità che tra gli addetti ai lavori hanno ampia circolazione e costituiscono addirittura la base di discussioni e contraddittori nei convegni o nelle tavole rotonde. Quelle stesse verità alcune volte si ha paura o pudore di farle uscire dal perimetro delle élite,e raccontarle al grande pubblico. In qualche caso chi fa questa scelta agisce in perfetta buona fede, «per non creare allarmismo sociale» si giustifica... Così facendo però la politica finisce per imitare il comportamento degli struzzi e viene meno ai suoi compiti. E allora proviamo a dirla una di queste verità: stiamo creando intere legioni di (futuri) pensionati poveri..."
... continua.
Tuttavia il metodo pragmatico non puo' dirsi stupido: esiste pur sempre un futuro talmente lontano da invocare il disinteresse della persona ragionevole.
Senonchè, una volta fatte fuori le persone ragionevoli, questo futuro diviene terra di conquista per tutti gli altri, e i profeti ci dan dentro.
Vi dice niente la parolina "sostenibilità"? E' la più usurata dai profeti (di sventura) dell' ecologismo fanfarone.
Il profeta della "sostenibilità" è un disco rotto che nessuno riesce a spegnere, ripete ossessivamente che noi uomini del pianteta terra consumiamo troppe risorse e le risorse non sono infinite. Cosa avrebbe fatto, per esempio, l' uomo della pietra se fossero finite le pietre? Beh, a lui è andata bene, ma a noi? Occorre una "decrescita".
Si puo' cicalare all' infinito sul tema, lanciare allarmi e preconizzare catastrofi. Ma la persona con sale in zucca sa bene di dover osservare sul punto un silenzio annoiato.
Figuriamoci, i profeti della "sostenibilità" vorrebbero tassare chi consuma le risorse della Terra sottraendole alle generazioni future. Il discorso fa il suo effetto se pronunciato in una scenografia pertinente, nonndimeno resta un discorso assurdo: sarebbe come dire che dobbiamo arginare la produzione di musica (magari tassando fortemente i compositori) per fare in modo che anche le generazioni future possano essere "originali" in questo settore.
C' è poi un futuro che è dietro l' angolo e che sembra interessare meno i futurologi presbiti di cui ho appena parlato, un futuro in cui è difficile cullarsi comodamente nella propria ideologia, un futuro che non consente quel cicaleccio dionisiaco che tanto ci fa fremere, un futuro che non è razionale affrontare irrazionalmente.
Eppure sembra altrettanto catastrofico, ma trattandosi di catastrofi serie, non ha molte bocche disposte a parlarne e nemmeno molte orecchie disposte ad ascoltare: in questo caso lo sconcerto e la preoccupazione non sarebbero una "posa".
E' un futuro che interessa solo i lungimiranti.
Faccio un solo esempio prendendo a prestito le parole di Dario Di Vico:
"Ci sono alcune verità che tra gli addetti ai lavori hanno ampia circolazione e costituiscono addirittura la base di discussioni e contraddittori nei convegni o nelle tavole rotonde. Quelle stesse verità alcune volte si ha paura o pudore di farle uscire dal perimetro delle élite,e raccontarle al grande pubblico. In qualche caso chi fa questa scelta agisce in perfetta buona fede, «per non creare allarmismo sociale» si giustifica... Così facendo però la politica finisce per imitare il comportamento degli struzzi e viene meno ai suoi compiti. E allora proviamo a dirla una di queste verità: stiamo creando intere legioni di (futuri) pensionati poveri..."
... continua.
giovedì 28 ottobre 2010
Sveglia da collo
Tagli, tagli, tagli, tagli, tagli.
Tremonti taglia e "qualcuno" stupisce e brontola.
Ma dov' è vissuto questo "qualcuno" fino ad oggi?
Ogni tre per due chi attraversa la città incoccia in cortei di studentelli sciammannati che si battono contro i "tagli" alla scuola. La TV trabocca di prefiche che si stracciano le vesti per i "tagli" alla sanità. Al telegiornale o a prima pagina non manca mai un "ricercatore barbone" moribondo che allunga il palmo della mano per pietire l' ultima elemosina: è uno spettacolo straziante che fa impennare l' audience più di Sarah.
A proposito della gabanelli, visto che ne abbiamo appena parlato, anche lei non manca di inzuppare il pane in questo latte caldo e rassicurante: Tremonti è photoshoppato pallido e con chiazze di sangue, in stile Edward Mani di Forbice.
La pratica del taglio - altrimenti nota agli amanti dell' understatement come "macelleria sociale" - ha sempre solleticato i più bassi istinti e quindi nella società dello spettacolo ruba l' "occhio di bue" anche alla cronaca nera che più nera non si puo'.
Altre noiose informazioni giacciono invece piuttosto trascurate nell' ombra delle redazioni. Annoiano, poverine, la loro sorte è quella.
Chi brontola non realizza per esempio che nel tempo che ho impiegato per scrivere il primo rigo di questo post (cinque parole, cinque secondi) il debito dell' Italia è cresciuto, nonostante i tagli, di quasi 14.000 euro.
Cresciuto! Non tagliato.
Ok? Ci siamo? Se lo sono messo in testa gli sciammannati? E le prefiche? E i ricercatori barboni moribondi? E adesso i loro conti quadrano ancora tutti come prima? Riescono ancora a reperire il dinamismo necessario per alimentare la loro battaglia di giustizia-libertà-verità-eccetera-eccetera?
Pensa forse il nostro "brontolone" che questo dato sia triviale?
Pensa forse questo signor "qualcuno" che sia petulante chi fa notare come il nostro debito cresca di 164.112 euro al minuto?
Non trova che sia un dato di cultura sapere che ogni italiano (neonati e ultracentenri compresi) ha sul groppone una quota di debito pubblico di oltre 30.000 euro per il solo fatto di esistere?
Beh, questo signor "qualcuno" - brontolone ignorante quando va bene, chiagnefottista quando va male -sarebbe meglio che affiancasse all' orologio del tinello che segna le ore una bella sveglia da mettersi al collo, quella che segna la crescita del debito della nazione minuto per minuto. Finalmente l' aggeggio è disponibile!
Il Sole 24 ore - 26.10.2010
nb: problemi a visualizzare? Clicca qui.
Tremonti taglia e "qualcuno" stupisce e brontola.
Ma dov' è vissuto questo "qualcuno" fino ad oggi?
Ogni tre per due chi attraversa la città incoccia in cortei di studentelli sciammannati che si battono contro i "tagli" alla scuola. La TV trabocca di prefiche che si stracciano le vesti per i "tagli" alla sanità. Al telegiornale o a prima pagina non manca mai un "ricercatore barbone" moribondo che allunga il palmo della mano per pietire l' ultima elemosina: è uno spettacolo straziante che fa impennare l' audience più di Sarah.
A proposito della gabanelli, visto che ne abbiamo appena parlato, anche lei non manca di inzuppare il pane in questo latte caldo e rassicurante: Tremonti è photoshoppato pallido e con chiazze di sangue, in stile Edward Mani di Forbice.
La pratica del taglio - altrimenti nota agli amanti dell' understatement come "macelleria sociale" - ha sempre solleticato i più bassi istinti e quindi nella società dello spettacolo ruba l' "occhio di bue" anche alla cronaca nera che più nera non si puo'.
Altre noiose informazioni giacciono invece piuttosto trascurate nell' ombra delle redazioni. Annoiano, poverine, la loro sorte è quella.
Chi brontola non realizza per esempio che nel tempo che ho impiegato per scrivere il primo rigo di questo post (cinque parole, cinque secondi) il debito dell' Italia è cresciuto, nonostante i tagli, di quasi 14.000 euro.
Cresciuto! Non tagliato.
Ok? Ci siamo? Se lo sono messo in testa gli sciammannati? E le prefiche? E i ricercatori barboni moribondi? E adesso i loro conti quadrano ancora tutti come prima? Riescono ancora a reperire il dinamismo necessario per alimentare la loro battaglia di giustizia-libertà-verità-eccetera-eccetera?
Pensa forse il nostro "brontolone" che questo dato sia triviale?
Pensa forse questo signor "qualcuno" che sia petulante chi fa notare come il nostro debito cresca di 164.112 euro al minuto?
Non trova che sia un dato di cultura sapere che ogni italiano (neonati e ultracentenri compresi) ha sul groppone una quota di debito pubblico di oltre 30.000 euro per il solo fatto di esistere?
Beh, questo signor "qualcuno" - brontolone ignorante quando va bene, chiagnefottista quando va male -sarebbe meglio che affiancasse all' orologio del tinello che segna le ore una bella sveglia da mettersi al collo, quella che segna la crescita del debito della nazione minuto per minuto. Finalmente l' aggeggio è disponibile!
Il Sole 24 ore - 26.10.2010
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martedì 26 ottobre 2010
Bela Lugosi - Ivano Bordon - Ed Wood - Generale Shwartzkorpf
Tra le note tenute insieme a fatica dai Gallo & the Roosters, spira teso uno scirocco che rende indolente tutto cio' che tocca.
Rivive un meridione dal genio stracco e negroide che passeggia su e giù per il corso improvvisando la giornata.
Ogni tanto impazzisce una chitarra, lo spettacolo dà la stura al pettegolezzo delle comari.
Dietro il catafalco segue la banda irretita nella marcia troppo lenta che lei stessa suona, dal corteo esala il macabro paesano, controvoglia si accompagna al camposanto compare Turiddu.
Un maledetto individualismo strega ogni strumento e lo fa procedere per suo conto.
Dall' angolo più insignificante il trombone tiene un discorso populista, qualcuno gli dà corda e si passa all' azione, ma poi emergono dissidi sulla strategia e finisce in rissa.
La tuba è in preda ad un romanticismo avariato; dapprima è solo triste e pensierosa (nessuno la caga), poi, un attimo prima di essere allontanata, incanala il suo sfogo in un bercio che ha le stigmate della malattia, gli altri si girano incuriositi per un attimo con occhi vuoti di pietà ma pieni di curiosità, c' è qualcosa da riferire durante gli aperitivi serali.
Poi lo sguardo del contrabbasso incrocia quello del clarinetto basso, si trovano simpatici, nasce un breve idillio, un effimero coordinamento, una fruttuosa divisione dei compiti che degenera presto in bisticcio e divorzio.
In questa allucinazione visionaria dovuta al caldo gli eroi che salveranno il mondo sono Bela Lugosi, Ivano Bordon, il generale Schwartzkopf e Ed Wood, a ognuno di loro è dedicato un meritato tributo.
Gallo & The Roosters + Gary Lucas - El Gallo Rojo
Rivive un meridione dal genio stracco e negroide che passeggia su e giù per il corso improvvisando la giornata.
Ogni tanto impazzisce una chitarra, lo spettacolo dà la stura al pettegolezzo delle comari.
Dietro il catafalco segue la banda irretita nella marcia troppo lenta che lei stessa suona, dal corteo esala il macabro paesano, controvoglia si accompagna al camposanto compare Turiddu.
Un maledetto individualismo strega ogni strumento e lo fa procedere per suo conto.
Dall' angolo più insignificante il trombone tiene un discorso populista, qualcuno gli dà corda e si passa all' azione, ma poi emergono dissidi sulla strategia e finisce in rissa.
La tuba è in preda ad un romanticismo avariato; dapprima è solo triste e pensierosa (nessuno la caga), poi, un attimo prima di essere allontanata, incanala il suo sfogo in un bercio che ha le stigmate della malattia, gli altri si girano incuriositi per un attimo con occhi vuoti di pietà ma pieni di curiosità, c' è qualcosa da riferire durante gli aperitivi serali.
Poi lo sguardo del contrabbasso incrocia quello del clarinetto basso, si trovano simpatici, nasce un breve idillio, un effimero coordinamento, una fruttuosa divisione dei compiti che degenera presto in bisticcio e divorzio.
In questa allucinazione visionaria dovuta al caldo gli eroi che salveranno il mondo sono Bela Lugosi, Ivano Bordon, il generale Schwartzkopf e Ed Wood, a ognuno di loro è dedicato un meritato tributo.
Gallo & The Roosters + Gary Lucas - El Gallo Rojo
Il progressista che guarda all' indietro
In genere si pensa che i Conservatori si rifacciano ai valori della tradizione mentre i progressisti guardino in avanti desiderosi di innovare.
Il solito Robin Hanson con argomenti creativi scompagina le carte in tavola: i progressisti in realtà sarebbero impegnati in modo più o meno cosciente a recuperare una tradizione più antica mentre i conservatori supporterebbero una tradizione in erba (meno di 10.000 anni), quella dell' Uomo Agricolo.
La Tradizione con la "T" maiuscola, quella vera, quella più antica, sarebbe quella dell' Uomo Raccoglitore.
Ecco una descrizione del progressista/raccoglitore:
"... these folks eat a healthier more varied diet, and get better exercise. They more love nature, travel, and exploration, and they move more often to new communities. They work fewer hours, and have more complex mentally-challenging jobs. They talk more openly about sex, are more sexually promiscuous, and more accepting of divorce, abortion, homosexuality, and pre-marital and extra-marital sex. They have fewer kids, who they are more reluctant to discipline or constrain. They more emphasize their love for kids, and teach kids to more value generosity, trust, and honesty. These folks care less for land or material posessions, relative to people. They spend more time on leisure, music, dance, story-telling and the arts. They are less comfortable with war, domination, bragging, or money and material inequalities, and they push more for sharing and redistribution. They more want lots of discussion of group decisions, with everyone having an equal voice and free to speak their mind. They deal with conflicts more personally and informally, and more prefer unhappy folk to be free to leave. Their leaders lead more by consensus..."
Ed eccone una del conservatore/agricolo:
"... these folks travel less, and move less often from where they grew up. They are more polite and care more for cleanliness and order. They have more self-sacrifice and self-control, which makes them more stressed and suicidal. They work harder and longer at more tedious and less healthy jobs, and are more faithful to their spouses and their communities. They make better warriors, and expect and prepare more for disasters like war, famine, and disease. They have a stronger sense of honor and shame, and enforce more social rules, which let them depend more on folks they know less. When considering rule violators, they look more at specific rules, and less at the entire person and what feels right. Fewer topics are open for discussion or negotiation... these folks believe more in good and evil, and in powerful gods who enforce social norms. They envy less, and better accept human authorities and hierarchy, including hereditary elites at the top , women and kids lower down, and human and animal slaves at the bottom. They identify more with strangers who share their ethnicity or culture, and more fear others. They have more murder and are less bothered by violence in war, and toward foreigners, kids, slaves, and animals. They more think people should learn their place and stay there. Nature’s place is to be ruled and changed by humans..."
Forse che i valori tipici di un' umanità povera, nomade e improduttiva siano destinati a tornare nell' era dell' abbondanza?
Il solito Robin Hanson con argomenti creativi scompagina le carte in tavola: i progressisti in realtà sarebbero impegnati in modo più o meno cosciente a recuperare una tradizione più antica mentre i conservatori supporterebbero una tradizione in erba (meno di 10.000 anni), quella dell' Uomo Agricolo.
La Tradizione con la "T" maiuscola, quella vera, quella più antica, sarebbe quella dell' Uomo Raccoglitore.
Ecco una descrizione del progressista/raccoglitore:
"... these folks eat a healthier more varied diet, and get better exercise. They more love nature, travel, and exploration, and they move more often to new communities. They work fewer hours, and have more complex mentally-challenging jobs. They talk more openly about sex, are more sexually promiscuous, and more accepting of divorce, abortion, homosexuality, and pre-marital and extra-marital sex. They have fewer kids, who they are more reluctant to discipline or constrain. They more emphasize their love for kids, and teach kids to more value generosity, trust, and honesty. These folks care less for land or material posessions, relative to people. They spend more time on leisure, music, dance, story-telling and the arts. They are less comfortable with war, domination, bragging, or money and material inequalities, and they push more for sharing and redistribution. They more want lots of discussion of group decisions, with everyone having an equal voice and free to speak their mind. They deal with conflicts more personally and informally, and more prefer unhappy folk to be free to leave. Their leaders lead more by consensus..."
Ed eccone una del conservatore/agricolo:
"... these folks travel less, and move less often from where they grew up. They are more polite and care more for cleanliness and order. They have more self-sacrifice and self-control, which makes them more stressed and suicidal. They work harder and longer at more tedious and less healthy jobs, and are more faithful to their spouses and their communities. They make better warriors, and expect and prepare more for disasters like war, famine, and disease. They have a stronger sense of honor and shame, and enforce more social rules, which let them depend more on folks they know less. When considering rule violators, they look more at specific rules, and less at the entire person and what feels right. Fewer topics are open for discussion or negotiation... these folks believe more in good and evil, and in powerful gods who enforce social norms. They envy less, and better accept human authorities and hierarchy, including hereditary elites at the top , women and kids lower down, and human and animal slaves at the bottom. They identify more with strangers who share their ethnicity or culture, and more fear others. They have more murder and are less bothered by violence in war, and toward foreigners, kids, slaves, and animals. They more think people should learn their place and stay there. Nature’s place is to be ruled and changed by humans..."
Forse che i valori tipici di un' umanità povera, nomade e improduttiva siano destinati a tornare nell' era dell' abbondanza?
Leghismo in salsa rosa
Il Grande Fratello prog-femminista è ancora al lavoro per manipolare la società manco fosse creta nelle sue mani.
Non rilascia ipnotiche malie linguistiche dai televisori, quelle semmai le denuncia con la complicità di esperti. Esperti in pagliuzze ma profani in fatto di travi.
Lui usa direttamente le armi da fuoco (tanto basta la minaccia), si fa prima ed è più comodo.
E poi, quando manipoli i corpi, nessuno potrà mai accusarti di manipolare le menti, che è la vera accusa infamante del nostro tempo.
Veniamo al dunque.
L' indignazione non è un sentimento che si addice ai liberali, in più i liberali sono quattro sparuti gatti. Maglio allora, sull' affair congedo parentale, l' asciutto resoconto di De Nicola. Lo sguardo, come al solito, è quello più semplice, quello che non riesce davvero a ravvisare indumenti sul corpaccione dell' orrido imperatore. Uno stralcio.
"... ancor'oggi, pur imperando un grande relativismo etico, non si rinuncia all'ingegneria sociale per indirizzare gli individui verso ciò che la cultura dominante considera virtuoso (anzi, politicamente corretto, la "virtù" è un valore anacronistico). Un esempio? La bizzarra proposta sull'obbligo di congedo paternale retribuito di due settimane approvata dal parlamento europeo e di cui si auspica l'adozione anche in Italia. Secondo il testo passato a Strasburgo, i padri non potrebbero per nessun motivo "cedere" le ferie alla madre e, alla nascita del bebè, dovrebbero starsene lontani dal lavoro (per ora la polizia non sorveglierà che i maschi stiano effettivamente a casa e non al bar).
Il primo impatto dell'innovazione sarà di aumentare i costi per le imprese e le casse dello stato senza alcun vantaggio né all'occupazione femminile (che, contrariamente alle leggende, in Italia sta inesorabilmente aumentando in proporzione a quella maschile) né al benessere complessivo. L'aspetto più irritante di questa nuova avanzata del progresso consiste comunque nella pretesa di non considerare le persone come individui responsabili delle proprie scelte e in grado di fare evolvere la società, ma come incapaci cui degli illuminati indichino cosa fare per raggiungere il Bene.
Un conto è infatti togliere barriere giuridiche e sociali a che ognuno possa scegliere liberamente (ad esempio, concedendo un quoziente di mesi di congedo per i genitori che tra loro sceglieranno come dividersi), un altro illudersi che le due settimane di ferie cambieranno le abitudini (negative e reazionarie!) del bracciante calabro o della casalinga di Voghera. Naturalmente in altri paesi la rivoluzione al femminile è avvenuta senza misure del genere (basti pensare agli Usa).
È la stessa logica alla base delle "quote rosa", ormai di prossima introduzione nei cda e collegi sindacali delle società quotate. Il merito, il talento, le preferenze (e anche il diritto a sbagliare da parte degli azionisti) sono variabili da eliminare, in attesa di introdurre quote per extracomunitari, minoranze etniche (con esatta differenziazione tra neri, asiatici e indios), gay, lesbiche, transessuali, obesi, brutti, cattolici, altri cristiani, musulmani, ebrei, buddisti, appartenenti a diversi partiti politici (ah no, quella c'è già, si chiama lottizzazione) e, ovviamente, padani. Quelli leghisti, però, piacciono meno ai progressisti, cui interessa far le stesse discriminazioni purché politicamente corrette. Auguri."
Il Sole 24 Ore
Il metodo-lega fa proseliti; ma per lo meno i leghisti sono brutti, cattivi e (quindi) simpatici. Questi scherani intellettualoidi del mostro, invece, beccati con la smoking gun ancora in mano, passano subito al contrattacco infarcendoti un insopportabile predicozzo in cui il greve bigottismo si alterna con l' occhio di vacca.
N.B. in un precedente articolo De Nicola, il più idoneo, aveva spiegato ai bambini (ma sopratutto alle bambine) cosa sono le quote rosa. Sveglia bambine, non sceglietevi un magnaccia del genere! Con tanti bei ragazzi, non spostatevi con lo Stato.
Non rilascia ipnotiche malie linguistiche dai televisori, quelle semmai le denuncia con la complicità di esperti. Esperti in pagliuzze ma profani in fatto di travi.
Lui usa direttamente le armi da fuoco (tanto basta la minaccia), si fa prima ed è più comodo.
E poi, quando manipoli i corpi, nessuno potrà mai accusarti di manipolare le menti, che è la vera accusa infamante del nostro tempo.
Veniamo al dunque.
L' indignazione non è un sentimento che si addice ai liberali, in più i liberali sono quattro sparuti gatti. Maglio allora, sull' affair congedo parentale, l' asciutto resoconto di De Nicola. Lo sguardo, come al solito, è quello più semplice, quello che non riesce davvero a ravvisare indumenti sul corpaccione dell' orrido imperatore. Uno stralcio.
"... ancor'oggi, pur imperando un grande relativismo etico, non si rinuncia all'ingegneria sociale per indirizzare gli individui verso ciò che la cultura dominante considera virtuoso (anzi, politicamente corretto, la "virtù" è un valore anacronistico). Un esempio? La bizzarra proposta sull'obbligo di congedo paternale retribuito di due settimane approvata dal parlamento europeo e di cui si auspica l'adozione anche in Italia. Secondo il testo passato a Strasburgo, i padri non potrebbero per nessun motivo "cedere" le ferie alla madre e, alla nascita del bebè, dovrebbero starsene lontani dal lavoro (per ora la polizia non sorveglierà che i maschi stiano effettivamente a casa e non al bar).
Il primo impatto dell'innovazione sarà di aumentare i costi per le imprese e le casse dello stato senza alcun vantaggio né all'occupazione femminile (che, contrariamente alle leggende, in Italia sta inesorabilmente aumentando in proporzione a quella maschile) né al benessere complessivo. L'aspetto più irritante di questa nuova avanzata del progresso consiste comunque nella pretesa di non considerare le persone come individui responsabili delle proprie scelte e in grado di fare evolvere la società, ma come incapaci cui degli illuminati indichino cosa fare per raggiungere il Bene.
Un conto è infatti togliere barriere giuridiche e sociali a che ognuno possa scegliere liberamente (ad esempio, concedendo un quoziente di mesi di congedo per i genitori che tra loro sceglieranno come dividersi), un altro illudersi che le due settimane di ferie cambieranno le abitudini (negative e reazionarie!) del bracciante calabro o della casalinga di Voghera. Naturalmente in altri paesi la rivoluzione al femminile è avvenuta senza misure del genere (basti pensare agli Usa).
È la stessa logica alla base delle "quote rosa", ormai di prossima introduzione nei cda e collegi sindacali delle società quotate. Il merito, il talento, le preferenze (e anche il diritto a sbagliare da parte degli azionisti) sono variabili da eliminare, in attesa di introdurre quote per extracomunitari, minoranze etniche (con esatta differenziazione tra neri, asiatici e indios), gay, lesbiche, transessuali, obesi, brutti, cattolici, altri cristiani, musulmani, ebrei, buddisti, appartenenti a diversi partiti politici (ah no, quella c'è già, si chiama lottizzazione) e, ovviamente, padani. Quelli leghisti, però, piacciono meno ai progressisti, cui interessa far le stesse discriminazioni purché politicamente corrette. Auguri."
Il Sole 24 Ore
Il metodo-lega fa proseliti; ma per lo meno i leghisti sono brutti, cattivi e (quindi) simpatici. Questi scherani intellettualoidi del mostro, invece, beccati con la smoking gun ancora in mano, passano subito al contrattacco infarcendoti un insopportabile predicozzo in cui il greve bigottismo si alterna con l' occhio di vacca.
N.B. in un precedente articolo De Nicola, il più idoneo, aveva spiegato ai bambini (ma sopratutto alle bambine) cosa sono le quote rosa. Sveglia bambine, non sceglietevi un magnaccia del genere! Con tanti bei ragazzi, non spostatevi con lo Stato.
lunedì 25 ottobre 2010
La Reginetta dei puntini di sospensione
Ostellino sulla Gabanelli.
Un' inchiesta giornalistica sulla villa all' estero di un uomo politico, che appuri, e lo dica, che l' ha comprata attraverso una legale società off shore, ma esportando illegalmente valuta, è un servizio all' opinione pubblica, che è giusto sappia di che pasta sono fatti i suoi rappresentanti. Guardare nelle tasche dei potenti, e denunciarne le eventuali illegalità, fa bene alla democrazia. Un' inchiesta giornalistica sulla villa all' estero di un uomo politico - che dica il falso, sostenendo che l' ha comprata esportando illegalmente valuta, per comprometterlo agli occhi dell' opinione pubblica - risponde all' interessato, se questi fa querela, davanti a un tribunale. Non è giornalismo, bensì propaganda politica, della quale il giornalista risponderà ai suoi lettori o telespettatori, che, da quel momento, saranno legittimati a non comprare più il giornale o non guardare la trasmissione televisiva sui quali è comparsa. Un' inchiesta giornalistica sulla villa di un uomo politico, che ne parli (solo) come oggetto in sé di pettegolezzo - allo scopo di suscitare nell' opinione pubblica «invidia sociale» e indurla alla riprovazione per l' esibizione di ricchezza - è un espediente demagogico per prendersela con i ricchi. Se l' inchiesta trascura, lasciandolo nel vago, come l' uomo politico l' ha comprata - inducendo l' opinione pubblica contraria a farne, senza prove, motivo di delegittimazione dell' uomo politico - è una mezza inchiesta. Siamo nel cattivo giornalismo, che la trascuratezza sia voluta o casuale.
Anche ad un osservatore distratto come me non sfugge la partigianeria della giornalista Gabanelli.
Fin qui nulla di male, gli imparziali sono di solito scipiti, i faziosi hanno una bella scorta di sale e spesso ne fanno un uso sapiente.
Oltretutto per lei lasciavo volentieri aperta una possibilità di salvezza, ovvero: c' è chi conduce in modo fazioso l' inchiesta che decide di condurre, c' è chi si limita a scegliere faziosamente l' inchiesta da condurre e c' è poi chi conduce le proprie inchieste fziose senza pretendere che siano le vittime a stipendiarlo.
Con beneficio d' inventario, e vista la superficialità delle mie visioni, lasciavo la Gabanelli nella seconda categoria, quella che racchiude i "faziosi" per tenerli al riparo dal contagio dei "faziosi impuniti", la prima categoria. Quanto alla terza, i faziosi a cui levare il cappello, non era purtroppo alla sua portata.
[... già, seconda categoria... per quanto, specie nel "caso Antigua", notassi l' uso ossessivo dei... puntini di sospensione. Non saprei come chiamarli: nell' horror ci sono inconfondibili musichette che adombrano un crimine terribile, nell' inchiesta giornalistica italiota ci sono... i puntini di sospensione (li ha inventati Lucarelli). Solo che nell' horror prima o poi la musica collassa e noi saltiamo sulla sedia, mentre l' inchiesta italiota punta tutto e solo sul presentimento dell' informato... uno stress nervoso privo di catarsi]
Ora pare proprio che Ostellino ci inviti a prendere in considerazione lo spostamento della Gabanelli nella prima categoria, la più infamante.
Un' inchiesta giornalistica sulla villa all' estero di un uomo politico, che appuri, e lo dica, che l' ha comprata attraverso una legale società off shore, ma esportando illegalmente valuta, è un servizio all' opinione pubblica, che è giusto sappia di che pasta sono fatti i suoi rappresentanti. Guardare nelle tasche dei potenti, e denunciarne le eventuali illegalità, fa bene alla democrazia. Un' inchiesta giornalistica sulla villa all' estero di un uomo politico - che dica il falso, sostenendo che l' ha comprata esportando illegalmente valuta, per comprometterlo agli occhi dell' opinione pubblica - risponde all' interessato, se questi fa querela, davanti a un tribunale. Non è giornalismo, bensì propaganda politica, della quale il giornalista risponderà ai suoi lettori o telespettatori, che, da quel momento, saranno legittimati a non comprare più il giornale o non guardare la trasmissione televisiva sui quali è comparsa. Un' inchiesta giornalistica sulla villa di un uomo politico, che ne parli (solo) come oggetto in sé di pettegolezzo - allo scopo di suscitare nell' opinione pubblica «invidia sociale» e indurla alla riprovazione per l' esibizione di ricchezza - è un espediente demagogico per prendersela con i ricchi. Se l' inchiesta trascura, lasciandolo nel vago, come l' uomo politico l' ha comprata - inducendo l' opinione pubblica contraria a farne, senza prove, motivo di delegittimazione dell' uomo politico - è una mezza inchiesta. Siamo nel cattivo giornalismo, che la trascuratezza sia voluta o casuale.
Anche ad un osservatore distratto come me non sfugge la partigianeria della giornalista Gabanelli.
Fin qui nulla di male, gli imparziali sono di solito scipiti, i faziosi hanno una bella scorta di sale e spesso ne fanno un uso sapiente.
Oltretutto per lei lasciavo volentieri aperta una possibilità di salvezza, ovvero: c' è chi conduce in modo fazioso l' inchiesta che decide di condurre, c' è chi si limita a scegliere faziosamente l' inchiesta da condurre e c' è poi chi conduce le proprie inchieste fziose senza pretendere che siano le vittime a stipendiarlo.
Con beneficio d' inventario, e vista la superficialità delle mie visioni, lasciavo la Gabanelli nella seconda categoria, quella che racchiude i "faziosi" per tenerli al riparo dal contagio dei "faziosi impuniti", la prima categoria. Quanto alla terza, i faziosi a cui levare il cappello, non era purtroppo alla sua portata.
[... già, seconda categoria... per quanto, specie nel "caso Antigua", notassi l' uso ossessivo dei... puntini di sospensione. Non saprei come chiamarli: nell' horror ci sono inconfondibili musichette che adombrano un crimine terribile, nell' inchiesta giornalistica italiota ci sono... i puntini di sospensione (li ha inventati Lucarelli). Solo che nell' horror prima o poi la musica collassa e noi saltiamo sulla sedia, mentre l' inchiesta italiota punta tutto e solo sul presentimento dell' informato... uno stress nervoso privo di catarsi]
Ora pare proprio che Ostellino ci inviti a prendere in considerazione lo spostamento della Gabanelli nella prima categoria, la più infamante.
Meditazione sul Vangelo del 24.10.2010
Vangelo secondo Matteo 28, 16-20
"In quel tempo. Gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che il Signore Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo".
Il Vangelo di oggi ci chiama a convertire i popoli della Terra. Dobbiamo correre e rispondere con entusiasmo all' appello.
Ma cos' è una conversione? Tutti sanno come finisce, ma pochi sanno l' essenziale: come comincia.
Comincia con un cambio di paradigma culturale: la Conversione è nient' altro che l' esito felice di una colonizzazione culturale. I nostri missionari più consapevoli, secondo me quelli del PIME, lo sanno bene e il loro lavoro in Africa è finalizzato in primo luogo ad un rinnovamento delle stantie mentalità che imbrigliano le energie di quel continente.
Come procedere? Comincerei con l' annunciare al pagano del XXI secolo la Libertà e la Salvezza dell' Uomo.
I due concetti si condensano bene in un concetto centrale "individualismo".
Rodney Stark ci ricorda che la cristianità per prima ha introdotto la nozione di "individuo" attraverso quella di "libero arbitrio" e quella di "salvezza personale". Mai prima nella storia l' individuo e i suoi diritti erano stati pensati con tanta forza. Un' esclusiva che ci deve rendere orgogliosi e su cui dobbiamo fare leva.
C' è ancora tanta diffidenza verso l' individuo, sia nei laicisti che nei popoli lontani, penso alla promettente Asia, alla disperante Africa e alla deludente America Latina. Persino nei cattolici riscontro questa diffidenza.
Con un sospiro di sollievo dobbiamo constatere di vivere oggi tempi fausti, tempi in cui segnali di un nuovo "inizio" si moltiplicano, soprattutto in Asia.
Per dirla con Deidre McCloskey: "... cosa credete che verrà ricordato dei nostri anni, la crisi finanziaria del 2008 oppure il fatto che la Cina nel 1978 e l' India nel 1991 abbiano adottato, almeno in economia, le idee occidentali?"
E' qui che comincia la conversione, non ci resta che pregare e lavorare mantenendo la barra a dritta: una volta che il mondo avrà riconosciuto nell' individuo singolo il Figlio, presto riconoscerà anche il Padre.
"In quel tempo. Gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che il Signore Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo".
Il Vangelo di oggi ci chiama a convertire i popoli della Terra. Dobbiamo correre e rispondere con entusiasmo all' appello.
Ma cos' è una conversione? Tutti sanno come finisce, ma pochi sanno l' essenziale: come comincia.
Comincia con un cambio di paradigma culturale: la Conversione è nient' altro che l' esito felice di una colonizzazione culturale. I nostri missionari più consapevoli, secondo me quelli del PIME, lo sanno bene e il loro lavoro in Africa è finalizzato in primo luogo ad un rinnovamento delle stantie mentalità che imbrigliano le energie di quel continente.
Come procedere? Comincerei con l' annunciare al pagano del XXI secolo la Libertà e la Salvezza dell' Uomo.
I due concetti si condensano bene in un concetto centrale "individualismo".
Rodney Stark ci ricorda che la cristianità per prima ha introdotto la nozione di "individuo" attraverso quella di "libero arbitrio" e quella di "salvezza personale". Mai prima nella storia l' individuo e i suoi diritti erano stati pensati con tanta forza. Un' esclusiva che ci deve rendere orgogliosi e su cui dobbiamo fare leva.
C' è ancora tanta diffidenza verso l' individuo, sia nei laicisti che nei popoli lontani, penso alla promettente Asia, alla disperante Africa e alla deludente America Latina. Persino nei cattolici riscontro questa diffidenza.
Con un sospiro di sollievo dobbiamo constatere di vivere oggi tempi fausti, tempi in cui segnali di un nuovo "inizio" si moltiplicano, soprattutto in Asia.
Per dirla con Deidre McCloskey: "... cosa credete che verrà ricordato dei nostri anni, la crisi finanziaria del 2008 oppure il fatto che la Cina nel 1978 e l' India nel 1991 abbiano adottato, almeno in economia, le idee occidentali?"
E' qui che comincia la conversione, non ci resta che pregare e lavorare mantenendo la barra a dritta: una volta che il mondo avrà riconosciuto nell' individuo singolo il Figlio, presto riconoscerà anche il Padre.
sabato 23 ottobre 2010
Accordarsi nel disaccordo
La gente ama discutere ma quasi sempre non va d' accordo, magari persino su questioni dove pensa siano implicate delle verità oggettive.
Non solo, capita spesso che più discuta più profondi divengano i disaccordi.
Sono infiniti gli argomenti problematici: Dio, la morale, il calcio, l' influenza dei media sul voto alle elezioni, la meccanica quantistica, l' altezza dell' uomo che è appena passato, la bellezza di Isabelle Huppert...
La gente non va d' accordo, e magari, dopo aver constatato il disaccordo, non è nemmeno imbarazzata; stranamente non stupisce. Si è abituata ad avere opinioni divergenti.
E' del parere che il disaccordo sia un esito del tutto naturale, anche tra "specialisti". La gente trova un suo "equilibrio" nel disaccodo; in altre parole: concorda nel fatto di non concordare.
Ci si stringe cavallerescamente la mano nel rispetto reciproco: si concorda nel disaccordo e si vive appagati.
Eppure, chi ha approfondito la questione trova stravagante che una discussione possa concludersi così.
Di più, la teoria ci dice chiaramente che un equilibrio del genere è impossibile (Teorema dell' impossibilità di Aumann).
Si puo' solo essere d' accordo di essere d' accordo, ma non si puo' essere d' accordo di non essere d' accordo.
[.. Inutile riprendere la teoria ufficiale (avevo già dedicato un post al tema), per capire in modo intuitivo come procede basti considerare come in una comunità di persone ragionevoli lo sport delle scommesse fatichi a prendere piede: se c' è qualcuno che accetta la scommessa che propongo, allora c' è qualcosa che non va nelle credenze che stanno alla base della mia proposta...]
Per capire poi dove risieda la fonte dei disaccordi, basta verificare l' ipotesi violata tra quelle che Aumann pone a base del suo teorema.
Due persone, Giovanni e Giuseppe, disputano su un argomento. Se:
H1. G&G sono bayesiani... se:
H2. G&G sono honest-truth-seeking... se:
H3. G&G hanno "conoscenza comune" (sanno esattamente cosa pensa l' altro)... se:
H4. G&G hanno "principi comuni" (credono la stessa cosa se informati nello stesso modo)...
... allora G&G devono per forza di cose giungere nel merito ad un accordo su tutta la linea. E lo stesso quando passano alla questione successiva. E via così all' infinito, finchè non saranno d' accordo su tutto.
Perchè allora nel mondo reale, nonstante la logica, la gente non concorda e sembra pacificata nel rispettivo dissentire? Evidentemente qualche ipotesi non tiene.
H1 stabilisce semplicemente che i due disputanti siano ragionevoli. Se Giuseppe ammettesse di non esserlo, saremmo a cavallo, la spiegazione è bell' e pronta. Ma penso che tra i contendenti, pochi siano disposti a tanto.
Di H2 avevo già accennato dicendo che puo' avere un peso. Ma, in genere, chi non è un "honest-truth-seeking" finisce in qualche modo per ammetterlo, anzi, per rivendicarlo, e le cose si chiariscono. Certo, magari si evita la definizione di "disonesto" per ripiegare verso una terminologia più edulcorata.
Ad ogni modo H2 puo' essere sempre una pista da battere per trovare l' accordo pieno: nella discussione che precedeva Davide ha detto di essere ben felice di fare da custode al "tabù" dello schiavismo (ha ragione è una funzione sociale preziosissima), e questo è stato estremamente illuminante.
Neanche H3 presenta grandi problemi: due honest-truth-seeking, nel corso della discussione, arriveranno presto a condividere la propria conoscenza. A meno che qualcuno sia reticente, se non bugiardo. Ma se G&G sono honest-truth-seeking, difficilmente saranno reticenti.
Inoltre, due honest-truth-seeking, se discutono intimamente, realizzeranno prima o poi quella che i logici chiamano "conoscenza profonda": io so cio' che tu sai che io so che tu sai che io so... Una conoscenza essenziale per il teorema.
H4 sembra davvero essere l' ipotesi cruciale. Ma decifrare H4 è meno semplice di quanto si pensi.
G&G possono avere "principi diversi" ed essere entrambi ragionevoli?
Ponete il caso di due giudici che con le stesse identiche informazioni a disposizione sono chiamati a giudicare lo stesso caso. Ammettiamo poi che le loro sentenze finali divergano in modo antitetico.
Se rispondiamo di "sì" alla domanda appena posta dobbiamo anche tollerare il fatto che entrambe le sentenze possano essere sia conclusive che perfettamente valide.
Una concessione che turberebbe chiunque.
Eppurre per molti - chiamiamoli "discrezionalisti" - avere punti di partenza differenti è lecito, in sè non viola alcuna norma razionale.
In un certo senso la posizione dei "discrezionalisti" ci sembra di comprenderla: chi parte da premesse differenti giungerà a conclusioni differenti. Attenzione però a non lasciarsi sedurre da una simile cosiderazione, significherebbe travisare H4, ovvero non aver compreso cosa intendiamo per "principio".
Ogni "principio" responsabile del dissidio tra Giovanni e Giuseppe puo' essere a sua volta messo in discussione e cessare così di essere un "principio" che differenzia le posizioni dei due.
Dopo la discussione, infatti, per effetto ancora una volta del teorema di Aumann, non esisterà più un disaccordo sulla validità di quello che prima Giovanni e Giuseppe consideravano un "principio" divisorio.
Per questo dicevo che l' interpretazione di H4 (comunemente nota come CPA = common priors assumption) non è immediata.
Alla fine della fiera c' è solo un principio che mette tutti "d' accordo sul disaccordo" esistente, ed è il principio: "Io sono infallibile".
Da notare che da un principio del genere si puo' coerentemente costruire un florilegio di verità del tipo: "Io sono infallibile e io dico X".
Se Giovanni sostine il principio per cui "Giovanni è infallibile" e Giuseppe sostiene il principio per cui "Giuseppe è infallibile", i due probabilmente non andranno d' accordo su una certa questione ma potranno stringersi la mano perchè sono d' accordo sulla fonte del proprio disaccordo.
[E' lo stesso motivo per cui se Giovanni si sente infallibile troverà il modo di scommettere con il Giuseppe che si sente infallibile, anche se entrambi sono e si riconoscono individui razionali]
In effetti se Giovanni e Giuseppe si ritengono infallibili, eludono il teorema di Aumann e si presentano al pubblico come due persone perfettamente razionali che hanno concluso una discussione mantenendo il proprio disaccordo.
Possiamo considerare due persone del genere piuttosto "presuntuose"? Beh, direi di sì.
Mi sembra di poter chiudere affermando che la maggior parte dei disaccordi deriva da insincerità e da presunzione.
Sai che scoperta.
E la cura?
L' introspezione è l' unica che mi viene in mente.
POSTILLA
La Chiesa Cattolica nel postulare l' infallibilità papale è presuntuosa?
Sembrerebbe proprio di sì.
Ma faccio notare solo un elemento a discarico: il teorema di Aumann è eluso da chi postula la propria infallibilità ma non per questo disdegna l' infallibilità in quanto tale.
Anzi, il terema di Auman ci dice che una volta concluse le discussioni avremo a disposizione una verità determinata in modo infallibile.
O meglio, ci si è avvicinati alla verità il più possibile, il che lo possiamo questa volta affermare in modo infallibile e concordemente. Non è certo presuntuoso usare qui quell' aggettivo!
Certo, occorre avere un briciolo di fede nel fatto che la ragione umana, se correttamente esercitata, possa avvicinarsi alla verità.
Certo, bisogna che si chiuda la "Discussione Universale" e che convergano, come necessariamente devono convergere, tutte le opinioni degli uomini ragionevoli.
Ma il Papa non è a capo del "cattolicesimo"? Ma "Cattolico" non significa proprio "universale"?
Bene, spero che questi siano indizi che ci consentano di elaborare un' interpretazione feconda del termine "infallibile", sarebbe un' interpretazione facilmente comprensibile alla ragione ma soprattutto alternativa ad un' interpretazione ben più problematica.
Un link con link interessanti: http://www.overcomingbias.com/2006/12/agreeing_to_agr.html
Non solo, capita spesso che più discuta più profondi divengano i disaccordi.
Sono infiniti gli argomenti problematici: Dio, la morale, il calcio, l' influenza dei media sul voto alle elezioni, la meccanica quantistica, l' altezza dell' uomo che è appena passato, la bellezza di Isabelle Huppert...
La gente non va d' accordo, e magari, dopo aver constatato il disaccordo, non è nemmeno imbarazzata; stranamente non stupisce. Si è abituata ad avere opinioni divergenti.
E' del parere che il disaccordo sia un esito del tutto naturale, anche tra "specialisti". La gente trova un suo "equilibrio" nel disaccodo; in altre parole: concorda nel fatto di non concordare.
Ci si stringe cavallerescamente la mano nel rispetto reciproco: si concorda nel disaccordo e si vive appagati.
Eppure, chi ha approfondito la questione trova stravagante che una discussione possa concludersi così.
Di più, la teoria ci dice chiaramente che un equilibrio del genere è impossibile (Teorema dell' impossibilità di Aumann).
Si puo' solo essere d' accordo di essere d' accordo, ma non si puo' essere d' accordo di non essere d' accordo.
[.. Inutile riprendere la teoria ufficiale (avevo già dedicato un post al tema), per capire in modo intuitivo come procede basti considerare come in una comunità di persone ragionevoli lo sport delle scommesse fatichi a prendere piede: se c' è qualcuno che accetta la scommessa che propongo, allora c' è qualcosa che non va nelle credenze che stanno alla base della mia proposta...]
Per capire poi dove risieda la fonte dei disaccordi, basta verificare l' ipotesi violata tra quelle che Aumann pone a base del suo teorema.
Due persone, Giovanni e Giuseppe, disputano su un argomento. Se:
H1. G&G sono bayesiani... se:
H2. G&G sono honest-truth-seeking... se:
H3. G&G hanno "conoscenza comune" (sanno esattamente cosa pensa l' altro)... se:
H4. G&G hanno "principi comuni" (credono la stessa cosa se informati nello stesso modo)...
... allora G&G devono per forza di cose giungere nel merito ad un accordo su tutta la linea. E lo stesso quando passano alla questione successiva. E via così all' infinito, finchè non saranno d' accordo su tutto.
Perchè allora nel mondo reale, nonstante la logica, la gente non concorda e sembra pacificata nel rispettivo dissentire? Evidentemente qualche ipotesi non tiene.
H1 stabilisce semplicemente che i due disputanti siano ragionevoli. Se Giuseppe ammettesse di non esserlo, saremmo a cavallo, la spiegazione è bell' e pronta. Ma penso che tra i contendenti, pochi siano disposti a tanto.
Di H2 avevo già accennato dicendo che puo' avere un peso. Ma, in genere, chi non è un "honest-truth-seeking" finisce in qualche modo per ammetterlo, anzi, per rivendicarlo, e le cose si chiariscono. Certo, magari si evita la definizione di "disonesto" per ripiegare verso una terminologia più edulcorata.
Ad ogni modo H2 puo' essere sempre una pista da battere per trovare l' accordo pieno: nella discussione che precedeva Davide ha detto di essere ben felice di fare da custode al "tabù" dello schiavismo (ha ragione è una funzione sociale preziosissima), e questo è stato estremamente illuminante.
Neanche H3 presenta grandi problemi: due honest-truth-seeking, nel corso della discussione, arriveranno presto a condividere la propria conoscenza. A meno che qualcuno sia reticente, se non bugiardo. Ma se G&G sono honest-truth-seeking, difficilmente saranno reticenti.
Inoltre, due honest-truth-seeking, se discutono intimamente, realizzeranno prima o poi quella che i logici chiamano "conoscenza profonda": io so cio' che tu sai che io so che tu sai che io so... Una conoscenza essenziale per il teorema.
H4 sembra davvero essere l' ipotesi cruciale. Ma decifrare H4 è meno semplice di quanto si pensi.
G&G possono avere "principi diversi" ed essere entrambi ragionevoli?
Ponete il caso di due giudici che con le stesse identiche informazioni a disposizione sono chiamati a giudicare lo stesso caso. Ammettiamo poi che le loro sentenze finali divergano in modo antitetico.
Se rispondiamo di "sì" alla domanda appena posta dobbiamo anche tollerare il fatto che entrambe le sentenze possano essere sia conclusive che perfettamente valide.
Una concessione che turberebbe chiunque.
Eppurre per molti - chiamiamoli "discrezionalisti" - avere punti di partenza differenti è lecito, in sè non viola alcuna norma razionale.
In un certo senso la posizione dei "discrezionalisti" ci sembra di comprenderla: chi parte da premesse differenti giungerà a conclusioni differenti. Attenzione però a non lasciarsi sedurre da una simile cosiderazione, significherebbe travisare H4, ovvero non aver compreso cosa intendiamo per "principio".
Ogni "principio" responsabile del dissidio tra Giovanni e Giuseppe puo' essere a sua volta messo in discussione e cessare così di essere un "principio" che differenzia le posizioni dei due.
Dopo la discussione, infatti, per effetto ancora una volta del teorema di Aumann, non esisterà più un disaccordo sulla validità di quello che prima Giovanni e Giuseppe consideravano un "principio" divisorio.
Per questo dicevo che l' interpretazione di H4 (comunemente nota come CPA = common priors assumption) non è immediata.
Alla fine della fiera c' è solo un principio che mette tutti "d' accordo sul disaccordo" esistente, ed è il principio: "Io sono infallibile".
Da notare che da un principio del genere si puo' coerentemente costruire un florilegio di verità del tipo: "Io sono infallibile e io dico X".
Se Giovanni sostine il principio per cui "Giovanni è infallibile" e Giuseppe sostiene il principio per cui "Giuseppe è infallibile", i due probabilmente non andranno d' accordo su una certa questione ma potranno stringersi la mano perchè sono d' accordo sulla fonte del proprio disaccordo.
[E' lo stesso motivo per cui se Giovanni si sente infallibile troverà il modo di scommettere con il Giuseppe che si sente infallibile, anche se entrambi sono e si riconoscono individui razionali]
In effetti se Giovanni e Giuseppe si ritengono infallibili, eludono il teorema di Aumann e si presentano al pubblico come due persone perfettamente razionali che hanno concluso una discussione mantenendo il proprio disaccordo.
Possiamo considerare due persone del genere piuttosto "presuntuose"? Beh, direi di sì.
Mi sembra di poter chiudere affermando che la maggior parte dei disaccordi deriva da insincerità e da presunzione.
Sai che scoperta.
E la cura?
L' introspezione è l' unica che mi viene in mente.
POSTILLA
La Chiesa Cattolica nel postulare l' infallibilità papale è presuntuosa?
Sembrerebbe proprio di sì.
Ma faccio notare solo un elemento a discarico: il teorema di Aumann è eluso da chi postula la propria infallibilità ma non per questo disdegna l' infallibilità in quanto tale.
Anzi, il terema di Auman ci dice che una volta concluse le discussioni avremo a disposizione una verità determinata in modo infallibile.
O meglio, ci si è avvicinati alla verità il più possibile, il che lo possiamo questa volta affermare in modo infallibile e concordemente. Non è certo presuntuoso usare qui quell' aggettivo!
Certo, occorre avere un briciolo di fede nel fatto che la ragione umana, se correttamente esercitata, possa avvicinarsi alla verità.
Certo, bisogna che si chiuda la "Discussione Universale" e che convergano, come necessariamente devono convergere, tutte le opinioni degli uomini ragionevoli.
Ma il Papa non è a capo del "cattolicesimo"? Ma "Cattolico" non significa proprio "universale"?
Bene, spero che questi siano indizi che ci consentano di elaborare un' interpretazione feconda del termine "infallibile", sarebbe un' interpretazione facilmente comprensibile alla ragione ma soprattutto alternativa ad un' interpretazione ben più problematica.
Un link con link interessanti: http://www.overcomingbias.com/2006/12/agreeing_to_agr.html
venerdì 22 ottobre 2010
L' invenzione del progresso
La teologia razionale sta al cuore della teologia cristiana, cio' ha comportato un' idea veramente rivoluzionaria, quella secondo cui dall' applicazione della ragione alle Sacre Scritture sarebbe derivato un progresso teologico... Un assioma fondamentale della teologia cristiana afferma che col tempo si puo' ottenere una maggior comprensione di Dio e che persino dottrine ben radicate possono subire profonde revisioni. Interpretazioni si sono spesso evolute in modo ampio e marcato. Per esempio, nella Bibbia non è presente un' esplicita condanna dell' astrologia, anzi la storia dei Magi che seguono la stella sembra suggerire la sua validità. Eppure nel V secolo Agostino dedusse che l' astrologia fosse falsa perchè... contraria al libero arbitrio... Allo stesso modo molti dei primi cristiani, compreso l' apostolo Paolo, accettavano il fatto che Gesù avesse fratelli... prestare soldi ad interesse era dapprima una pratica che molti cristiani bollavano come immorale... menti eccelse potevano, e spesso fecero, alterare di molto o persino capovolgere la dottrina della Chiesa, solamente sulla base di ragionamenti convincenti... I teologi scolastici nutrivano molta più fiducia nella ragione che i filosofi contemporanei... anche se non mancò chi accordasse più fiducia al misticismo e all' esperienza spirituale... ironicamente chi sostenne questa posizione in modo più ispirato [Bernardo di Chiaravalle] espresse le sue opinioni attraverso un discorso ragionato con chiarezza cristallina... il fatto stesso che possediamo la nozione di Progresso dimostra in quale misura siamo influenzati dal cristianesimo... una prerogativa che risuona nelle parole di Gille de Tournai: "mai troveremo la verità se ci accontentiamo di cio' che è già stato trovato... coloro che scrissero prima di noi non erano padroni infallibili, ma guide... la verità è offerta a tutti... essa non è mai stata interamente posseduta"... Il cristiano immagina Dio come un essere razionale che crede nel progresso umano e che rivela se stesso più a fondo quando gli uomini acquistano la capacità di comprendere meglio... inoltre, dal momento che Dio è un essere reazionale e che l' universo è una sua personale creazione, esso possiede necessariamente una struttura razionale, legittima e stabile che attende sempre migliore comprensione umana... questa fu la chiave di molte imprese intellettuali tra cui la nascita della scienza..."
Rodney Stark - La vittoria della ragione -
Rodney Stark - La vittoria della ragione -
giovedì 21 ottobre 2010
Santa "Maria", patrona di tutte le bambine
Forse che le donne hanno sul lavoro rendimenti inferiori perchè scarsamente idenee a misurarsi in un clima competitivo?
Qualcuno dice di sì.
Ma ora, almeno nel mondo degli studenti, possiamo integrare quanto sappiamo con ulteriori suggerimenti...
"... If we tell the students that the competition is “not a race,” or if we use language arts questions instead of math questions, then we find no evidence of a male advantage in any round of competition... This suggests that the existence of the male advantage depends crucially on the framing of the competition as a race, and only exists for certain tasks..."
http://www.voxeu.org/index.php?q=node/5697
Resta da capire come dissociare credibilmente la "competition" dalla "race" affinchè le disposizioni femminili non siano da ostacolo alla resa finale.
Faccio due osservazioni:
1. la "competition" è anche una "race", inutile giraci intorno tentando di pervertire il linguaggio a fin di bene.
2. chiunque abbia fatto sport agonistici sa che la gara non deprime alcuni ed esalta altri, l' ansia da prestazione è negativa per tutti; piuttosto, ci sono alcuni particolarmente dotati di sangue freddo che sanno estraniarsi dal clima agonistico e giocano i punti decisivi con la scioltezza di quando sono in allenamento.
Il punto 1 ci consiglia di non affidarci troppo alla mossa che farebbe passare per vero cio' che sappiamo essere falso. Pervertire il linguaggio è un vicolo cieco, oltre a disturbare chi al linguaggio ci tiene.
La freddezza di cui al punto 2, invece, possiamo anche chiamarla "cultura della competizione".
Bene, detto tutto questo possiamo affermare che, a quanto pare, nelle donne non manca l' essenziale, manca invece una "cultura" idonea.
La cosa non mi sorprende visto che da sempre si spara a palle incatente conto la "cultura della competitività", fonte perenne di stress e altri malesseri, quando non addirittura portato ed emblema della società maschilista.
Si potrebbe concludere provocatoriamente che l' odiosa Maria (De Filippi) di Amici giova alla formazione delle ragazzine - le donne del futuro - più che l' imbonimento che viene dalla "cultura del privilegio dovuto", quella che batte di continuo su "discriminazione subita" e "compensazione dovuta".
Qualcuno dice di sì.
Ma ora, almeno nel mondo degli studenti, possiamo integrare quanto sappiamo con ulteriori suggerimenti...
"... If we tell the students that the competition is “not a race,” or if we use language arts questions instead of math questions, then we find no evidence of a male advantage in any round of competition... This suggests that the existence of the male advantage depends crucially on the framing of the competition as a race, and only exists for certain tasks..."
http://www.voxeu.org/index.php?q=node/5697
Resta da capire come dissociare credibilmente la "competition" dalla "race" affinchè le disposizioni femminili non siano da ostacolo alla resa finale.
Faccio due osservazioni:
1. la "competition" è anche una "race", inutile giraci intorno tentando di pervertire il linguaggio a fin di bene.
2. chiunque abbia fatto sport agonistici sa che la gara non deprime alcuni ed esalta altri, l' ansia da prestazione è negativa per tutti; piuttosto, ci sono alcuni particolarmente dotati di sangue freddo che sanno estraniarsi dal clima agonistico e giocano i punti decisivi con la scioltezza di quando sono in allenamento.
Il punto 1 ci consiglia di non affidarci troppo alla mossa che farebbe passare per vero cio' che sappiamo essere falso. Pervertire il linguaggio è un vicolo cieco, oltre a disturbare chi al linguaggio ci tiene.
La freddezza di cui al punto 2, invece, possiamo anche chiamarla "cultura della competizione".
Bene, detto tutto questo possiamo affermare che, a quanto pare, nelle donne non manca l' essenziale, manca invece una "cultura" idonea.
La cosa non mi sorprende visto che da sempre si spara a palle incatente conto la "cultura della competitività", fonte perenne di stress e altri malesseri, quando non addirittura portato ed emblema della società maschilista.
Si potrebbe concludere provocatoriamente che l' odiosa Maria (De Filippi) di Amici giova alla formazione delle ragazzine - le donne del futuro - più che l' imbonimento che viene dalla "cultura del privilegio dovuto", quella che batte di continuo su "discriminazione subita" e "compensazione dovuta".
Perdere gli occhi e recuperarli
oops from Chris Beckman on Vimeo.
Il Cattolico Borghese
"L' idea che il buon funzionamento di un' economia di mercato e di uno stato di diritto si regge anche su precisi presupposti morali è parte integrante di un' antica tradizione del pensiero liberale. Il rispetto per i diritti di proprietà, il mantenimento della parola data e degli impegni presi devono discendere dai valori della persona prima ancora che dagli incentivi a cui è sottoposta. Senza questo presupposto, difficilmente un sistema di libero scambio potrebbe funzionare..."
Guido Tabellini - prefazione a "Il buono dell' economia"
Sincerità e Proprietà sono l' architrave dell' etica borghese.
Ed ecco allora profilarsi la miglior definizione di laicità che un cattolico dovrebbe avere a cuore e sponsorizzare con passione: tutelare attraverso la legge i valori che il cattolico spartisce con il borghese lasciando che tutto il resto della sua morale sia mantenuto a debita distanza dalla politica.
Guido Tabellini - prefazione a "Il buono dell' economia"
Sincerità e Proprietà sono l' architrave dell' etica borghese.
Ed ecco allora profilarsi la miglior definizione di laicità che un cattolico dovrebbe avere a cuore e sponsorizzare con passione: tutelare attraverso la legge i valori che il cattolico spartisce con il borghese lasciando che tutto il resto della sua morale sia mantenuto a debita distanza dalla politica.
mercoledì 20 ottobre 2010
Un gran Sgnore del Rinascimento
Non mi riferisco a uno Sforza, non alludo a un Medici.
Parlo del LIUTO, quella specie di chitarrone.
La magnificenza decotrativa della musica rinascimentale ha una genesi che merita di essere indagata, magari per comprendere meglio i misteriosi meccanismi dell' evoluzione.
Si parta con il concentrarsi su una strana bestia che a quel tempo scorazzava un po' ovunque circondata da tutti i fronzoli che generava. Parlo del liuto, per l' appunto.
Una bestia piuttosto modesta: suono debole, risonanza fessa... eppure, state a sentire.
D' istinto siamo portati a credere che gli abbellimenti lussureggianti della musica di quel tempo fossero una specie di omaggio all' abbondanza del Principe, pensiamo che riflettano la rigogliosa vitalità cortigiana.
Forse invece l' origine per il gusto dell' ornamento va cercata proprio nella natura striminzita di uno strumento poco "dotato" come il liuto.
Dall' angusta bocca del cordofono la melodia esce impoverita, poco più di un' idea, praticamente un' astrazione.
Dopo l' unghiata iniziale il liutista perde ogni controllo espressivo sul suono che riverbererà poi per conto suo fino a perdersi.
Un liuto non "canterà" mai come un violino, come una tromba, come un oboe. Non modulerà mai come la voce umana, e nemmeno urlerà le sue passioni come una chitarra elettrica.
Rivolgersi alla concorrenza consentirà al musicista un controllo totale e costante del suono, dall' attacco iniziale fino al silenzio che prima o poi inghiotte ogni cosa. Il liuto, per contro, toglie allo strumentista ogni potere espressivo fin da subito dopo l' "attacco": un terribile destino ma anche una sfida eccitante per compositori e musicisti dell' epoca.
E' come quando sulla Settimana Enigmistica uniamo i puntini per ottenere un disegno: difficile che riusciremo mai a tratteggiare dei capolavori!
Descritta la sfida, vediamo ora come fu vinta; descritto l' ambiente, veniamo ora all' adattamento.
Comiciò a svilupparsi uno strano organismo: la tecnica compositiva del "diminuito". Consisteva nell' abbellire la melodia di partenza arricchendola di particolari periferici, accellerando l' esposizione, segmentando i nuclei e accorciando i valori ritmici confidando nel fatto che i lineamenti originali della melodia stessa permanessero nell' orecchio dell' ascoltatore.
Con questo stratagemma si moltiplicavano le note da suonare, si moltiplicavano gli "attacchi" da prendere e si rinforzava quindi la densità espressiva della musica. Più buchi si tappavano, più le tare del liuto venivano occultate.
Nasce l' "ornamento" fronzoluto tipico del rinascimento.
Com' è strana l' evoluzione, com' è controintuitiva: noi crediamo che un gusto produca una certa musica, invece forse sono le caratteristiche di uno strumento che producono certa musica che produce un gusto.
Veniamo ora agli esempi in corpore vivi.
Mi avvalgo del più grande liutista contemporaneo: Rolf Lislevand. La sua tecnica sopraffina, la sua verve punkettona, la sua fantasia improvvisativa ma soprattutto una partitura "adeguata" lo aiutano a superare magnificamente il rachitismo congenito del Signore per eccellenza della musica rinascimentale.
Il cd da cui attingo è: "Diminuito" (ECM)
p.s. il post è dedicato a Mauro, mitico liutista rockettaro del Bell' Umore!
Parlo del LIUTO, quella specie di chitarrone.
La magnificenza decotrativa della musica rinascimentale ha una genesi che merita di essere indagata, magari per comprendere meglio i misteriosi meccanismi dell' evoluzione.
Si parta con il concentrarsi su una strana bestia che a quel tempo scorazzava un po' ovunque circondata da tutti i fronzoli che generava. Parlo del liuto, per l' appunto.
Una bestia piuttosto modesta: suono debole, risonanza fessa... eppure, state a sentire.
D' istinto siamo portati a credere che gli abbellimenti lussureggianti della musica di quel tempo fossero una specie di omaggio all' abbondanza del Principe, pensiamo che riflettano la rigogliosa vitalità cortigiana.
Forse invece l' origine per il gusto dell' ornamento va cercata proprio nella natura striminzita di uno strumento poco "dotato" come il liuto.
Dall' angusta bocca del cordofono la melodia esce impoverita, poco più di un' idea, praticamente un' astrazione.
Dopo l' unghiata iniziale il liutista perde ogni controllo espressivo sul suono che riverbererà poi per conto suo fino a perdersi.
Un liuto non "canterà" mai come un violino, come una tromba, come un oboe. Non modulerà mai come la voce umana, e nemmeno urlerà le sue passioni come una chitarra elettrica.
Rivolgersi alla concorrenza consentirà al musicista un controllo totale e costante del suono, dall' attacco iniziale fino al silenzio che prima o poi inghiotte ogni cosa. Il liuto, per contro, toglie allo strumentista ogni potere espressivo fin da subito dopo l' "attacco": un terribile destino ma anche una sfida eccitante per compositori e musicisti dell' epoca.
E' come quando sulla Settimana Enigmistica uniamo i puntini per ottenere un disegno: difficile che riusciremo mai a tratteggiare dei capolavori!
Descritta la sfida, vediamo ora come fu vinta; descritto l' ambiente, veniamo ora all' adattamento.
Comiciò a svilupparsi uno strano organismo: la tecnica compositiva del "diminuito". Consisteva nell' abbellire la melodia di partenza arricchendola di particolari periferici, accellerando l' esposizione, segmentando i nuclei e accorciando i valori ritmici confidando nel fatto che i lineamenti originali della melodia stessa permanessero nell' orecchio dell' ascoltatore.
Con questo stratagemma si moltiplicavano le note da suonare, si moltiplicavano gli "attacchi" da prendere e si rinforzava quindi la densità espressiva della musica. Più buchi si tappavano, più le tare del liuto venivano occultate.
Nasce l' "ornamento" fronzoluto tipico del rinascimento.
Com' è strana l' evoluzione, com' è controintuitiva: noi crediamo che un gusto produca una certa musica, invece forse sono le caratteristiche di uno strumento che producono certa musica che produce un gusto.
Veniamo ora agli esempi in corpore vivi.
Mi avvalgo del più grande liutista contemporaneo: Rolf Lislevand. La sua tecnica sopraffina, la sua verve punkettona, la sua fantasia improvvisativa ma soprattutto una partitura "adeguata" lo aiutano a superare magnificamente il rachitismo congenito del Signore per eccellenza della musica rinascimentale.
Il cd da cui attingo è: "Diminuito" (ECM)
p.s. il post è dedicato a Mauro, mitico liutista rockettaro del Bell' Umore!
martedì 19 ottobre 2010
Università in subbuglio
Università: tempo di riforma, tempo di manifestazioni.
Anche stamattina, un po' ovunque, Università in subbuglio.
Da dove partire per capirci qualcosa senza perdere troppo tempo? Avanzo una proposta.
Ma è poi vero che l' Italia mette poche risorse nella sua Università? La spesa per studente sembrerebbe appoggiare quasta recriminazione ma Roberto Perotti ha scritto un libro, - L' Università truccata - che piace tanto alla Destra ma che dovrebbe leggere anche la Sinistra, in cui si fa notare come, considerando solo gli studenti che frequentano, la spesa per singolo studente balza ai primi posti. Se poi vogliamo dare peso alla spesa per laureato, allora le cose peggiorano ulteriormente; notiamo infatti l' estrema improduttività dei fondi stanziati dal nostro paese nell' istruzione superiore. Qualcuno è autorizzato a trarre considerazioni paradossali: l' Italia spende poco per l' Università ma, se operasse oculatamente, dovrebbe spendere ancor meno per evitare di buttare risorse in un pozzo nero. Una conclusione più meditata ci porta a dire invece che l' Italia spende poco ma è bene che lo sforzo prioritario in questo campo sia innanzitutto quello di migliorare l' efficienza della spesa. Le lamentele dei Rettori hanno un senso ma nel nostro Paese non appaiono certo prioritarie prioritarie.
Luca Ricolfi - Illusioni italiche
Anche stamattina, un po' ovunque, Università in subbuglio.
Da dove partire per capirci qualcosa senza perdere troppo tempo? Avanzo una proposta.
Ma è poi vero che l' Italia mette poche risorse nella sua Università? La spesa per studente sembrerebbe appoggiare quasta recriminazione ma Roberto Perotti ha scritto un libro, - L' Università truccata - che piace tanto alla Destra ma che dovrebbe leggere anche la Sinistra, in cui si fa notare come, considerando solo gli studenti che frequentano, la spesa per singolo studente balza ai primi posti. Se poi vogliamo dare peso alla spesa per laureato, allora le cose peggiorano ulteriormente; notiamo infatti l' estrema improduttività dei fondi stanziati dal nostro paese nell' istruzione superiore. Qualcuno è autorizzato a trarre considerazioni paradossali: l' Italia spende poco per l' Università ma, se operasse oculatamente, dovrebbe spendere ancor meno per evitare di buttare risorse in un pozzo nero. Una conclusione più meditata ci porta a dire invece che l' Italia spende poco ma è bene che lo sforzo prioritario in questo campo sia innanzitutto quello di migliorare l' efficienza della spesa. Le lamentele dei Rettori hanno un senso ma nel nostro Paese non appaiono certo prioritarie prioritarie.
Luca Ricolfi - Illusioni italiche
lunedì 18 ottobre 2010
I due popoli della rete: barbari e mafiosetti
Lui dona a Lei un anello di brillanti dal valore considerevole. E' un anello di fidanzamento e vuole andare sul sicuro, presto si sposeranno. Auguri.
In questi casi, tutti converranno, il fatto che si tratti di pietre di valore viene ben prima del giudizio circa la loro "bellezza".
Se per qualsiasi ragione il valore dei brillanti sul mercato collassasse, Lui non avrebbe più motivo per acquistare un anello del genere. Ciascuno lo capisce, perchè ciascuno capisce che con quell' anello si intende "segnalare" un impegno prima ancora che un gusto estetico.
La vita è così, gran parte di cio' che facciamo non lo facciamo perchè intendiamo farlo ma piuttosto perchè vogliamo, facendo quella cosa, "lanciare segnali".
A volte persino chi soffre di mal di mare è disposto a comprarsi uno yacht pur di "segnalare" il proprio status economico.
Spendiamo somme da capogiro in farmaci inutili perchè segnalare la cura che abbiamo per noi stessi e per chi ci sta vicino ci rende più affidabili. Non farlo, per quanto razionale, ci sembrerebbe primitivo.
Bene, con questa breve introduzione spero si sia capito il concetto di "segnale".
Lo stesso fenomeno infatti si riscontra quando discutiamo, tra i dialoganti ci sono almeno due categorie di persone: chi simpatizza con Giovanni e chi con Mauro.
Giovanni quando apre bocca è per dire qualcosa della cui verità è convinto.
La propensione di Mauro è diversa: le sue affermazioni in genere sono buttate lì per lanciare dei segnali.
Potremmo forse dire che Giovanni è di un candore barbaro mentre Mauro è uno smaliziato mafiosetto interessato al messaggio trasversale.
Giovanni quando parla si appassiona alla verità, Mauro alle conseguenze.
Per Giovanni la cura del linguaggio è un' ossessione, la verità richiede nitore e sottigliaezza, la vaga ambiguità delle sfumature mina la chiarezza.
Per Mauro la cura del linguaggio è secondaria, cio' che conta è l' effetto: usare certe parole piuttosto che altre in fondo è indifferente, anche la precisione nei termini è trascurabile, l' importante è catturare la preda e a volte un po' di confusione puo' far gioco.
Giovanni odia le distorsioni tipiche del politically correct, Mauro vi ricorre di continuo per arginare taluni effetti collaterali che potrebbero risultare offensivi.
Giovanni riceve un linguaggio dalla tradizione e vi si adegua, un linguaggio condiviso è il miglior modo per mettersi in comunicazione con l' Altro.
Mauro invece vede il linguaggio come una gabbia, lo forza da tutti i lati, lo piega a fin di bene, lo perverte per conseguire i suoi obiettivi. Restare concentrati sul proprio obiettivo è fondamentale, l' Altro e la comunicazione vengono rilegati sullo sfondo.
[... quando Alessio Burtone ha saputo che l' infermiera rumena Maricica Hahaianu era deceduta, ha commentato: "sono stato sfortunato". Giovanni si è dichiarato d' accordo con lui, Mauro a momenti gli salta al collo...].
Inutile aggiungere che quando Giovanni e Mauro s' incontrano danno spesso vita ad un dialogo tra sordi, a meno che non si riconoscano ("ah, ma tu sei Giovanni detto il barbaro", "già, e tu sei Mauro il mafiosetto"...).
Nella vita tutti noi riceviamo pressioni e finiamo inevitabilmente per agire come Mauro, a volte non farlo sarebbe a dir poco riprovevole.
Ma la rete ci dà una grande possibilità: recuperare per un attimo il Giovanni che è in noi. In fondo la rete è una realtà virtuale, non viviamo lì la nostra vita e l' esigenza di "segnalare" si affievolisce.
E' un peccato che molti, avendo troppo frequentato il Mauro che è in loro, ormai non se ne sappiano più liberare e neanche quando si tuffano e nuotano nel mare anonimo e virtuale di internet cessano dall' esigenza di "segnalare" a destra e a manca come se fossero nella piazza del loro paesello.
P.S. per appellare i due popoli ho utilizzato due epiteti (barbari & mafiosetti) che, sebbene ne abbia specificato analiticamente il significato, potrebbero apparire offensivi. Ebbene, se è passato il concetto che volevo far passare, si sarà capito che solo da Mauro ci si puo' aspettare il broncio: a lui gli eventuali segnali, per quanto vaghi, interessano più che il senso proprio delle parole. Ma non dovrebbe offendersi visto che io simpatizzo, almeno qui in rete, per Giovanni , ed ambisco parlare come lui.
In questi casi, tutti converranno, il fatto che si tratti di pietre di valore viene ben prima del giudizio circa la loro "bellezza".
Se per qualsiasi ragione il valore dei brillanti sul mercato collassasse, Lui non avrebbe più motivo per acquistare un anello del genere. Ciascuno lo capisce, perchè ciascuno capisce che con quell' anello si intende "segnalare" un impegno prima ancora che un gusto estetico.
La vita è così, gran parte di cio' che facciamo non lo facciamo perchè intendiamo farlo ma piuttosto perchè vogliamo, facendo quella cosa, "lanciare segnali".
A volte persino chi soffre di mal di mare è disposto a comprarsi uno yacht pur di "segnalare" il proprio status economico.
Spendiamo somme da capogiro in farmaci inutili perchè segnalare la cura che abbiamo per noi stessi e per chi ci sta vicino ci rende più affidabili. Non farlo, per quanto razionale, ci sembrerebbe primitivo.
Bene, con questa breve introduzione spero si sia capito il concetto di "segnale".
Lo stesso fenomeno infatti si riscontra quando discutiamo, tra i dialoganti ci sono almeno due categorie di persone: chi simpatizza con Giovanni e chi con Mauro.
Giovanni quando apre bocca è per dire qualcosa della cui verità è convinto.
La propensione di Mauro è diversa: le sue affermazioni in genere sono buttate lì per lanciare dei segnali.
Potremmo forse dire che Giovanni è di un candore barbaro mentre Mauro è uno smaliziato mafiosetto interessato al messaggio trasversale.
Giovanni quando parla si appassiona alla verità, Mauro alle conseguenze.
Per Giovanni la cura del linguaggio è un' ossessione, la verità richiede nitore e sottigliaezza, la vaga ambiguità delle sfumature mina la chiarezza.
Per Mauro la cura del linguaggio è secondaria, cio' che conta è l' effetto: usare certe parole piuttosto che altre in fondo è indifferente, anche la precisione nei termini è trascurabile, l' importante è catturare la preda e a volte un po' di confusione puo' far gioco.
Giovanni odia le distorsioni tipiche del politically correct, Mauro vi ricorre di continuo per arginare taluni effetti collaterali che potrebbero risultare offensivi.
Giovanni riceve un linguaggio dalla tradizione e vi si adegua, un linguaggio condiviso è il miglior modo per mettersi in comunicazione con l' Altro.
Mauro invece vede il linguaggio come una gabbia, lo forza da tutti i lati, lo piega a fin di bene, lo perverte per conseguire i suoi obiettivi. Restare concentrati sul proprio obiettivo è fondamentale, l' Altro e la comunicazione vengono rilegati sullo sfondo.
[... quando Alessio Burtone ha saputo che l' infermiera rumena Maricica Hahaianu era deceduta, ha commentato: "sono stato sfortunato". Giovanni si è dichiarato d' accordo con lui, Mauro a momenti gli salta al collo...].
Inutile aggiungere che quando Giovanni e Mauro s' incontrano danno spesso vita ad un dialogo tra sordi, a meno che non si riconoscano ("ah, ma tu sei Giovanni detto il barbaro", "già, e tu sei Mauro il mafiosetto"...).
Nella vita tutti noi riceviamo pressioni e finiamo inevitabilmente per agire come Mauro, a volte non farlo sarebbe a dir poco riprovevole.
Ma la rete ci dà una grande possibilità: recuperare per un attimo il Giovanni che è in noi. In fondo la rete è una realtà virtuale, non viviamo lì la nostra vita e l' esigenza di "segnalare" si affievolisce.
E' un peccato che molti, avendo troppo frequentato il Mauro che è in loro, ormai non se ne sappiano più liberare e neanche quando si tuffano e nuotano nel mare anonimo e virtuale di internet cessano dall' esigenza di "segnalare" a destra e a manca come se fossero nella piazza del loro paesello.
P.S. per appellare i due popoli ho utilizzato due epiteti (barbari & mafiosetti) che, sebbene ne abbia specificato analiticamente il significato, potrebbero apparire offensivi. Ebbene, se è passato il concetto che volevo far passare, si sarà capito che solo da Mauro ci si puo' aspettare il broncio: a lui gli eventuali segnali, per quanto vaghi, interessano più che il senso proprio delle parole. Ma non dovrebbe offendersi visto che io simpatizzo, almeno qui in rete, per Giovanni , ed ambisco parlare come lui.
sabato 16 ottobre 2010
Recensione al vangelo del 17-10-2010
Vangelo secondo Luca 6, 43-48
"In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda. / Perché mi invocate: “Signore, Signore!” e non fate quello che dico? Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene».
Altre letture.
Si coglie una presa di distanza dal protestantesimo e da una vita spirituale arginata nell' intimità. La fede cattolica deve evidentemente esplodere all' esterno e fruttificare anche nell' agone pubblico.
Ma oggi la fede fruttifica?
Il recente volume di Messrs - Putnam - Campbell - American Grace - ci rassicura sui buoni frutti di una fede salda:
"... religious people make better neighbors by almost every index. They are more generous, with both their time and money; more civically active, in community organizations and political reform; more trusting; more trustworthy; and even measurably happier. The only exception to this list of positive traits: religious people tend to be less tolerant of views that clash with their own. These results hold even when the authors control for such factors as gender, education, income, race, region and age..."
Il cattolico libertario ha poi buon gioco nell' accostare queste conclusioni all' importanza che rivestono per la vita personale il "senso" e la "libera scelta":
"...In the German panel, religious people (predominantly Christians, but including a Muslim minority) give higher priority to altruistic and family goals, and lower priority to success goals than nonbelievers. They also spend more time on volunteer activities. Many previous research reports have commented on the positive cross-sectional association between religious adherence and happiness... Life goals and choices have as much or more impact on life satisfaction than variables routinely described as important in previous research, including extroversion and being married or partnered..."
Sembrerebbe davvero non esserci nulla di meglio che una fede robusta vissuta come libera scelta.
Il mio consiglio: abiurare e riconvertirsi ogni giorno.
Fonte 1: http://online.wsj.com/article/SB10001424052748704696304575538230485331308.html
Fonte 2: http://www.bigquestionsonline.com/blogs/heather-wax/goals-religion-and-personal-choices-can-affect-long-term-happiness
"In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda. / Perché mi invocate: “Signore, Signore!” e non fate quello che dico? Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene».
Altre letture.
Si coglie una presa di distanza dal protestantesimo e da una vita spirituale arginata nell' intimità. La fede cattolica deve evidentemente esplodere all' esterno e fruttificare anche nell' agone pubblico.
Ma oggi la fede fruttifica?
Il recente volume di Messrs - Putnam - Campbell - American Grace - ci rassicura sui buoni frutti di una fede salda:
"... religious people make better neighbors by almost every index. They are more generous, with both their time and money; more civically active, in community organizations and political reform; more trusting; more trustworthy; and even measurably happier. The only exception to this list of positive traits: religious people tend to be less tolerant of views that clash with their own. These results hold even when the authors control for such factors as gender, education, income, race, region and age..."
Il cattolico libertario ha poi buon gioco nell' accostare queste conclusioni all' importanza che rivestono per la vita personale il "senso" e la "libera scelta":
"...In the German panel, religious people (predominantly Christians, but including a Muslim minority) give higher priority to altruistic and family goals, and lower priority to success goals than nonbelievers. They also spend more time on volunteer activities. Many previous research reports have commented on the positive cross-sectional association between religious adherence and happiness... Life goals and choices have as much or more impact on life satisfaction than variables routinely described as important in previous research, including extroversion and being married or partnered..."
Sembrerebbe davvero non esserci nulla di meglio che una fede robusta vissuta come libera scelta.
Il mio consiglio: abiurare e riconvertirsi ogni giorno.
Fonte 1: http://online.wsj.com/article/SB10001424052748704696304575538230485331308.html
Fonte 2: http://www.bigquestionsonline.com/blogs/heather-wax/goals-religion-and-personal-choices-can-affect-long-term-happiness
venerdì 15 ottobre 2010
Quanto sono libere le donne degli Amish?
RISPONDE CAPLAN: quanto le sgallettate di sex and the city.
RISPONDE WILKINSON: molto molto meno delle altre americane.
Lo so che viviamo in Italia e che una domanda del genere, per il bombardamento culturale a senso unico che subiamo, risulta strana.
Anche per questo considero solo le risposte di due libertari, faccio così perchè la loro idea di libertà è meno fumosa della nostra, la "libertà" per loro non è solo un vessillo che sventola qualsiasi sia il vento che soffi ma anche un concetto ben definito utilizzabile in una discussione sensata.
Ricordo solo che la società Amish è fortemente patriarcale e pacifista. Per il resto rinvio a Google.
La domanda potrebbe essere riformulata così: "la cultura puo' mai violentare qualcuno?"
La questione è importante, ci aiuta innanzitutto a capire quanto non sia affatto scontato stabilire se il progresso ci rende più liberi, o se le donne, per esempio, fossero più libere nel medioevo oppure oggi.
Ci aiuta anche a capire che molte battaglie condotte sotto la bandiera della "libertà" farebbero meglio a passare sotto altri stendardi.
Un link con altri link tanto per cominciare a inquadrare meglio i termini della questione. L' irritazione epidermica potrebbe far sfuggire il nocciolo della contesa.
Corollario: molti libertari considerano la donna americana del XIX secolo (gilded age) più libera della donna americana di oggi.
RISPONDE WILKINSON: molto molto meno delle altre americane.
Lo so che viviamo in Italia e che una domanda del genere, per il bombardamento culturale a senso unico che subiamo, risulta strana.
Anche per questo considero solo le risposte di due libertari, faccio così perchè la loro idea di libertà è meno fumosa della nostra, la "libertà" per loro non è solo un vessillo che sventola qualsiasi sia il vento che soffi ma anche un concetto ben definito utilizzabile in una discussione sensata.
Ricordo solo che la società Amish è fortemente patriarcale e pacifista. Per il resto rinvio a Google.
La domanda potrebbe essere riformulata così: "la cultura puo' mai violentare qualcuno?"
La questione è importante, ci aiuta innanzitutto a capire quanto non sia affatto scontato stabilire se il progresso ci rende più liberi, o se le donne, per esempio, fossero più libere nel medioevo oppure oggi.
Ci aiuta anche a capire che molte battaglie condotte sotto la bandiera della "libertà" farebbero meglio a passare sotto altri stendardi.
Un link con altri link tanto per cominciare a inquadrare meglio i termini della questione. L' irritazione epidermica potrebbe far sfuggire il nocciolo della contesa.
Corollario: molti libertari considerano la donna americana del XIX secolo (gilded age) più libera della donna americana di oggi.
giovedì 14 ottobre 2010
Quel femminismo che rende infelici
By many objective measures the lives of women in the United States have improved over the past 35 years, yet we show that measures of subjective well-being indicate that women’s happiness has declined both absolutely and relative to men. The paradox of women’s declining relative well-being is found across various datasets, measures of subjective well-being, and is pervasive across demographic groups and industrialized countries. Relative declines in female happiness have eroded a gender gap in happiness in which women in the 1970s typically reported higher subjective well-being than did men. These declines have continued and a new gender gap is emerging − one with higher subjective well-being for men.
Justin Wolfer - The Paradox of Declining Female Happiness
... e poi qualcuno ancora non riesce a spiegarsi la mossa disperata del "sessismo alla rovescia"!
Justin Wolfer - The Paradox of Declining Female Happiness
... e poi qualcuno ancora non riesce a spiegarsi la mossa disperata del "sessismo alla rovescia"!
Dalla burocrazia alla burogamia
The guardians of feminist purity are not amused by the idea of right-wing girl power. Rebecca Traister and Anna Holmes, for example, recently specified that members of the sisterhood may not oppose "reproductive rights" or "labor policies that would empower American women." They should be more open-minded.
Millions of women, for reasons of conscience, cannot bring themselves to support abortion on demand. According to a 2009 Gallup Poll, 49 percent of women are pro-life. Even if you are pro-choice (as I am), it is both unsisterly and impractical to organize a "women's" movement that excludes--and often demonizes--half of the American adult female population. After all, there are many other pressing issues: embattled women's groups in oppressive societies like Iran, Saudi Arabia, and the Congo are fighting barbaric practices such as child marriage, honor killing, stoning, and genital mutilation. If the women's movement would drop the purity test on abortion it would find millions of Catholic and evangelical women eager to join the next great wave of feminism: the emancipation of women in the developing world.
What about the empowering labor policies? Reasonable people disagree on which practices fit the bill. Traister and Holmes and their like-minded sisters are firm believers in "bureaugamy"--a term coined by the anthropologist Lionel Tiger to describe a society in which women are married to the state. The state provides child care, medical care, and an array of welfare services, and it mandates paid maternity leave, comparable worth, and gender quotas from the sports fields to the science labs, to the boardrooms and in the awarding of contracts. Conservative feminists are unconvinced that Uncle Sam is Mr. Right. They are suspicious of elaborate big-government "pro-woman" policies in advanced bureaugamies such as Norway and Sweden and think American women are faring as well or better in the workplace. For example, the World Economic Forum Corporate Gender Gap Report 2010 reports that a far higher percentage of American women hold managerial and executive positions than of Nordic women.
Conservative feminism is pro-woman but male-friendly. If boys are languishing academically, if blue-collar men lose most of the jobs in the recession, or if innocent young men are falsely accused of heinous crimes--as several members of the Duke University Lacrosse team were in 2006, with campus feminists at the head of the mob--conservative feminists will speak out on men's behalf. The feminists now in power in our universities and in Washington see the world differently--as a zero-sum struggle between men and women, in which their job is to fight for women. But that is not the attitude of most women, whether conservative or liberal in political outlook. Men are their fathers, brothers, husbands, and sons; when they are in trouble, so are the women who care about them and, in many cases, depend on them.
If conservative women wish to describe themselves as feminists, and if they offer a new model of women's empowerment that large numbers of American women find inspiring, even determined feminist bouncers like Traister and Holmes won't be able to keep them from the party
Christina Hoff Sommers - Slate
Ne approfitto per ricordare un altro recente contributo della Sommers apparso sul NYT: Fair Pay Is Not Always Equal Pay
Millions of women, for reasons of conscience, cannot bring themselves to support abortion on demand. According to a 2009 Gallup Poll, 49 percent of women are pro-life. Even if you are pro-choice (as I am), it is both unsisterly and impractical to organize a "women's" movement that excludes--and often demonizes--half of the American adult female population. After all, there are many other pressing issues: embattled women's groups in oppressive societies like Iran, Saudi Arabia, and the Congo are fighting barbaric practices such as child marriage, honor killing, stoning, and genital mutilation. If the women's movement would drop the purity test on abortion it would find millions of Catholic and evangelical women eager to join the next great wave of feminism: the emancipation of women in the developing world.
What about the empowering labor policies? Reasonable people disagree on which practices fit the bill. Traister and Holmes and their like-minded sisters are firm believers in "bureaugamy"--a term coined by the anthropologist Lionel Tiger to describe a society in which women are married to the state. The state provides child care, medical care, and an array of welfare services, and it mandates paid maternity leave, comparable worth, and gender quotas from the sports fields to the science labs, to the boardrooms and in the awarding of contracts. Conservative feminists are unconvinced that Uncle Sam is Mr. Right. They are suspicious of elaborate big-government "pro-woman" policies in advanced bureaugamies such as Norway and Sweden and think American women are faring as well or better in the workplace. For example, the World Economic Forum Corporate Gender Gap Report 2010 reports that a far higher percentage of American women hold managerial and executive positions than of Nordic women.
Conservative feminism is pro-woman but male-friendly. If boys are languishing academically, if blue-collar men lose most of the jobs in the recession, or if innocent young men are falsely accused of heinous crimes--as several members of the Duke University Lacrosse team were in 2006, with campus feminists at the head of the mob--conservative feminists will speak out on men's behalf. The feminists now in power in our universities and in Washington see the world differently--as a zero-sum struggle between men and women, in which their job is to fight for women. But that is not the attitude of most women, whether conservative or liberal in political outlook. Men are their fathers, brothers, husbands, and sons; when they are in trouble, so are the women who care about them and, in many cases, depend on them.
If conservative women wish to describe themselves as feminists, and if they offer a new model of women's empowerment that large numbers of American women find inspiring, even determined feminist bouncers like Traister and Holmes won't be able to keep them from the party
Christina Hoff Sommers - Slate
Ne approfitto per ricordare un altro recente contributo della Sommers apparso sul NYT: Fair Pay Is Not Always Equal Pay
I miei 100 euro contro il fascismo
Sebbene i TG mi annoino, in passato ho nutrito una certa passione per le trasmissioni TV di aprofondimento. Era inevitabile che questo genere di programmi si presentassero con un taglio politico/culturale più o meno accentuato, sono quadri che necessitano pur sempre di cornice.
Li seguo da sempre, in particolare in questa tenebrosa ed ottenbrante stagione "berlusconiana". Dicono di stare all' erta e non mi sotteraggo ai miei compiti di cittadino diligente.
Aggiungono che il Berlusca con i suoi monopoli costituisca una vera minaccia per la democrazia, affermano con gravità che viviamo "tempi pericolosi". Il "fascismo mediatico", a quanto pare, incombe.
E così, per quel che possiamo, ci tocca vigilare.
Per la carta stampata le cose stanno un po' diversamente. Quando si parla di giornali nessuno arriva a stracciarsi le vesti: i giornali anti-berlusconiani sono in numero di gran lunga preponderante; almeno in quel settore non ci sono alchimie che riescano ad aggirare la palmare evidenza dei fatti.
Idem per la radio (a proposito, questo post è dedicato ad Antonella Rampino, divertente protagonista questa settimana di una delle conduzioni più allucinate di Prima Pagina che abbia mai ascoltato - Radio Tre... e dove se no?).
Ma alla TV?
La mia esperienza, se devo anticipare l' esito dell' introspezione personale, non è tanto quella di vivere "tempi pericolosi per l' informazione televisiva", quanto quella - un po' fastidiosa - di vivere al centro di un coro assordante di voci querule che denuciano i "tempi pericolosi" di cui sopra.
Ma qual è il taglio politico della trasmissione ics? Come possiamo isolare i suoi bias?
In questi casi la cosa più onesta è scommettere.
Scommettere, per esempio, sull' orientamento politico di chi quelle trasmissioni le mette insieme.
Andiamo sul concreto: una buona proxy potrebbe essere il voto preponderante del conduttore televisivo negli ultimi 10 anni in occasione delle elezioni politiche.
Prediction Market, direbbe il buon Robin Hanson. Non c' è niente di più affidabile: i soldi lavano via ogni tentazione ideologica e sbiadiscono il tifo che ci coglie ogni volta che la politica fa capolino.
Nel nostro caso si tratta di una fiction, visto che poi non abbiamo la possibilità di verificare alcunchè. L' unica cosa che posso dire è che si tratta di una fiction onesta e spero utile.
Vorrei anche dire che personalmente sono uno scommettitore pavido, mi piace pontificare ma quando si tratta di finanziare le mie idee mi viene il braccino, un motivo ci sarà. Eppure quando guardo la TV degli approfondimenti politico/culturali divento subito baldanzoso, sono immediatamente invaso da "certezze", mi sembra sempre di "aver capito" e i dubbi su dove investire i miei sudati cento euro si sciolgono facendo la fine che il poeta fa fare alle nevi dell' anno passato.
Scusate se semplifico con Destra/Sinistra ma la cosa spero sia sensata visto che un barlume di bipartitismo s' è intravisto anche da noi. Possiamo sostituire D/S con berlusconiano/anti-berlusconiano. Ma davanti all' imminente "stupro della democrazia dell' informazione politica", di fronte ad un fascismo mediatico già in atto, inutile sottilizzare, ci siamo capiti.
Veniamo adesso al sugo, ovvero a dove piazzare i 100 euro. Ebbene, procedo senza indugio:
Trasmissione:"Ballarò" (Floris) - Puntata: 100 euro su "Sinistra"
Anno Zero (Santoro) - Sinistra
Parla con me (Dandini) - Sinistra
L' ultima parola (Paragone) - Destra
Matrix (Vinci) - ? (non punto)
1/2 ora (Annunziata) - Sinistra
Otto e Mezzo (Gruber) - Sinistra
Presa diretta (Iacona) - Sinistra
Exit (D'Amico) - Sinistra
Report (Gabbanelli) - Sinistra
Che tempo che fa (Fazio) - Sinistra
Niente di personale (Piroso) - ? (non punto)
In Onda (Costamagna, Telese) - Sinistra
Rai News 24 (...) - Sinistra
Porta a Porta (Vespa) - ? (non punto nulla)
Primo Piano (Mannoni) - Sinistra
TG2 Dossier (Masi) - ? (non punto nulla)
L' Infedele (Lerner) - Sinistra
Invasioni Barbariche (Bignardi) - Sinistra
Agorà (Vianello) - Sinistra
Le Storie (Augias) - Sinistra
Come è d' abitudine nell' italietta post bellica, se mai ci fosse un pericolo "fascista" è quello rappresentato dall' affollamento bellicoso degli "anti-fascisti".
Certo, "io" non sono un campione statistico attendibile ma di Tv ne guardo parecchia, specie se di mezzo c' è la politica, e quando i risultati sono di questo tenore rinuncio senza sensi di colpa alle minuzie campionatorie.
Molti auto-proclamatisi guardiani della democrazia, almeno quelli più accorti, probabilmente vivono in stretto riserbo esperienze simili alle mie e di fronte all' evidenza di una guerra delle denunce già persa in partenza, hanno oculatamente spostato il tiro: "Berlusconi lava il cervello alle masse non con l' informazione politica bensì con Maria De Filippi e i suoi bisogni indotti".
Siccome Cartesio è il mio nume tutelare, cartesianamente prenderei in considerazione una "stronzata" - pardon, un problema - alla volta, per ora chiudo qui.
Li seguo da sempre, in particolare in questa tenebrosa ed ottenbrante stagione "berlusconiana". Dicono di stare all' erta e non mi sotteraggo ai miei compiti di cittadino diligente.
Aggiungono che il Berlusca con i suoi monopoli costituisca una vera minaccia per la democrazia, affermano con gravità che viviamo "tempi pericolosi". Il "fascismo mediatico", a quanto pare, incombe.
E così, per quel che possiamo, ci tocca vigilare.
Per la carta stampata le cose stanno un po' diversamente. Quando si parla di giornali nessuno arriva a stracciarsi le vesti: i giornali anti-berlusconiani sono in numero di gran lunga preponderante; almeno in quel settore non ci sono alchimie che riescano ad aggirare la palmare evidenza dei fatti.
Idem per la radio (a proposito, questo post è dedicato ad Antonella Rampino, divertente protagonista questa settimana di una delle conduzioni più allucinate di Prima Pagina che abbia mai ascoltato - Radio Tre... e dove se no?).
Ma alla TV?
La mia esperienza, se devo anticipare l' esito dell' introspezione personale, non è tanto quella di vivere "tempi pericolosi per l' informazione televisiva", quanto quella - un po' fastidiosa - di vivere al centro di un coro assordante di voci querule che denuciano i "tempi pericolosi" di cui sopra.
Ma qual è il taglio politico della trasmissione ics? Come possiamo isolare i suoi bias?
In questi casi la cosa più onesta è scommettere.
Scommettere, per esempio, sull' orientamento politico di chi quelle trasmissioni le mette insieme.
Andiamo sul concreto: una buona proxy potrebbe essere il voto preponderante del conduttore televisivo negli ultimi 10 anni in occasione delle elezioni politiche.
Prediction Market, direbbe il buon Robin Hanson. Non c' è niente di più affidabile: i soldi lavano via ogni tentazione ideologica e sbiadiscono il tifo che ci coglie ogni volta che la politica fa capolino.
Nel nostro caso si tratta di una fiction, visto che poi non abbiamo la possibilità di verificare alcunchè. L' unica cosa che posso dire è che si tratta di una fiction onesta e spero utile.
Vorrei anche dire che personalmente sono uno scommettitore pavido, mi piace pontificare ma quando si tratta di finanziare le mie idee mi viene il braccino, un motivo ci sarà. Eppure quando guardo la TV degli approfondimenti politico/culturali divento subito baldanzoso, sono immediatamente invaso da "certezze", mi sembra sempre di "aver capito" e i dubbi su dove investire i miei sudati cento euro si sciolgono facendo la fine che il poeta fa fare alle nevi dell' anno passato.
Scusate se semplifico con Destra/Sinistra ma la cosa spero sia sensata visto che un barlume di bipartitismo s' è intravisto anche da noi. Possiamo sostituire D/S con berlusconiano/anti-berlusconiano. Ma davanti all' imminente "stupro della democrazia dell' informazione politica", di fronte ad un fascismo mediatico già in atto, inutile sottilizzare, ci siamo capiti.
Veniamo adesso al sugo, ovvero a dove piazzare i 100 euro. Ebbene, procedo senza indugio:
Trasmissione:"Ballarò" (Floris) - Puntata: 100 euro su "Sinistra"
Anno Zero (Santoro) - Sinistra
Parla con me (Dandini) - Sinistra
L' ultima parola (Paragone) - Destra
Matrix (Vinci) - ? (non punto)
1/2 ora (Annunziata) - Sinistra
Otto e Mezzo (Gruber) - Sinistra
Presa diretta (Iacona) - Sinistra
Exit (D'Amico) - Sinistra
Report (Gabbanelli) - Sinistra
Che tempo che fa (Fazio) - Sinistra
Niente di personale (Piroso) - ? (non punto)
In Onda (Costamagna, Telese) - Sinistra
Rai News 24 (...) - Sinistra
Porta a Porta (Vespa) - ? (non punto nulla)
Primo Piano (Mannoni) - Sinistra
TG2 Dossier (Masi) - ? (non punto nulla)
L' Infedele (Lerner) - Sinistra
Invasioni Barbariche (Bignardi) - Sinistra
Agorà (Vianello) - Sinistra
Le Storie (Augias) - Sinistra
Come è d' abitudine nell' italietta post bellica, se mai ci fosse un pericolo "fascista" è quello rappresentato dall' affollamento bellicoso degli "anti-fascisti".
Certo, "io" non sono un campione statistico attendibile ma di Tv ne guardo parecchia, specie se di mezzo c' è la politica, e quando i risultati sono di questo tenore rinuncio senza sensi di colpa alle minuzie campionatorie.
Molti auto-proclamatisi guardiani della democrazia, almeno quelli più accorti, probabilmente vivono in stretto riserbo esperienze simili alle mie e di fronte all' evidenza di una guerra delle denunce già persa in partenza, hanno oculatamente spostato il tiro: "Berlusconi lava il cervello alle masse non con l' informazione politica bensì con Maria De Filippi e i suoi bisogni indotti".
Siccome Cartesio è il mio nume tutelare, cartesianamente prenderei in considerazione una "stronzata" - pardon, un problema - alla volta, per ora chiudo qui.
mercoledì 13 ottobre 2010
Come ripensare l' Africa e la schiavitù
... il set up di fondo lo diedero gli storici francesi...
... la curiosa alleanza tra "eurocentristi" e "terzomondisti"...
... ora alcune domande che s' impongono...
... così come s' impongono alcune risposte...
... ma veniamo alla parte più interessante...
... facciamo adesso una capatina oltre atlantico...
John Thornton - L' Africa e gli africani nella formazione del mondo atlantico - Il Mulino -
"... Pierre Chanu difese con vigore l' eurocentrismo degli
storici: a suo avviso, l' Europa ricopriva un ruolo guida sul resto del mondo,
una superiorità che traeva origine dalle complesse trasformazioni sociali del
Basso Medioevo. Queste trasformazioni consentirono agli europei di acquisire una
posizione straordinariamente dominante nel mondo, così dominante che, nel bene e
nel male, essi divennero i soli attori significativi... la dominazione europea
aveva radici nella superiorità dell' Europa, e se cio' fosse stato un bene o un
male non era rilevante per questionare il punto..."
... la curiosa alleanza tra "eurocentristi" e "terzomondisti"...
"... i movimenti nazionalisti dell' Africa e dell' America latina, come pure
i loro apologeti e storici per lo più d' impronta neo-marxista, nel complesso
continuavano a convenire sul fatto che il mondo non occidentale, inclusa l'
Africa, avesse svolto un ruolo passivo nello sviluppo delle relazioni atlantiche, sebbene la
prospettiva radicale e le simpatie terzomondiste rendessero questi studiosi
prossimi alla causa africana... la "passività" era compatibile con lo sfruttamento europeo del continente africano... per quanto riguarda le americhe si pose l' accento sulla durezza della schiavitù
subita dagli afroamericani, si rinforzò l' immagine dello schiavo inteso come
soggetto bisognoso d' aiuto e necessariamente passivo... anche la religione e la
cultura dei neri americano non poteva che essere spiegata a partire dalla
schiavitù...La convergenza con gli eurocentristi serviva per denunciare lo sfruttamento e
l' emarginazione delle popolazioni del Terzo Mondo..."
... ora alcune domande che s' impongono...
"E' corretto assegnare all' Africa uno sviluppo
inferiore rispetto all' Europa e indicare nello squilibrio che ne consegue la
causa della tratta degli schiavi? Gli africano parteciparono al commercio
internazionale come partner uguali o furono vittima dell' ingordigia europea?
Gli schiavi africano furono brutalizzati al punto da non potersi esprimere
culturalmente e socialmente?"
... così come s' impongono alcune risposte...
"... una seria ricerca porta a concludere che gli africani
parteciparono attivamente alla vita economica e culturale, sia per quanto
riguarda il commercio degli schiavi tra Africa ed Europa, sia come schiavi nel
Nuovo Mondo... "
... ma veniamo alla parte più interessante...
"l' analisi politico militare che mette a confronto Africa ed Europa fa emergere che erano... ancora...
i primi a fissare le modalità d' interazione con i secondi. Gli europei non
possedevano la forza militare necessaria per costringere gli africani a
partecipare a qualsivoglia commercio che i loro leader non avessero voluto
intraprendere... per questo motivo si puo' ipotizzare che l' intero commercio
africano con l' Atlantico, inclusa la tratta degli schiavi, sia stato
volontario..."
"... infine uno sguardo attento al commercio e al processo
di acquisizione degli schiavi dimostra, al contempo, che la schiavitù era una
pratica da sempre diffusa nelle società africane, che nel loro sistema giuridico
l' istituto della schiavitù era centrale e che un numero relativamente grande di
persone fu schiavo, per un certo periodo di tempo, almeno una volta nella
vita..."
"... siccome gran parte della tratta era nelle mani delle
elites africane, queste ultime furono in grado di proteggere se stesse dall'
impatto demografico e di canalizzare sui membri più poveri delle loro società le
implicazioni negative del fenomeno..."
... facciamo adesso una capatina oltre atlantico...
"... nel complesso le fonti supportano l' idea che un numero significativo
di schiavi abbiano posseduto una certa libertà di movimento e di interazione
sociale per partecipare attivamente alla vita culturale della regione..."
"... l' incidenza culturale dell' Europa sulla vita africana,
manifestatasi attraverso il cristiasnesimo, si registra prima in Africa e solo
successivamente nelle americhe. Percio', quello che gli africani hanno contratto
dagli europei l' hanno importato spesso di propria volontà, nei propri termini e
nei propri territori, e non sotto l' annichilente influenza della schiavitù. La
società africana era tutt' altro che passiva, bensì scossa da un dinamismo che
riuscì a trasferire successivamente anche oltre Atlantico"
John Thornton - L' Africa e gli africani nella formazione del mondo atlantico - Il Mulino -
martedì 12 ottobre 2010
Asilo Republic
Chiedo asilo
la radio della regressione di Cappa & Drago, Radio24, dal lun al ven, ore 16.45
Oggi, martedì, Kid Factor
VOTA SEBA
e il suo punk padano con "G'ho fame!"
Per Cappa & Drago vedi Istituto Barlumen
Ed emergenza fu
"... Quando i mass media s' intestardiscono su un' emergenza non c' è santo che tenga, tutti quanti tendiamo a crederci, nonostante l' evidenza contraria. E' capitato in questi anni a proposito dei morti sul lavoro: il massimo dell' attenzione dei media è coinciso con il minimo storico dei morti sul lavoro. Ed è capitato con il precariato: lo stereotipo del precariato cantato dai media, dai registi, dagli scrittori è il giovane co.co.co occupato in un call center. Ma i giovani occupati con questo genere di contratti sono l' 1% della forza lavoro totale. Anche il numero di contratti di lavoro a tempo determinato è inferiore a quello di Francia e Germania, molto inferiore a quello della Spagna. Il problema vero e drammatico è il cosiddetto "dualismo" del mercato del lavoro: gli iper-protetti e sindacalizzati che godono di tutele spesso eccessive, e gli ipo-protetti che godono di pochissime o nessuna tutela. Questa sì che è la vera anomalia rispetto agli altri paesi europei, altro che "precariato"! Tra le garanzie di cui godono i lavoratori pubblici e quelle di cui godono i lavoratori in nero c' è un abisso, ed è l' esistenza dei secondi a consentire l' esistenza dei primi, è l' esistenza dei primi a richiedere necessariamente l' esistenza dei secondi. Nessun paese ha lavoratori tanto inamovibili come da noi, nessun paese ha tanti lavoratori in nero quanto noi..."Ricolfi - Illusioni italiche.
Ma Ricolfi e la Redazione di Fahre votano per lo stesso partito?
Certo, capisco, il concetto di "dualismo" si presta malvolentieri al romanzesco, si cala con difficoltà nella docu-fiction.
Ma ve l' immaginate Michela Murgia scrivere un libro sulle ansie indotte dal... "dualismo"? Mezzo libro se ne andrebbe solo per capire cosa cavolo sia questo "dualismo".
No, no... non funzionerebbe. E allora, siccome il dualismo non puo' essere "cantato" da poeti lamentosi, allora non esiste..
Come per magia esiste solo il "precariato"... e Mandrake.
lunedì 11 ottobre 2010
Estremismo numerico
Con i numeri spesso si esagera. I governi si autoelogianoLuca Ricolfi - Illusioni italiche
parlando del recupero di evasione fiscale, la Polizia elenca con orgoglio la
refurtiva sequestrata... ma a volte i motivi delle esagerazioni sono meno palesi.
E' difficile sentire la Chiesa dire che i poveri stanno diminuendo; o sentire la
Fao dire che le persone scarsamente alimentate stanno calando; o l' Oms
minimizzare i rischi di una pandemia; o l' IPCC rassicurarci sul riscaldamento
climatico... Perchè la Caritas, nella conferenza stampa dell' 11.2.2010,
preferisce denunciare l' esistenza di 8 milioni di poveri piuttosto che dire le
cose come stanno, ovvero che i poveri in Italia non superano i 3 milioni? Una
risposta molto semplice è che le grandi istituzioni benefiche vivono di sussidi;
se vuoi massimizzare i sussidi devi convincere governi e privati dell' urgenza
del problema, amplificare le cifre è innanzitutto una strategia di fund raising.
Una seconda risposta è che spesso chi si sente paladino di una giusta causa
pensa che ingigantirne le dimensioni aiuti a sensibilizzare l' opinione pubblica
suscitando indignazione e rivolta morale... ma questo modo di procedere è molto
rischioso: innanzitutto altera le priorità in campo (le cause nobilissime
abbondano), poi perchè, proprio per "cambiare il mondo", sarebbe meglio darne
una rappresentazione fedele... da ultimo: non è che questa "bolla" del male
anzichè instillare una "rivolta morale" finisce per procurare
rassegnazione?
Mi raccomando, non pensiate che distorsioni numeriche in tema di povertà si presentino nella candida veste della "bugia".
Il demonio è più sofisticato e in questi casi diventa decisiva la perversione del linguaggio.
domenica 10 ottobre 2010
Laurie 2
Slip Away
What's this?
A little dust in my eye
Well I'm not the type to cry
It's four a.m.
I'm standing by the bed where you lie
Sleeping the sleep of the newborn
I put [my] finger to your lips.
Warm air.Five a.m.
You lift your hand and open it.
Then you slipped away.
You slipped away.
Oh death, that creep, that crooked jerk...
He comes, he comes walking.
He comes sneaking
Down that long irreversible hallway
Grabs you in your sleep
I walk outside to the parking lot.
Bright coins of water on the sidewalk.
Big white building where your body lies
Stands in the middle of the fields.
Icy air.
And after all the shocks the way the heart unlocks
And ooo we slip away.
We slip away.
I'm thinking about the way that lost things always come back
Looking like something else
A fishing pole, a shoe, an old shirt, a lucky day
Ooo then they slip away into the remains of the day
Ooo they slip away.
They slip away.
I'm thinking how you taught me how to win
And how to loose
And how to fight the crippling blues that
I was born with
Bad dreams and nightmares
Ooo they slip away.
Ooo they slip away into the remains of the day.
I know that sometime
I'll stop looking for you.
Stop seeing your face every day
Bad dreams and nightmares and big bad wolves
Ooo they slip away into the remains of the day
Ooo they slip away into the remains of the day
They slip away
You told me you had no idea how to die but
I saw
The way the light left your eyes
And after all the shocks the way the heart unlocks
And ooo then you slipped away.
You slipped away.
What's this?
A little dust in my eye
Well I'm not the type to cry
It's four a.m.
I'm standing by the bed where you lie
Sleeping the sleep of the newborn
I put [my] finger to your lips.
Warm air.Five a.m.
You lift your hand and open it.
Then you slipped away.
You slipped away.
Oh death, that creep, that crooked jerk...
He comes, he comes walking.
He comes sneaking
Down that long irreversible hallway
Grabs you in your sleep
I walk outside to the parking lot.
Bright coins of water on the sidewalk.
Big white building where your body lies
Stands in the middle of the fields.
Icy air.
And after all the shocks the way the heart unlocks
And ooo we slip away.
We slip away.
I'm thinking about the way that lost things always come back
Looking like something else
A fishing pole, a shoe, an old shirt, a lucky day
Ooo then they slip away into the remains of the day
Ooo they slip away.
They slip away.
I'm thinking how you taught me how to win
And how to loose
And how to fight the crippling blues that
I was born with
Bad dreams and nightmares
Ooo they slip away.
Ooo they slip away into the remains of the day.
I know that sometime
I'll stop looking for you.
Stop seeing your face every day
Bad dreams and nightmares and big bad wolves
Ooo they slip away into the remains of the day
Ooo they slip away into the remains of the day
They slip away
You told me you had no idea how to die but
I saw
The way the light left your eyes
And after all the shocks the way the heart unlocks
And ooo then you slipped away.
You slipped away.
sabato 9 ottobre 2010
Family Day
Renault: Meglio un'auto oggi che un figlio domani, sfigati!
Domani, tutti alla manifestazione contro la Renault e la pubblicità.
Forse ci sarà anche Bryan Caplan, per presentare il suo Selfish Reasons to Have More Kids (di prossima uscita).
Gli ultimi aggiornamenti sul dibattito figli/felicità, in questo breve articolo (The Atlantic Wire, 20 giugno 2010) che riassume sinteticamente le varie posizioni, linkando i riferimenti.
Interessanti anche le obiezioni a Caplan. Tipo:
If Bryan really thinks rising education, wealth, and gender equality have somehow made us worse at evaluating the costs and benefits of children, he probably ought to turn in his economist card.
Recensione al Vangelo del 10.10.2010
Vangelo secondo Matteo 10, 40-42
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
Altre letture.
Questa settimana è al centro il tema dell' "accoglienza". Mi viene in mente lo spinoso problema dell' immigrazione.
Una premessa: se la Chiesa avesse accolto tutto e tutti, non sarebbe durata due millenni ma un paio d' anni. La vulgata fondamentalista sul tema dell' accoglienza è piuttosto misticheggiante, se non pericolosa.
Come elaborare dunque il messaggio per estrarne un succo libertario che sia anche razionale e di buon senso?
Forse Dio ci parla raccomandandoci una strategia di vita improntata al tit for tat: fai in modo che il tuo primo approccio verso chiunque sia di accoglienza, resta in prima battuta sempre aperto all' altro, dài a tutti un' opportunità, e magari anche una seconda.
Mi sento di accettare questa lezione, ben sapendo che quanto più sarà perentoria la reazione al tradimento, tanto più la fiducia accordata in partenza potrà essere limpida e scevra da ogni pregiudizio.
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
Altre letture.
Questa settimana è al centro il tema dell' "accoglienza". Mi viene in mente lo spinoso problema dell' immigrazione.
Una premessa: se la Chiesa avesse accolto tutto e tutti, non sarebbe durata due millenni ma un paio d' anni. La vulgata fondamentalista sul tema dell' accoglienza è piuttosto misticheggiante, se non pericolosa.
Come elaborare dunque il messaggio per estrarne un succo libertario che sia anche razionale e di buon senso?
Forse Dio ci parla raccomandandoci una strategia di vita improntata al tit for tat: fai in modo che il tuo primo approccio verso chiunque sia di accoglienza, resta in prima battuta sempre aperto all' altro, dài a tutti un' opportunità, e magari anche una seconda.
Mi sento di accettare questa lezione, ben sapendo che quanto più sarà perentoria la reazione al tradimento, tanto più la fiducia accordata in partenza potrà essere limpida e scevra da ogni pregiudizio.
venerdì 8 ottobre 2010
Super Mario
Mario Vargas Llosa ha vinto il Nobel per la letteratura. Lo scrittore peruviano coltiva una passione politica mai sopita, spesso esterna sui media di tutto il mondo. Si è persino presentato alle elezioni.
La cosa, considerato anche il fresco Nobel, potrebbe far tremar le vene ai polsi di molti, invece:
"... difendo il capitalismo come sistema più efficiente e corretto rispetto al socialismo, come il modo migliore per salvaguardare la libertà delle persone. Vedo nella libera impresa il traino dello sviluppo, vedo nella "cultura del successo" un buon antidoto contro la "cultura del risentimento" e contro lo Stato invadente tanto caro ai pensatori che più combatto: marxisti e conservatori..."
Qualcuno puo' pensare che ne esca malconcia la teoria per cui il grande artista è sempre in affanno quando chiamato a farsi un quadro della società che lo accoglie.
Ma forse non è così, in fondo l' unico romanzo che ho preso in mano del buon Mario l' ho poi abbandonato in preda alla noia. Dopodichè tra noi non c' è stato più niente.
P.S. mi sia qui consentito ricordare, accanto a Super Mario, suo figlio Alvaro, una delle menti più brillanti del disgraziato continente latinoamericano.
La cosa, considerato anche il fresco Nobel, potrebbe far tremar le vene ai polsi di molti, invece:
"... difendo il capitalismo come sistema più efficiente e corretto rispetto al socialismo, come il modo migliore per salvaguardare la libertà delle persone. Vedo nella libera impresa il traino dello sviluppo, vedo nella "cultura del successo" un buon antidoto contro la "cultura del risentimento" e contro lo Stato invadente tanto caro ai pensatori che più combatto: marxisti e conservatori..."
Qualcuno puo' pensare che ne esca malconcia la teoria per cui il grande artista è sempre in affanno quando chiamato a farsi un quadro della società che lo accoglie.
Ma forse non è così, in fondo l' unico romanzo che ho preso in mano del buon Mario l' ho poi abbandonato in preda alla noia. Dopodichè tra noi non c' è stato più niente.
P.S. mi sia qui consentito ricordare, accanto a Super Mario, suo figlio Alvaro, una delle menti più brillanti del disgraziato continente latinoamericano.
giovedì 7 ottobre 2010
Il postgiudizio
Il fatto che il senso comune non sempre funzioni a dovere è una manna per gli scienziati sociali, e in particolare per i sociologi, che a quanto pare hanno maturato una speciale passione per le scoperte sorprendenti... Tuttavia, il caso più interessante è quello in cui succede esattamente l' inverso: lo studioso cerca di smentire le opinioni della gente, ma è lui che si sbaglia... puo' succedere infatti che il senso comune abbia sostanzialmente ragione e chi tenta di smontarne i pregiudizi abbia sostanzialmente torto... Facciamo un esempio: la gente crede che gli immigrati siano più pericolosi degli italiani e che gli immigrati irregolari siano particolarmente pericolosi. Politici e studiosi (non tutti naturalmente) si affannano a combattere questo "pregiudizio", considerato odioso e discriminatorio. Ma come stanno le cose? Il tasso di criminalità presso gli immigrati è tre volte e mezzo quello degli italiani... il tasso di criminalità presso gli irregolari è di 28 volte e mezzo quello degli italiani... A quanto pare non si tratta di "pregiudizi" ma di "postgiudizi".
Luca Ricolfi - Illusioni italiche -
Luca Ricolfi - Illusioni italiche -
mercoledì 6 ottobre 2010
Veli
L'articolo del Corriere della sera, che riprende un pezzo uscito il 29 settembre sul New York Times (linkato): le musulmane nelle scuole cattoliche, in Francia, per indossare il velo. qui
martedì 5 ottobre 2010
Declinazione di democrazia
Recensione al Vangelo del 3-10-2010
Mi piacerebbe spendere ogni settimana un paio di parole sul "Vangelo" che verrà commentato in Chiesa nel corso della liturgia domenicale. Una specie di rubrica fissa, e chi vuole prendere la staffetta si accomodi.
La mia non potrà mai essere una riflessione volta ad enfatizzare i valori evangelici nel quadro dell' Ortodossia, chi vuole ascoltare qualcosa del genere è giusto che vada a Messa.
Mi interessa piuttosto una breve analisi che consenta di vedere come una Voce tanto antica come quella delle Sacre Scritture sia in grado di stimolare anche l' intelligenza contemporanea e secolarizzata, a patto che quest' ultima sia disposta all' ascolto evitando la fuga nella caricatura.
Mi atterrò al rito ambrosiano, qui avete a disposizione la Parola di Domenica 3 Ottobre, val la pena di leggerla poichè in seguito ho intenzione di chiosare proprio quel testo.
Il Vangelo talvolta esprime messaggi dalla radicalità sconcertante, questo che abbiamo davanti è proprio un caso esemplare. Chiunque ascolta le parole di Luca reagisce d' istinto con un "ma non esagerari per favore!...".
A conferma che non siamo di fronte ad iperboli, il Celebrante ha ribadito che quelle parole che sembrano così sprezzanti nei confronti di ogni buon senso vadano intese alla lettera. Ha aggiunto, bontà sua, che nessuno di noi sarà mai all' altezza di osservare in simile comando, a meno che non sia assistito dalla Grazia.
In questo senso il Don che predicava coglie nel Vangelo una radicalità ancor più spinta di quella che ero pronto a concedere.
Secondo me, infatti, esistono non poche persone in grado di altruismi tanto estremi. Esistono eccome.
Forse nel loro caso la Grazia nemmeno è necessaria. Forse neanche il cattolicesimo è necessario per sviluppare un amore tanto ardente verso il prossimo (nemico compreso). Il comando dell' amore, poi, è comune a molte forme di spiritualità, anche anteriori al cristianesimo.
Cosa ci dice allora di specifico il cristianesimo? Qual è il ruolo della Grazia che anche una mente secolarizzata deve giocoforza ammettere?
Mi siano consentiti un paio di rilievi utili per la conclusione che seguirà.
Quando vedo una persona che "perdona ed aiuta il suo peggior nemico" non posso ancora dire di essere di fronte ad un altruista. Sembra strano ma se ci pensate bene è proprio così.
Quando sono davanti a chi licenzia i suoi dipendenti non posso ancora dire di essere di fronte ad un egoista.
Nel primo caso potrei avere a che fare con un esibizionista per cui il "perdono" offre un allettante palcoscenico; per lui non si tratta di un sacrificio bensì di un godimento, in questo caso l' atto di perdono potrebbe essere ricercato come forma di un po' perversa di piacere e quindi di egoismo.
Nel secondo caso potrei trovarmi di fronte ad una persona riluttante nel dar corso alla sua decisione ma consapevole di farlo per il bene dell' azienda ed in ultima analisi della società.
Questi sono due casi particolari che danno solo un' idea di quello che ho in mente.
Ma quello che ho in mente puo' essere illustrato in una forma più generale.
Gli economisti ipotizzano nei loro modelli che l' Uomo sia un egoista razionale. Sono forse degli scettici realisti? No, optano per quella soluzione solo perchè garantisce un' analisi più potente.
Fateci caso, i loro modelli sono in grado di non escludere pratiche altruistiche. I comportamenti altruistici, infatti, possono SEMPRE essere spiegati in termini egoistici.
Fatemi un esempio di gesta generose e vi riformulerò la storiella in termini egoistici. Nulla di più facile, basta fare delle assunzioni ad hoc sull' interiorità del protagonista.
In altre parole: l' altruismo è un modo dell' interiorità e non ha molto a che vedere con le azioni messe in campo; se ci limitassimo a quelle nulla vieterebbe di interpretarle in termini egoistici.
Ma chi ha accesso all' interiorità più recondita del nostro animo? Chi puo' giudicare se una pratica è egoista o altruista? Nessuno, a volte nemmeno l' interessato: chissà quante volte dietro un "Buono" si nasconde un "Narciso"! Chissà quante volte il "Narciso" si crede un "Buono"! Basta rinunciare all' introspezione per ingannarsi.
Nessuno, dunque. Tradotto nel linguaggio del cristianesimo: nessuno tranne Dio.
Tutto cio' ci porta allo specifico del cristianesimo: fai il bene e non giudicare.
La Grazia è concessa all' uomo per fare il bene ma non esiste per lui una Grazia sufficiente che lo renda in grado di giudicare il prossimo.
Ecco un messaggio, questo sì, che è solamente e autenticamente cristiano.
Mi sembra infine di poter dire che il Vangelo che abbiamo letto è da interpretare molto più come un' ingiunzione all' animo che non un invito a specifiche azioni. In questo senso e solo in questo senso il Cristiano parla dicendo parole che nessuno ha mai detto prima.
***
Bene, qualcuno ha forse voglia di prendere la staffetta e di commentare la Parola di settimana prossima e reperibile al link sopra?
La mia non potrà mai essere una riflessione volta ad enfatizzare i valori evangelici nel quadro dell' Ortodossia, chi vuole ascoltare qualcosa del genere è giusto che vada a Messa.
Mi interessa piuttosto una breve analisi che consenta di vedere come una Voce tanto antica come quella delle Sacre Scritture sia in grado di stimolare anche l' intelligenza contemporanea e secolarizzata, a patto che quest' ultima sia disposta all' ascolto evitando la fuga nella caricatura.
Mi atterrò al rito ambrosiano, qui avete a disposizione la Parola di Domenica 3 Ottobre, val la pena di leggerla poichè in seguito ho intenzione di chiosare proprio quel testo.
Il Vangelo talvolta esprime messaggi dalla radicalità sconcertante, questo che abbiamo davanti è proprio un caso esemplare. Chiunque ascolta le parole di Luca reagisce d' istinto con un "ma non esagerari per favore!...".
A conferma che non siamo di fronte ad iperboli, il Celebrante ha ribadito che quelle parole che sembrano così sprezzanti nei confronti di ogni buon senso vadano intese alla lettera. Ha aggiunto, bontà sua, che nessuno di noi sarà mai all' altezza di osservare in simile comando, a meno che non sia assistito dalla Grazia.
In questo senso il Don che predicava coglie nel Vangelo una radicalità ancor più spinta di quella che ero pronto a concedere.
Secondo me, infatti, esistono non poche persone in grado di altruismi tanto estremi. Esistono eccome.
Forse nel loro caso la Grazia nemmeno è necessaria. Forse neanche il cattolicesimo è necessario per sviluppare un amore tanto ardente verso il prossimo (nemico compreso). Il comando dell' amore, poi, è comune a molte forme di spiritualità, anche anteriori al cristianesimo.
Cosa ci dice allora di specifico il cristianesimo? Qual è il ruolo della Grazia che anche una mente secolarizzata deve giocoforza ammettere?
Mi siano consentiti un paio di rilievi utili per la conclusione che seguirà.
Quando vedo una persona che "perdona ed aiuta il suo peggior nemico" non posso ancora dire di essere di fronte ad un altruista. Sembra strano ma se ci pensate bene è proprio così.
Quando sono davanti a chi licenzia i suoi dipendenti non posso ancora dire di essere di fronte ad un egoista.
Nel primo caso potrei avere a che fare con un esibizionista per cui il "perdono" offre un allettante palcoscenico; per lui non si tratta di un sacrificio bensì di un godimento, in questo caso l' atto di perdono potrebbe essere ricercato come forma di un po' perversa di piacere e quindi di egoismo.
Nel secondo caso potrei trovarmi di fronte ad una persona riluttante nel dar corso alla sua decisione ma consapevole di farlo per il bene dell' azienda ed in ultima analisi della società.
Questi sono due casi particolari che danno solo un' idea di quello che ho in mente.
Ma quello che ho in mente puo' essere illustrato in una forma più generale.
Gli economisti ipotizzano nei loro modelli che l' Uomo sia un egoista razionale. Sono forse degli scettici realisti? No, optano per quella soluzione solo perchè garantisce un' analisi più potente.
Fateci caso, i loro modelli sono in grado di non escludere pratiche altruistiche. I comportamenti altruistici, infatti, possono SEMPRE essere spiegati in termini egoistici.
Fatemi un esempio di gesta generose e vi riformulerò la storiella in termini egoistici. Nulla di più facile, basta fare delle assunzioni ad hoc sull' interiorità del protagonista.
In altre parole: l' altruismo è un modo dell' interiorità e non ha molto a che vedere con le azioni messe in campo; se ci limitassimo a quelle nulla vieterebbe di interpretarle in termini egoistici.
Ma chi ha accesso all' interiorità più recondita del nostro animo? Chi puo' giudicare se una pratica è egoista o altruista? Nessuno, a volte nemmeno l' interessato: chissà quante volte dietro un "Buono" si nasconde un "Narciso"! Chissà quante volte il "Narciso" si crede un "Buono"! Basta rinunciare all' introspezione per ingannarsi.
Nessuno, dunque. Tradotto nel linguaggio del cristianesimo: nessuno tranne Dio.
Tutto cio' ci porta allo specifico del cristianesimo: fai il bene e non giudicare.
La Grazia è concessa all' uomo per fare il bene ma non esiste per lui una Grazia sufficiente che lo renda in grado di giudicare il prossimo.
Ecco un messaggio, questo sì, che è solamente e autenticamente cristiano.
Mi sembra infine di poter dire che il Vangelo che abbiamo letto è da interpretare molto più come un' ingiunzione all' animo che non un invito a specifiche azioni. In questo senso e solo in questo senso il Cristiano parla dicendo parole che nessuno ha mai detto prima.
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Bene, qualcuno ha forse voglia di prendere la staffetta e di commentare la Parola di settimana prossima e reperibile al link sopra?
sabato 2 ottobre 2010
Epitaffio per una persona gentile
Si sta spegnendo piano piano, nonna Francesca. Dolcemente, com’è vissuta. Ha lasciato eseguire il concerto in tranquillità alla figlia, domenica scorsa, e non ha guastato il weekend del decimo anniversario facendoci tornare di corsa, permettendoci invece di annullarlo con facilità.
Martedì sera, senza preavviso, senza creare impicci, ci ha lasciato terminare con calma la cena al Road House, ed è caduta mentre rigovernava i piatti della cena. Ma ha fatto in tempo a chiamare il marito, che la prendesse tra le braccia mentre cadeva. Piano piano, il sangue le si è sparso nella testa, facendole perdere lucidità. Ma non subito.
Ci ha permesso di abituarci, prendere pian piano confidenza con la morte, senza abbandonarci troppo improvvisamente. E non ha voluto nemmeno prolungare troppo a lungo la sua fine, lasciandoci devastati come si vede purtroppo accadere spesso in tante situazioni terminali. Ormai i suoi respiri sono contati, forse l’alba di domani non entrerà nei suoi polmoni. Non ha nemmeno dato segno di soffrire, evitandoci anche quell’angoscia.
Negli ultimi giorni reagiva sempre meno. Gli ultimi due, ha dato segni di esserci solo quando arrivavano i due nipotini. Ancora l’altro ieri ha aperto mezz’occhio quando il Dany le ha detto “ciao nonna”. Ha mosso un po’ la mano, facendo intuire un’intenzione di carezza. Due nipotini per i quali ha dato tanto, pilastro prezioso per la famiglia, senza mai sgridarli e perdere la pazienza, anche quando facevano le monellate che solo la complicità tra due maschi può far fare.
Mai un “io”, mai un “vorrei”, mai un “no”. Dieci anni sotto casa, e mai un’invasione di territorio. Mai una malaparola per nessuno. Regolarmente in chiesa, ma sempre all’ultima fila. Come diceva oggi un suo congnato, se le cose fossero andate diversamente e la malattia l’avesse portata a casa non autosufficiente, non l’avrebbe retto: lei abituata a servire tutti (ma con la dignità del suo sangue piemontese), non avrebbe mai accettato di essere servita. Poche parole, tanti fatti.
Stasera, steso accanto a mia moglie al capezzale, riposavo ascoltando il suo respiro, affannoso ma regolare, lo stesso che avevo sentito nelle ultime ore di mia nonna. Era paradossalmente rilassante, quasi una forma di comunicazione, un modo per dirci “non preoccupatevi troppo per me, va tutto bene”.
Una persona così umile non può che lasciare un vuoto immenso. Ci mancherà tanto, nonna Francesca.
Martedì sera, senza preavviso, senza creare impicci, ci ha lasciato terminare con calma la cena al Road House, ed è caduta mentre rigovernava i piatti della cena. Ma ha fatto in tempo a chiamare il marito, che la prendesse tra le braccia mentre cadeva. Piano piano, il sangue le si è sparso nella testa, facendole perdere lucidità. Ma non subito.
Ci ha permesso di abituarci, prendere pian piano confidenza con la morte, senza abbandonarci troppo improvvisamente. E non ha voluto nemmeno prolungare troppo a lungo la sua fine, lasciandoci devastati come si vede purtroppo accadere spesso in tante situazioni terminali. Ormai i suoi respiri sono contati, forse l’alba di domani non entrerà nei suoi polmoni. Non ha nemmeno dato segno di soffrire, evitandoci anche quell’angoscia.
Negli ultimi giorni reagiva sempre meno. Gli ultimi due, ha dato segni di esserci solo quando arrivavano i due nipotini. Ancora l’altro ieri ha aperto mezz’occhio quando il Dany le ha detto “ciao nonna”. Ha mosso un po’ la mano, facendo intuire un’intenzione di carezza. Due nipotini per i quali ha dato tanto, pilastro prezioso per la famiglia, senza mai sgridarli e perdere la pazienza, anche quando facevano le monellate che solo la complicità tra due maschi può far fare.
Mai un “io”, mai un “vorrei”, mai un “no”. Dieci anni sotto casa, e mai un’invasione di territorio. Mai una malaparola per nessuno. Regolarmente in chiesa, ma sempre all’ultima fila. Come diceva oggi un suo congnato, se le cose fossero andate diversamente e la malattia l’avesse portata a casa non autosufficiente, non l’avrebbe retto: lei abituata a servire tutti (ma con la dignità del suo sangue piemontese), non avrebbe mai accettato di essere servita. Poche parole, tanti fatti.
Stasera, steso accanto a mia moglie al capezzale, riposavo ascoltando il suo respiro, affannoso ma regolare, lo stesso che avevo sentito nelle ultime ore di mia nonna. Era paradossalmente rilassante, quasi una forma di comunicazione, un modo per dirci “non preoccupatevi troppo per me, va tutto bene”.
Una persona così umile non può che lasciare un vuoto immenso. Ci mancherà tanto, nonna Francesca.
Promozioni a casaccio
Immaginatevi di imbattervi in un' impresa dove tutti i posti strategicamente più importanti siano occupati da incompetenti.
Da questo semplice fatto potete riconoscere immediatamente il principio che informa le politiche del personale in quell' organizzazione: promuovere ad un posto di più alta responsabilità chi ha fatto bene nel suo incarico precedente.
Come mai un principio tanto di buon senso sfocia in esiti così perversi?
Il fatto è che un' organizzazione del genere raggiunge il suo equilibrio solo allorchè i posti a disposizione sono ricoperti da incompetenti.
[si ipotizza che salendo nella carriera i nuovi posti occupati richiedano competenze almeno in parte differenti rispetto a quanto si faceva prima]
Corollario: promuovere a casaccio è più efficiente.
La cosa è stata dimostrata matematicamente a Catania (vedi anche qui), che si è così portata a casa il meritato IgNobel.
Il principio di fondo era già ampiamente noto.
D' altronde il dubbio sorge spontaneo, chi sa fare bene una cosa forse è meglio che continui a farla!
Sul lavoro tocco con mano tutti i giorni il principio di Peter, so bene cosa sia.
Mettiamoci poi vicino il fatto che il "trasferimento delle competenze" è molto più difficile di quanto si credesse, in ogni campo.
Chi non sperimenta di frequente l' asinità delle intelligenze sopraffine?
In poche parole: ancora un punto a favore in chi non crede nella "meritocrazia" avulsa dal mercato.
Un buon argomento contro l' efficienza delle organizzazioni troppo vaste e accentrate, quelle in cui chi "promuove" non puo' avere una relazione personale con chi è chiamato a giudicare.
E immaginate un po' qual è l' Organizzazione più vasta di tutte?
****
Per chiudere, solo un' avvertenza.
L' IgNobel premia le ricerche che "prima fanno ridere e poi pensare".
Mi raccomando di fare sempre entrambe le cose: prima ridere, poi pensare.
Da questo semplice fatto potete riconoscere immediatamente il principio che informa le politiche del personale in quell' organizzazione: promuovere ad un posto di più alta responsabilità chi ha fatto bene nel suo incarico precedente.
Come mai un principio tanto di buon senso sfocia in esiti così perversi?
Il fatto è che un' organizzazione del genere raggiunge il suo equilibrio solo allorchè i posti a disposizione sono ricoperti da incompetenti.
[si ipotizza che salendo nella carriera i nuovi posti occupati richiedano competenze almeno in parte differenti rispetto a quanto si faceva prima]
Corollario: promuovere a casaccio è più efficiente.
La cosa è stata dimostrata matematicamente a Catania (vedi anche qui), che si è così portata a casa il meritato IgNobel.
Il principio di fondo era già ampiamente noto.
D' altronde il dubbio sorge spontaneo, chi sa fare bene una cosa forse è meglio che continui a farla!
Sul lavoro tocco con mano tutti i giorni il principio di Peter, so bene cosa sia.
Mettiamoci poi vicino il fatto che il "trasferimento delle competenze" è molto più difficile di quanto si credesse, in ogni campo.
Chi non sperimenta di frequente l' asinità delle intelligenze sopraffine?
In poche parole: ancora un punto a favore in chi non crede nella "meritocrazia" avulsa dal mercato.
Un buon argomento contro l' efficienza delle organizzazioni troppo vaste e accentrate, quelle in cui chi "promuove" non puo' avere una relazione personale con chi è chiamato a giudicare.
E immaginate un po' qual è l' Organizzazione più vasta di tutte?
****
Per chiudere, solo un' avvertenza.
L' IgNobel premia le ricerche che "prima fanno ridere e poi pensare".
Mi raccomando di fare sempre entrambe le cose: prima ridere, poi pensare.
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