lunedì 15 novembre 2010

Risposta a “economia dell’anima”

Bello il post “economia dell’anima” del nostro Broncobilly.

La risposta non ci stava nell’editor dei commenti, per cui la pubblico qui.


Io ho un approccio molto più simile a quello di Sara che a quello di Bronco.

comodino

Il mio comodino è un cumulo di cadaveri spolpati solo in parte, ma sempre con i segnalibri dentro, in attesa di essere consumati definitivamente. Io non ho quasi mai cuore di abbandonare del tutto un libro non terminato. L'unico che ho lasciato senza l'intenzione di riprenderlo è l'autobiografia di Woody Allen, un mattone che sarei curioso di sapere con che coraggio possa essere stato pubblicato (direi un “salto per noia conclamata”).

Ancora oggi ho ordinato due libri (gli ultimi Piperno e Sandro Veronesi). Questa dell’acquisto compulsivo di libri, film e cd sta diventando una malattia.

Ora sto leggendo Col corpo capisco di Grossman (che al momento considero l'unico autore contemporaneo veramente degno di stare sullo scaffale dei grandi classici). Ho lasciato a metà la Runfola di Lezioni di tenebre, ma conto di riprenderla, perché è un libro eccezionale e mi piace parecchio. E di riprendere gli altri 10 che ho momentaneamente sospeso quest'anno.

In generale non credo al “mordi e fuggi”. L'opera d'arte è concepita come intero, e fruire a mozzichi è il peggior torto che si possa fare all'autore, che magari vi ha riversato la sua anima dentro. Il passo chiave del post di Bronco è questo:

Si puo' "saltare" anche quando si è preso possesso pienamente del libro. Ovvero, dopo che si è guadagnata una propria interpretazione originale, il che equivale ad aver marcato il territorio.

Ma cosa ci garantisce di aver davvero preso possesso dell'opera, se gli abbiamo dato solo scarne rosicchiate? E' vero, potremo dare la nostra "interpretazione originale" a quei morsi, aver marcato il territorio. Ma davvero possiamo considerare soddisfatta la nostra sete di Arte (cioè di assoluto, perché, come ha scritto Hesse, Arte significa: dentro a ogni cosa mostrare Dio) usando la funzione shuffle dell'iPod? Davvero possiamo considerare tutto quello che Mozart aveva da dire nel Don Giovanni e nella sua opera in generale rinchiuso in un singolo ascolto (lo shuffling spasmodico difficilmente ci ripresenterà due volte lo stesso brano) del Là ci darem la mano? Se lo facciamo, non potremo che concludere che Mozart è sopravvalutato.

Perché io abbandono "momentaneamente" i libri, è qualcosa che dovrei analizzare a fondo. La noia non è l'elemento centrale in gioco. A volte gli impegni e la stanchezza fanno sì che passino giorni prima che riprenda il libro in mano, e ricostruire il già letto diventa difficile.

Però anch'io prendo in mano i libri alla sera nel letto. E dopo tre pagine la palpebra cala inesorabile (salvo le eccezioni dei libri più leggeri, dal ritmo incalzante). Ovvio, poi: leggendo tre pagine a sera è difficile tenere i fili della narrazione. Questo dev'essere un fattore non da poco, infatti non mi capita quasi mai di abbandonare i libri in vacanza, e passo ore piacevoli in loro compagnia sotto l'ombrellone.

Il fattore "io" è importante, ma non basta. Per me quel fattore c'è sempre: la soddisfazione rara di arrivare all'ultima pagina è uno stimolo non da poco. Ma troppe sono le distrazioni, e tutte degne di attenzione. Siamo bombardati da stimoli incessanti che rendono la nostra vita frenetica e impediscono di concentrarsi sulle cose per il tempo che sarebbe bello dargli. La selezione non è semplice, e bisogna avere una buona dose di coraggio per privarsi di qualcosa. Forse in fondo è quanto Bronco dice di Sara: è la “capacità di interessarsi a tutto e a tutti” che ci frega. Selezionare significa rinunciare, e ci vuole sangue freddo e disincanto per farlo senza rimpianti.

Comunque, come si potrebbe cogliere qualcosa in pieno di Dogville se saltassimo delle parti considerandole "noiose"? E poi, come sapere prima quali lo siano? Shufflando a caso rischieremmo di perderci l'essenziale.

Io prediligo la sistematicità, al costo della frustrazione che causano le opere d’arte-cilicio. E archivio libri e cd in ordine alfabetico. Altrimenti reperirli nel mare magnum sarebbe durissima. Non trovo così semplice classificare il tutto in altri modi. Sì, ci sono le macrocategorie (ho aree distinte per libri di narrativa, saggistica, storia, religione, fantascienza, poesia e teatro - e i cd sono distinti in classica, pop, jazz, varie). Ma all'interno di queste raggruppare è troppo spesso complicato, e creerebbe problemi nella ricerca.

Invidio l'approccio di Giusy: lei abbandona raramente i libri. Si legge mattonazzi come quelli di Dumas e Tolstoj in pochi giorni o settimane. Ha una velocità di lettura e capacità di concentrazione notevolmente superiori alle mie.

E anche con la musica: lei è molto più selettiva, ascolta molta meno musica di me, ma quando l’ascolta lo fa bene, non lo fa a caso, non perde tempo ad ascoltare certa robaccia di scarso valore che qualche volta ascolto io (con grande godimento, ammetto). Se sta facendo altro, predilige il silenzio.

Ma sulla musica abbiamo già discusso: noi musicisti abbiamo un approccio più professionale. Godiamo in modo diverso. Di più o di meno, in termini assoluti, non voglio stare a sindacare. Io riesco lo stesso a godere da profano, ad ascoltare robaccia sorvolando sul fatto che sia composta da gente incompetente o da gente competente che si autocastra nell'intenzione di soddisfare gli incompetenti (così è gran parte della produzione contemporanea). Forse questo fa di me un musicista incompleto.

Chi ha un approccio "professionale" all'ascolto della musica non si chiederesti che cosa ci sia di cattivo in Bach. La risposta sarebbe subito ovvia: nulla. Ma anche senza questa sfida il musicista gode della sua musica appieno, oserei dire al massimo.

Forse, per chi ha un approccio di questo tipo, in fondo c'è un’analogia con altri tipi di godimento. Il troppo rischia di provocare la nausea, e quindi bisogna limitare la frequenza (pensavo ai dolci, che altro avevate capito?). Per questo probabilmente nella casa dei musicisti è facile che ci sia silenzio.

Sui musei sono d’accordo, e mi piace il trucco di Tyler.

Ogni volta che leggo, ascolto, vedo qualcosa di interessante vorrei anch’io scrivere le mie impressioni sul blog, o su anobii, o su fb. L'altra sera per esempio abbiamo visto Million dollar baby, e ci sarebbe da scriverne. Ma ci vuole troppo tempo. Mi limito a comporre recensioni mentali, con l’idea di scriverle domani. E poi restano lì sospese, come i libri lasciati a prender polvere col segnalibro dentro.

23 commenti:

  1. Non vorrei dare l' impressione di "non finire" sistematicamente. Chiarisco meglio il concetto.



    Io ho finito molti più libri della Sara anche perchè non ne ho finiti un numero maggiore.



    Io ascolto molta più musica di qualità della sara anche perchè passo più tempo di lei ad ascoltare musica scadente.



    E' la logica dell' aereoporto: chi non ha mai perso un aereo, passa troppo tempo in aereoporto.



    Se poi confrontiamo i nostri "silenzi", i miei sono più ricchi di pensieri che riguardano la musica, più di lei ripenso e riassaporo gli ascolti fatti.



    In poche parole: penso proprio di essere più interessato di lei alla musica e ai libri. La cosa è molto probabile visto che lo pensa anche lei senza nutrire dubbi in merito.



    Mi chiedo solo il perchè di questo fatto. Visto che devo escludere la competenza e l' indole curiosa, riparo sull' "economia dell' anima".



    P.S. Se un libro o una musica la "fai tua" significa che te la sei fissata addosso per sempre in modo originale. Se penso ai sonetti di Shakespeare mi vengono subito in mente alcune idee magari bislacche ma originali. Le avevo partorite a vent' anni quando li lessi; li avevo indubitabilmente "fatti miei". Eppure di certo non li avevo letti tutti. E' stata comunque una lettura fruttuosa visto che mi accompagna in modo tanto vivido anche ora. Magari più fruttuoso di chi li ha letti tutti senza che dopo vent' anni sia rimasto granchè.

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  2. bello, davide, il tuo racconto di te! Sei cambiato.

    Io leggo molto in rete, a casaccio, partendo da una cosa e arrivando all'altra. La sera qualche pagina di libro cartaceo. La biografia di Wittgenstein era di quasi 600 pagine, e purtropppo il prestito bibliotecario durava solo un mese. Quindi ne ho letta solo un po' più della metà. Ora mi mancano quelle pagine, soprattutto la corrispondenza di W con l'amico Gilbert Pattison, che non era un intellettuale ed era l'unico a non essere in soggezione di fronte a lui. Insieme, andavano al pub e poi al cinema (solo western e musical), e si scrivevano lettere assurdamente buffe, parafrasando gli slogan pubblicitari o facendo altri 'giochi con le parole'. (Ho scoperto che W aveva un lato comico e buffonesco, ed era uno straordinario imitatore.) Ora ho ripreso "I sommersi e i salvati", che leggo come immagino si legga la Bibbia. Ci trovo sempre qualcosa di prezioso. Avendo rivisto da poco "L'uomo del banco dei pegni" (Sidney Lumet), mentre leggo rivedo quelle immagini, Rod Steiger nel suo negozietto in bianco e nero, dietro la grata che sembra il reticolato del lager. Dal lager si esce solo morti. Un libro dei Peanuts è sempre a portata di mano. E l'autobiografia di Neil Simon che mi hanno prestato le mie nipoti non credo che la rivedranno mai. (Condivido il giudizio sul librone di Woody Allen, che ho sfogliato in libreria.)*

    Ascolto solo distrattamente musica alla radio. Oppure gli ascolti che ogni tanto proponete qui, o che mi propone Alberto. Non ho neanche un lettore di cd, uno stereo o come si chiamano oggi i devices per ascoltare la musica. Non ho mai comprato un cd musicale.

    Dovendo classificare il mio "stile di fruizione", direi superficiale con qualche momento di intensità.

    (*mi accorgo che c'è un gran 'ebreume', come dice mia madre, ebrea)

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  3. Ric, può essere vero che confrontarsi con un'offerta maggiore produca l'effetto di accrescere il numero di falsi negativi che avremmo altrimenti aprioristicamente scartato. E questo poi avrà magari ricadute positive anche sui positivi indubbi. Ma non so spiegarmi come. Quello che mi viene spontaneo pensare è che rischiamo soprattutto di perdere tempo. E anche di farci allettare dai contenuti più facili, più appaganti superficialmente (shallow), più "commerciali", che però alla fine non lasciano molto. Se ne siamo consapevoli e lo facciamo con maturità, non ci vedo nulla di male (in questi giorni mi sto godendo roba tipo i vecchi Propaganda, di cui mi sono comprato il cd, ed altra musica-spazzatura pop 80). Anche mangiare hamburger al McDonalds ogni tanto può far piacere.
    Io fatico a trovare qualcosa di positivo nell'esperienza di ascoltare i "luce della centrale elettrica", ma se appagano qualche aspetto del tuo animo, ben vengano anche quelli. Basta avere la consapevolezza di muoversi in una discarica, e non proporre assurdi paragoni, e va bene tutto.

    Diana, perché dici che sono cambiato? Non mi pare!
    Buona idea quella dei Peanuts. Dovrei imitarti. Il problema del libro di Allen non è l'"ebreume" (se ho capito il senso della tua parentesi): di quello sono infarciti i suoi film, e dato che mi piacciono, non lo vedo come scoglio. Il problema è che si sofferma in tonnellate di particolari inutili e, non pago, li ripete in continuazione! Potrebbe essere un ottimo sostituto del tavor.

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  4. Sì, i rischi ci sono. Ma questo significa che la chiusura è la miglior strategia?


    No, molto meglio sfruttare le nuove opportunità affidandosi ad un buon economista dell' anima.



    Il discorso sulla qualità, poi, non è molto in tema qui. In realtà io postulo interessi dati a priori.



    Riprendo il parallelo tra me e sara tanto per essere chiaro.



    Entrambi ci orientiamo verso un prodotto di qualità (ammettiamo che un elite di esperti professionali possa riconoscerla), quindi non è quella in discussione.



    Solo che io, verso il prodotto qualitativo, ho saputo produrre più attenzione, più interesse e più tempo.

    ++++


    Perchè? Scartando competenza e indole non resta che l' economista. Come vedi è un discorso che vale "a parità di qualità".


    E' meglio stare sul generico quando si parla di "qualità" della cultura. E nel mio post mi limitavo ad un' osservazione generica e largamente condivisibile (peraltro nemmeno necessaria per la tesi generali).

    Dicevo: il meglio di qualsiasi genere musicale di solito è di buona qualità.

    Vale per la musica concreta, per l' hip hop, per l' impro-noise, per il raga, per le band americane anni 40... Vale per tutto.

    Vale in qualsiasi campo culturale: i gialli sono letteratura di serie B, ma Simenon è uno scrittore di serie A.

    Penso che pochi lo neghino, e se lo si ammette si capisce come una mente cosmopolita in grado di viaggiare tra i generi sia auspicabile. Quello che serve è attenzione, interesse, altrimenti lo sfrzo ci scoraggia. Occorre voglia di imbarcarsi in nuove avventure intellettuali senza rimanere ancorati a vecchi schemi.

    Certo, qui come altrove continua ad agire lo "status quo bias": quel che "possiedo" è il meglio, non ho più nulla da "capire".

    Ma questa è la malattia infantile dell' acculturato.

    +++++++++

    P.S. Non ti piacciono le "luci"?

    Eppure è quanto di meglio produce il genere dei cantautori oggi se è vero come è vero che ha vinto il Tenco nel 2008. E gli esperti del genere oggi si radunano intorno al Club Tenco.

    Un verso come "facevi risorgere i binari morti e ricucivi i polsi a tutti" è ottimo. Non come verso da recitare ma come verso da cantare (è il lavoro per cui si giudicano i cantautori).

    Certo, ci vuole competenza.

    Innanzitutto bisogna cogliere le citazioni. Sentendo le parole: "non ci sono più i CCCP", bisogna sapere la storia dei CCCP e cosa hanno rappresentato per le periferie urbane. Bisogna saper cogliere la genealogia del cantautore e fare come minimo il nome di Claudio Lolli. Eccetera.

    Vale la pena di costruirsi una certa competenza. E' faticoso ma si puo' discutere e godere di un prodotto non accessibile a tutti.

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  5. Beh, il riferimento ai CCCP (ed al vuoto di riferimenti che riflette la loro assenza per la sub-cultura cui il "luci" appartengono) era chiaro, non serve una gran competenza. Ma si tratta di miserie intellettuali, se non sono accessibili a tutti è perché pochi perdono del tempo in queste discariche. La pochezza di quel gruppo cui mi riferivo, però, non sta tanto nella banalità dei riferimenti del testo da periferia urbana degradata postindustriale, quanto alla nullità del materiale musicale, fatto di giri armonici di una banalità da asilo d'infanzia, ricerche timbriche da chitarrista elettrico della scuola media, e sviluppi ritmici disarmanti. Non parliamo poi della vocalità, che fa venire da piangere.
    Ammetto che nel giudicarli ho adottato l'approccio "Si puo' "saltare" anche quando si è preso possesso pienamente del libro. Ovvero, dopo che si è guadagnata una propria interpretazione originale, il che equivale ad aver marcato il territorio."
    Mi sono limitato ai primi due minuti della prima canzone. Ma con quelle premesse dubito che il resto possa elevarsi.

    Certo, qui come altrove continua ad agire lo "status quo bias": quel che "possiedo" è il meglio, non ho più nulla da "capire".
    Questo che tocchi è un punto essenziale, e non discordo da questa impostazione critica. Personalmente sono molto curioso e cerco in continuazione nuovi stimoli culturali. Però adotto un approccio realista, molto materiale lo scarto a priori (anche perché non solo il tempo, ma anche gli spazi in biblioteca, e persino sugli hard disk, sono limitati - ci sarebbero poi da affrontare anche questioni quali budget disponibile ed eticità del sovvenzionare certi fenomeni "culturali"). Quando non lo faccio, quasi sempre vado incontro a delusioni. E' vero che qualche volta, invece, ci sono sorprese inattese. Di solito però non ci arrivo per caso, ma dietro il suggerimento di qualcuno competente.

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  6. Scusa se te lo dico Davide, ma tu secondo me in questo caso sbagli i parametri sulla base dei quali giudichi. E' un po' come se entrassi in un corto circuito.

    Non conta quanto siano sofisticati i giri armonici di un cantautore, altrimenti bocceresti anche Bob Dylan mettendoti nell' angolo da solo.

    In questo caso la musica è quella giusta perchè occorre proprio una semplicità ossessiva affinchè sia evocato in modo incisivo il piattume di certe lande come di certe giornate milanesi. Cosa proponi, una toccata e fuga?

    L' importante è che i giri armonici siano quelli giusti, altrimenti anche i Raga indiani sarebbero di una banalità da giro d' infanzia.

    Apriamo la testa e siamo cosmopoliti, non usiamo certi ferri dove ne occorrono altri, altrimenti diamo solo segno di provincialismo. L' aborigeno non ti capisce se ti ostini a parlare il tuo dialetto e tu non lo capirai mai se pensi che stia tentando goffamente di comunicare nel tuo dialetto.

    Veniamo ai versi. I versi sono buoni invece. Io ne ho citato uno ottimo. Altro esempio: "siamo soli come cani investiti" è una similitudine riuscita perchè evoca bene l' asfalto spoglio delle provinciali che solcano i territori di cui si parla. Potrei proseguire parlando del concetto di "amore interinale", oppure di quello di "vite ristrutturate", oppure l' urlato appello "ai figli che non avremo" eccetera eccetera.

    Sulla voce vale lo stesso discorso. Perchè la stridula voce di Neil Young è giustamente leggendaria? Perchè è la voce migliore per cantare gli spazi della provincia americana. E' un falsetto che evoca a meraviglia l' obeso del midwest. Perchè la voce delle Luci è molto buona? Perchè è una voce idonea a cantare lo spiazzo asfaltato davanti alla Coop. E' una voce nella quale devono riecheggiare gli schiamazzi dei giovinastri che non sanno cosa fare la domenica pomeriggio. E' rotta al punto giusto, così come si rompe la voce dell' adolescente impegnato a darsi un' identità.

    Andiamo avanti. Non bisogna sapere che esistono i CCCP, bisogna conoscerli, bisogna averli ascoltati con regolarità assimilando la loro poetica. Bisogna aver fatto lo stesso con Claudio Lolli. Bisogna sapere come Rino Gaetano ha innovato l' uso delle parole nelle canzoni italiane. Bisognerebbe conoscere le fonti d' ispirazione primaria, magari sapendo come in letteratura Alberto Arbasino o Nanni Balestrini abbiano lavorato sui clichè linguistici.

    Bisogna averli letti, bisogna averli ascoltati, bisogna aver sgobbato. E affinchè lo sgobbo ci sia occorre che non sia tale ma che sia un piacere. Lo sgobbo diventa un piacere se ci sono le motivazioni e per averle occorre l' economista dell' anima. Senza un buon economista dell' anima, ti perdi le luci.

    Solo in questo senso avevo fatto un riferimento alla "qualità".

    continua

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  7. ... continua

    A me basta che si sottoscriva questa massima: il meglio di qualsiasi genere musicale di solito è di buona qualità.

    Io la sottoscrivo, dopodichè procedo proprio come te: mi affido dapprima ai competenti, è una modestia necessaria che di solito ripaga. Sono loro che m' insegnano a parlare con "l' aborigeno".

    Nel genere cantautoriale italiano oggi i competenti sono quelli del Club Tenco. A loro mi sono affidato e non sono rimasto deluso.

    Ti porto un esempio in un campo diverso. A me la fantascieza fa letteralmente cagare. Eppure è una letteratura che è riuscita a costruirsi come genere. Io in quel campo non ho mai letto roba buona e me ne tengo alla larga con disgusto. Vado oltre, "salto". Ma siccome sottoscrivo la massima di cui sopra, non ha nessun senso "saltare" un intero genere letterario, sono convinto che anche lì il meglio sia di buona qualità. Forse un giorno mi affiderò ai massimi competenti del settore è leggerò qualcosa di Dick o di Asimov o di non so chi. Cercherò di allargare la mente per renderla cosmopolita e sicuramente passerò delle bellissime giornate in compagnia di quei libri. Ognuno ha i suoi gusti ma puo' ampliarli ampliando la sua mente e combattendo lo status quo bias.

    Ma del resto sulle "luci" è inutile continuare, tu stesso mi hai detto che hai ascoltato i primi due minuti della prima canzone.

    In altre parole: hai "saltato"!

    E qui si propone un bel dilemma che mi dà il destro per chiarire un concetto.

    Tu, che dicevi di non saltare, invece hai saltato.

    Per me questo non è una contraddizione, anzi è proprio quello che affermavo nel mio post.

    Chiedo solo questo: secondo te la Sara ha finito "I Miserabili", ovvero il libro che leggeva riproponendosi di non "saltare" nulla? No! la noia ha avuto il sopravvento.

    Chi si ripropone di "non saltare" trascura l' "economista dell' anima". Finisce che non sa più saltare.

    In altre parole: chi si ripropone di non saltare alla fine non è che "completa" ma "omette".

    Chi non salta alla lunga si disinteressa e in realtà, per non saltare alcuni punti morti in un libro finisce per perdere interesse per i libri "saltando" così intere biblioteche.

    Non saper saltare crea noia e la noia crea incompetenza.

    E' quel che dicevo nel primo post: io ho finito molti più libri della Sara anche perchè non ne ho finiti un numero maggiore. Lo stesso dicasi per la musica.

    E' l' implacabile logica dell' aereoporto.

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  8. Il punto centrale è: cosa vogliamo dall'arte? Ci interessa "marcare i territori" oppure ci interessa godere?

    Se vogliamo marcare il territorio, ci ascoltiamo un'aria, un paio di cori, un recitativo (tanto per), magari quelli che i critici ci hanno consigliato, e possiamo affermare di "conoscere" le cantate di Bach. Se ci interessa godere, la faccenda cambia drasticamente. Ci ascolteremo 10 volte la stessa cantata (integrale!), ascolteremo tutte le altre cantate che ci capiteranno a tiro, cercheremo di capire le varie forme che la compongono, confrontarne le interpretazioni, capirne il testo e lo stretto legame che ha con la musica.

    Se è questa la "competenza" cui ti riferisci, capirai facilmente che un simile approccio è impossibile averlo con tutto lo scibile musicale del globo terracqueo. Allora, a questo punto, posso capire l'approccio mordi-e-fuggi con la massa di proposte. Dopo tutto, per capire quello che avevano da dire i CCCP probabilmente non servono più di 5 minuti, che sono comunque tempo sprecato. Poi, non volgio dire che sia impossibile godere sentendo cantare dell'"amore interinale". C'è chi trova poetici i "versi" di Vasco Rossi, Jovanotti e Ligabue...

    A me per esempio divertono le pesantissime immagini di Elio e le storie tese, che hanno una loro genialità (e musicalmente sono tutt'altro che le banalità dei Luce). Tutto sta nel collocarle al loro posto. La genialità della Littizzetto esprime senz'altro il nostro tempo, è godibile. Non la collocherei comunque nello scaffale delle commedie di Shakespeare.

    Per la musica (e per l'arte in genere): io non riesco ad annullare la questione tecnica. L'ultima cosa che mi importa è essere "messo nell'angolo" da unti criticastri esperti in rock o altre divertenti sciocchezze. Bob Dylan non mi dice niente, anzi, non lo reggo proprio, e del parere di questi "critici" (che tipicamente hanno un panorama molto ristretto) m'importa poco. Posso degnarlo di un ascolto solo perché rappresenta così tanto per tanta gente. Bisogno enciclopedico, giusto per non essere tagliato fuori dal mondo. Ma non mi fa godere, fa soffrire le mie orecchie, e passo rapidamente oltre.

    Parlavi di pianisti jazz? Eccoti una chicca.

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  9. Sono d' accordo sul fatto che l' arte ci debba far godere.

    Ma per godere veramente a volte bisogna prima sgobbare.

    E per riuscire a sgobbare bisogna motivarsi e ti garantisco che con buone motivazioni anche lo sgobbo puo' diventare un piacere.

    A volte mi sembra che tu confonda l' arte di motivarsi con un banale "mordi e fuggi".

    "Mordi e fuggi"? No, non mi sono spiegato.

    Metto in evidenza questa confusione con un esempio.

    C' è una biblioteca di 200 volumi, Giovanni li ha letti tutti, in alcuni casi ha saltato le pagine più noiose poichè con l' esperienza ha sviluppato la capacità di individuarle.

    Giuseppe ha finito il primo volume con soddisfazione ma il secondo era talmente noioso che, essendosi impegnato a non "saltare" neanche un rigo e terrorizzato dallo sforzo che lo attendeva, non ha proseguito oltre la sua lettura, si è limitato ad abbandonare ogni lettura. Nessuno puo' comunque accusarlo di aver mai saltato una pagina.

    Dunque, stando alla tua terminologia sembrerebbe che, poichè Giovanni è disposto a saltare le pagine meno significative, la sua cultura si fonda sul "mordi e fuggi".

    Meglio allora la non-cultura di giovanni che, senza mai saltare un rigo, ha tralasciato l' intera biblioteca?

    Come vedi si finisce in un vicolo cieco.

    Ricorda i primi tre righi del post: se vogliamo acculturarci cosa ci manca?

    Ma c' è di più, ovvero la parte che stiamo sviluppando in questo commenti. Mi spiego meglio. Probabilmente Giuseppe, svilupperà un potente status quo bias: quel che conta sta tutto nell' unico volume che conosco.

    Ma è solo un autoinganno consolatorio che ha l' unico effetto di rendere ancor più visibile un' emarginazione che, ormai difficilmente occultabile, viene a volte addirittura rivendicata.

    Da ultimo vorrei solo dire che non parlo di tutto "lo scibile umano" ma solo di generi con tradizioni consolidate e un apparato di esperti che si occupi di loro a tempo pieno.

    Io non conosco bene la tradizione di musiche per flauto giapponese, una volta m' imbattei in quelle musiche rimanendone respinto. Ma so che Clive Bell lo suona divinamente ed in Europa costituisce la massima autorità in materia. Quando domani avrò tempo e voglia per approfondire quel genere, prenderò lui come bussola, magari per criticare poi alcuni giudizi e orientarmi differentemente. So già in anticipo comunque che lui mi instraderà sulla giusta via, so già che potrò trovare musica di buona qualità: il genere vanta una tradizione secolare e adepti in tutto il mondo.

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  10. Sarebbe tutto vero se non fosse che ai CCCP ho dedicato quei 5 minuti sufficienti a "guadagnarmi una propria interpretazione originale". La mia interpretazione è che siano pura spazzatura. E il mio "status quo bias" è dato dalla presunzione (presuntuosa, ovviamente, e magari pure infondata, non voglio sindacare) di capirci dentro qualcosa di più dei vari Fegiz & compagnia a briscola.
    Avendogli dedicato quei 5 minuti, il mio economista interiore dovrebbe essere appagato, no? O il fatto di considerare quella roba spazzatura dovrebbe causarmi complessi perché tanto gotha si spertica di osanna verso certi fenomeni che la mia competenza musicale mi fa considerare spazzatura?

    Comunque, secondo me, se leggiamo tra le righe, in fondo stiamo dicendo la stessa cosa: senza fatica si gode poco. C'è solo una sottile differenza: se entrambi diciamo che bisogna sgobbare, io sostengo che sia meglio, nello sgobbare, approfondire quegli autori che hanno dalla loro una padronanza tecnica del linguaggio; tu ti accontenti di gente che, magari ricca di suggestione, di tecnica e studio ne ha alle spalle forse pochino (e tipicamente autocostruita in garage).

    O magari, come in fondo credo, alla fine è solo questione di gusti. Certo che i gusti non possono permetterci di affermare che i CCCP abbiano un "valore netto" equivalente a quello per esempio di Fabio Concato - cito a caso per rimanere in ambito cantautoristico italiano. Può darsi (non credo) che i CCCP abbiano avuto più influenza di Concato su certi sviluppi del linguaggio musicale (direi spazzatur-musicale), ma questo conterà solo se ci proponiamo fini enciclopedici, se abbiamo davvero come fine quello di leggerci tutti i 200 volumi (pur magari a spizzichi). Se invece ci interessa solo godere dell'arte, l'enciclopedismo lo vedremo come pedanteria da eruditi.

    Con questo non voglio dire che accontentarsi della solita minestra che ci fa godere sia auspicabile: di certo io non mi vedo inchiodato allo status quo. E' una critica che non accetto, essendo in perenne ricerca di novità (intendo "cose nuove per me", anche se magari sono state composte 1500 anni fa, anche se non escludo quelle di ieri).

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  11. Le tue parole sui CCCP, per esempio, segnalano all' ingenuo una certa incompetenza (tecnica!) sul genere. Sì, infatti all' "ingenuo" basta constatare che si tratta di parole liquidatorie (non critiche) a fronte di un consenso che bene o male tra gli esperti che si occupano professionalmente della cosa esiste.

    Ebbene, mia mamma è "liquidatoria" per esempio nei confronti dei quadri di Rohtko. Ma io, senza capire a fondo l' arte di Rohtko, capisco invece che il suo giudizio ha le stigmate dell' incompetenza poichè non critica ma si limita a "liquidare" un' arte che invece è considerata di un certo valore da tutti gli esperti che si occupano a tempo pieno di pittura.

    Certe uscite come possono non far pensare alla mia anziana mammina (che durante la sua vita ha dovuto, poverina, occuparsi di ben altro piuttosto che stare dietro a certa arte sofisticata) di fronte ai capolavori dell' espressionismo astratto anni cinquanta?

    c' è chi è vittima dell' ignoranza e chi è vittima dello status quo bias. Nel primo caso ci si limita a sfoggiare cio' che si sa, nel secondo caso ci si difende dallo sconosciuto e dallo sforzo che ci viene richiesto per imparare una nuova tecnica.

    Io consiglio invece, forse per mia mamma è tardi, di acquisire le competenze necessarie avvalendosi di un buon economista interiore.

    Lo sgobbo non sarà poi molto a fronte del notevole aumento di bellezza a disposizione con relativo godimento.

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  12. Boh, non so che cos'è successo, ma la mia risposta è finita sopra il tuo post, e con un'ora antecedente. Devo aver avuto uno scombussolamento spazio-temporale.

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  13. Dici che hai un' interpretazione originale della musica dei CCCP frutto di un tuo sincero sforzo.

    Sta di fatto che non ci rendi partecipi della cosa.

    Se consideri la parola "spazzatura" un' "interpretazione originale", allora non ci siamo capiti.

    Con un' "interpretazione originale" in testa, ci dovresti poter scrivere un libro.

    Innanzitutto maturare un' interpretazione originale richiede molto lavoro, è una faticaccia.

    Tu sei stato semplicemente "respinto", esattamente come io dalla musica per flauto giapponese.

    Solo che questo respingimento - che non è un "interpretazione originale" - per me è solo il segnale che non capisco quella musica di primo acchito e che necessito quindi di un approfondimento. Se ho tempo e voglia cercherò di rintracciare il meglio in quel campo, dopodichè si vedrà.

    Per l' "economista interiore" i tuoi 5 minuto non sono un risparmio ma uno spreco. Proprio perchè si è autorizzati a "saltare" SOLO quando un' opera la si è fatta propria.

    Cosa credi che io conosca tutti i dischi dei CCCP o, ancora peggio, tutte le loro canzoni?

    Niente affatto, io li ho ascoltati a lungo, o perlomeno fino a maturare un' idea personale su di loro - è cio' che con maggiori strumenti fa l' esperto (e non Fegiz... per cortesia). Dopodichè sono passato ad altro.

    Sono io che ho "saltato" accostandomi ai CCCP, mica tu. O meglio, io ho saltato come fa Giovanni, tu come fa Giuseppe!

    L' essenziale comunque è sottoscrivere la massima: "il meglio di qualsiasi genere musicale di solito è di buona qualità".

    Affinchè ci sia un "genere" occorre una stabile tradizione che esista innanzitutto per la passione di chi vi si dedica, escludiamo quindi ogni attività pseudoartistica che esiste solo per fini commerciali.

    Il passo successivo, se si è completamente a digiuno, è quello di riferirsi alle autorità riconosciute (magari evitando con cura Fegiz o tv sorrisi e canzoni!).

    Dopodichè si ascolta, si sgobba (altro che 5 minuti), si gode e si matura -anche "saltando" -un' opinione personale articolata che rispecchi i nostri gusti all' interno del genere.

    Sulla questione della tecnica mi sembra che torni il cortocircuito di cui sopra.

    Non pui chedere all' aborigeno di parlare il mio dialetto.

    Un cantautore non è dotato tecnicamente se sa scrivere una fuga, visto che gli occorrono altri strumenti per fare bene quel che deve fare.

    In certi contesti una musica troppo curata sortisce un effetto stucchevole quando non ridicolo.

    Certo tronfio "rock sinfonico" penso rispecchi bene quanto dico, così come pure certo progressive che gira e gira su se stesso senza mai andare da nessuna parte.

    La tecnica che occorre ad un rocker non sta lì, un' infarinatura di queste cose basta e avanza. Se devo ascoltare dei virtuosi strumentisti cambio genere di corsa. L' arte del fracasso contudente e delle inquietudini giovanili richiede altre doti per trovare piena espressione.

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  14. Beh, quando paragoni certa roba agli aborigeni, e la definisci "fracasso contundente", hai detto tutto quello che volevo dire io. Ed il mio economista interiore mi dice che se ci hai messo più dei miei 5 minuti per capirlo, hai solo perso più tempo di quanto ne abbia perso io.
    :)

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  15. Non penso proprio, guarda che ci sono tecniche sofisticate anche per governare il rumore e abbondano le sfumatura espressive.



    Sia la musica contemporanea che l' improvvisazione noise ne fanno uso abbondante.



    Non è un caso se molti musicisti "colti" oggi virano dedicandosi al "rock". Art-rock.



    Il parametro fondamentale diventa quello timbrico, allo strumento viene fatta l' autopsia, viene montato, rimontato ed esplorato in ogni suo andito. Il lato anti-naturalistico deve emergere. Lo strumento deve cantare da una bocca inventata dal genio del musicista. Il flauto diventa una percuzzione, il piano un' arpa, la chitarra elettrica un organo...



    Insomma, per fare un esempiop, un virtuoso come Fred Frith deve più al passionale contorcimento di Jimi Hendrix che al noioso e calcolato rumorismo di Edgard Varese. Solo chi conosce sia jimi che Edgard puo' capirlo al volo.



    L' alternativa spesso è quella di emarginarsi nei secoli passati. A meno che ci si faccia bastare un simulacro del passato, ma allora andiamo verso la piena decadenza.

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  16. Il rumore è per definizione qualcosa che con la musica ha ben poco da spartire. E pur vero c'è gente che gode facendosi frustare. Detto questo, l'uso del rumore per esempio in alcuni dischi di Bjork è divertente. Cage, Varèse e simili sono esploratori che hanno lasciato ben poco di godibile. Se Fred Frith debba a Hendrix o a Varèse, non capisco come possa influire sul mio godimento o sulla mia sofferenza per la sua "musica". A meno che il mio intento non sia godere, ma comporre puzzle mentali, marcare territori, costituirmi enciclopedie mentali.

    L'alternativa non è solo "emarginarsi" nei secoli passati (la decandenza non nasce dal fatto che qualcuno si occupi del passato, semmai quello può divenire un rifugio che i nostalgici - non io - adottano in tempi di per sé decadenti), ma scegliere la Musica non-spazzatura dei giorni nostri (e ce n'è, anche se discordiamo profondamente su quale sia). Se farlo significa tagliare i ponti col passato, comunque, significa che siamo sulla strada sbagliata. Poi, a livello di curiosità si possono dedicare anche a Hendrix e a Frith cinque minuti del nostro tempo (un mio amico è un cultore di Hendrix, ai tempi del liceo mi ha fatto una testa così!), magari tanto per non considerarsi "emarginati" (ma chissenefrega poi di essere considerati emarginati... sai quanti ragazzini ti direbbero che sei emarginato perché non sai chi è Justin Bieber!).

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  17. Sono abbastanza d' accordo con te, ma con due distinguo.

    1.

    La musica è l' arte dei suoni e nel definire cosa sia "arte" la convenzione ha larga parte.

    Se dici che "il rumore non è musica" ti stai riferendo a convenzioni vetuste.

    Sarebbe come dire che la matematica non deve occuparsi della "complessità". Da Renè Thom in poi la matematica si occupa - e con profitto - addirittura del "caos". Capisco bene che prima quell' ambito venisse tralasciato. ma le cose cambiano e la conoscenza si espande.

    Il rumore non è altro che "complessità", o "caos". Un buon matematico puo' scoprire teoremi importanti lavorando su complessità e caos, un buon musicista puo' giungere ad un buon esito artistico lavorando sul "rumore". Oggi queste sono verità scontate.

    2.

    Attenzione a definire la musica-spazzatura riferendosi alla nuova musica in genere. Potrebbe essere contrapposta alla musica/cadavere. Non mi sembra che le nostre alternative siano tra i cadaveri e la spazzatura.

    Eppure sia la "musica spazzatura" che la "musica cadavere" esistono. Dove stanno?

    Se si sottoscrive l' aurea massima (il meglio di qualsiasi genere musicale di solito è di buona qualità), allora la musica spazzatura la troviamo: 1) nel peggio di qualsiasi genere o 2) nel lavoro improvvisato dal dilettante senza alcun riferimento alla tradizione ma soprattutto 3) nella musica prodotta unicamente per ragioni commerciali.

    3.

    Come potrei definire chi passa con soddisfazione parecchio tempo ad ascoltare la musica per flauto giapponese un "masochista"? Semmai volessi criticare quel genere musicale, trovo questo argomento il più debole in assoluto. Anzi, lo trovo inesistente.

    ****

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  18. Ti racconto in breve la mia storia di ascoltatore, anche perchè l' opinione è influenzata dalla storia personale.

    Ho iniziato - quando ho iniziato seriamente - con la cosiddetta "musica colta contemporanea", roba tosta (Donatoni, Clementi, Evangelisti, Kagel, Boulez...). Una roba che, lo ammetto, all' inizio devi farti piacere, magari leggendo parecchio. Ma non è certo il masochismo che ti spinge, bensì la voglia di radicalità e di nuovo. Ti fidi degli esperti attendendo di essere ripagato, e in buona parte lo sarai. D' altronde se la passione per la musica persevera lo devo alla fortuna dei primi ascolti che furono una vera avventura.

    Acquistando sempre più autonomia dalle guide prescelte (Bortolotto, Mila, Rognoni...), ho cominciato a sviluppare un mio senso critico trovando dei difetti in parecchia di quella musica: in generale troppo fredda, troppo slegata dalla tradizione. In realtà il "serialismo" è "freddissimo" e "completamente" slegato dalla tradizione.

    D' altro canto, essendo in cerca di radicalità, non amavo nemmeno il "minimalismo" (Glass, Riley, Reich...) che ritenevo troppo ricco di compromessi.

    Alla fine ho notato che le musiche migliori, quelle più innovative ma anche più umane e con un richiamo criptato alla tradizione, venivano da gente che non aveva il classico background accademico ma magari si era sporcata le mani con il jazz d' avanguardia o con il rock rumoristico. Musicisti a cui la musica di genere andava stretta e volevano misurarsi in campo aperto. Mischiavano bene improvvisazione e composizione, rumore e virtuosismo. A me piace il corpo a corpo del virtuoso con lo strumento, e questo genere di musicisti poteva offrirlo, non si trattava solo di compositori cervellotici installati nella loro campana di vetro.

    Più tardi, al radicalismo di questi pseudo-jazzisti si unì anche quello dei fuoriusciti dal rock, o dalla musica elettronica. Gente che non tiene il piede in due staffe, gente che non si è inventata una fantomatica via di mezzo. Semplicemente si è inventata la musica dei nostri giorni dopo una lunga esperienza da apolidi.

    Anche per questo io non disprezzerò mai nè la musica rock nè la musica jazz o punk. Perchè secondo me la migliore musica di oggi risente pesantemente di quell' influsso, forse ancor più che di quello accademico che, in un certo senso, ha fallito. Ma non sto parlando, faccio un esempio, del "genere" punk, sto parlando della punkish attitud" del musicista.

    Durante il mio tragitto trentennale ho imparato chiaramente qual è la malattia infantile dell' ascoltatore: farsi degli idoli. Puo' essere divertente ma fa perdere un sacco di tempo. Io all' inizio avevo i miei "preferiti" e gli idolatravo. Odiavo e disprezzavo chi si contrapponeva a quell' estetica. Solo con l' esperienza ho imparato che il fanatismo nell' ascolto puo' danneggiarci. Anche dire che la musica di Bach "è perfetta" è assurdo e ci impedisce di ascoltarla veramente. Dove c' è perfezione, infatti, ha solo senso fermarsi e dismettere ogni progetto. In questo campo una mossa del genere sarà sempre insensata.

    Dopodichè, è vero, uno puo' anche scegliere di dedicarsi al passato. E' quello che ho fatto io nel campo della letteratura. Leggo quasi solo autori consacrati, in genere morti. Lo faccio per scelta, non ho voglia di imbattermi in bufale la lettura di un libro è più onerosa che l' ascolto di un disco). Con questo non giudico i contemporanei: so che in questo momento da qualche parte nel mondo qualcuno sta scrivendo una pagina all' altezza della divina commedia.

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  19. Riconoscere la perfezione della musica di Bach è un punto di arrivo (se mai si può pensare di essere arrivati in questo), non di partenza. Se con "idoli" ti riferisci a Bach, Mozart, Brahms, Ravel, Beethoven, quell'idolatria è una malattia di maturità del musicista, non infantile. Crescendo si perde tempo con tanta roba di scarso valore, utile comunque per il confronto con quella che il valore ce l'ha, per farci rendere conto davvero di dove stia questo valore. E questo repertorio minore è utile comunque frequentarlo sempre.

    Ci sono parecchi punti che non condivido nel tuo approccio. Certo che se sei partito ad esplorare il mondo della musica da quegli autori, già sei partito male: denunciando non una sete di bellezza, ma una sete di altre cose (novità, eccentricità, anticonformismo, ...). Infatti insisti da tempo sull'idea che la buona musica è necessariamente "non commerciale". Ma cosa vuol dire "musica commerciale"? Quella scritta per piacere a molta gente? Questo non è intrinsecamente negativo, ed un economista dovrebbe capirlo bene. Tutti i grandi hanno scritto musica "commerciale". E lo stesso vale per gli scrittori.

    Nota che anch'io in passato ero un po' così. Per stare sul classico, Mozart piaceva a troppa gente, e se piaceva alle masse (che nell'elitarismo che mi caratterizzava erano automaticamente volgo ignorate) il livello doveva essere per forza basso, un appagamento di facili pruriti. Che idiota ero! E ancora oggi c'è gente che la pensa così.

    Non io, oggi, almeno, non più con la stessa convinzione. In parte è vero: Michael Jackson e Vasco Rossi sono di un livello infimo, e piacciono perché solleticano i sentimenti semplici che accomunano tanta gente, quella che affolla le partite di calcio, quella che guarda Amici, ecc.
    Ma possiamo tirarci davvero fuori da questo stato? Oppure nei campi di cui siamo solo marginalmente interessati siamo così anche noi, ricorrendo solo all'appeal superficiale delle cose, senza fare il minimo sforzo per bucare la scorza e godere del succo dei frutti migliori?

    Boh, alla fine in questo campo è tutto soggettivo, anche se il valore intrinseco di certe opere (al contrario di molte altre) può essere messo in discussione solo dagli incompetenti dai gusti non educati.

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  20. La perfezione in terra non esiste, tantomeno se si parla di arte. Io lo penso, e penso anche che sia una conclusione largamente condivisa.

    Solo il fanatico disposto ad annullare il suo senso critico la vede ovunque allorchè professa il suo culto idolatrico.

    Poichè la musica suscita esaltazione, capita spesso che si sconfini nel fanatismo, ma è un atteggiamento in cui cade l' ascoltatore che ha accesso a pochi materiali e io non lo condanno del tutto. All' inizio una passione ardente, per quanto acritica, puo' essere anche utile come carburante.

    Poi c' la "perfezione" che crede di vedere chi è affetto da "status quo bias". Costui ragiona così: la perfezione è qui, davanti a me, inutile faticare oltre. E' un autoinganno con cui ci risparmiamo parecchi sforzi. E in ambito culturale l' autonganno, come dice Tyler, è presente ovunque perchè a noi piace pensarci interessati, in realtà ci sopravvalutiamo e non appena c' è una scusa per rallentare o smettere la ricerca e l' approfondimento non ce la lasciamo sfuggire.

    Io non voglio dire che una musica bella non possa avere a priori possibilità commerciali. Dico invece che una musica costruita solo per la sua potenzialità commerciale POTREBBE anche essere "spazzatura".

    Si, ammetto che l' interesse per il nuovo ha avuto un ruolo, sai com' è, quando si è giovani. Ma l' "originale" e il bello spesso sono parenti. In secondo luogo direi che non era una mia fissa esclusiva: tutto il mondo musicale dagli anni 50 ha tagliato i ponti con il passato, non c' era molta scelta. Da ultimo, ho io stesso avvertito l' inopportunità di questo taglio rettificando il mio approccio, ma solo per ritrovare un aggancio con la tradizione e non per "tornare indietro". E poi la storia delle avanguardie si ripete: quel che accade a certi autori novecenteschi era già accaduto a berg o a mahler o list. Per non parlare del "rumore inascoltabile" dell' ultimo Beethoven.

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  21. Non si è grandi se non si è originali. Originalità e innovazione viaggiano a braccetto. Ma l'originalità è implicita nell'approccio dell'artista, è parte del suo linguaggio, non potrebbe prescinderne neppure volendo. Non è una ricerca sistematica di originalità a tutti i costi. Quando lo è, diventa radicalismo e gli esiti non sono praticamente mai positivi.

    La perfezione in arte esiste, e Bach ne è l'apice. Trovami un musicista serio che lo neghi. L'analisi della sua musica la rivela inesorabilmente. Persino gli artisti musulmani, con tutte le castrazioni che hanno, si ritrovano ad inserire di proposito imperfezioni nelle loro opere, per evitare che siano perfette (e quindi diventino cimento con l'Assoluto!).

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  22. La perfezione non esiste, constatarlo non diminuisce l' ammirazione per un' opera riuscita.

    Le considerazioni critiche su Bach non appartengono a "qualche ascoltatore isolato e fuori dal coro" ma alla visione ortodossa che si ha della musica classica occidentale: Bach perfezionò l' arte del contrappunto ma gli "italiani" si applicarono all' innovativa arte dell' espressività in musica e in questo campo ottennero risultati più duraturi e profondi del grande tedesco (faccio solo il nome di Monteverdi). Impegnati in questo sforzo s' inventarono persino l' Opera!

    Sarebbe del resto assurdo pensare che "tutto" si concentri nell' arte di un uomo. Lasciamo questo genere d' idolatria alla curva sud.

    E poi, Bach è stato dimenticato per secoli; forse l' umanità di quei secoli si era completamente rincoglionita? No, voleva solo qualcosa e sentiva che non poteva averla da Bach.

    L' architettura sublime dei mosaici bizantini è di una perfezione inarrivabile ma l' ingenuo tratto con cui Giotto segnò l' occhio del Cristo sofferente è un grande passo in avanti nella storia dell' arte. Godiamo di entrambi senza lasciarci oscurare dal fanatismo del neofita.

    Godere di entrambe le cose non è un "mordi e fuggi", è solo mantenere aperta la mente e renderla cosmopolita. Fabbricarsi degli idoli invece significherebbe rinchiudersi in una falsa sicurezza.

    Se poi vogliamo giocare al gioco di quale sia la vetta della musica classica occidentale, Bach ha delle possibilità ma io mi trsferirei nella metà del XIX secolo e vedrei meglio piazzato l' ultimo Beethoven (quartetti d' archi e sonate per pianoforte), una musica non esente da pecche, sia chiaro.

    Così come nell' arte penso invece al XVII secolo, magari a Rembrandt.

    E' comunque un gioco che lascia il tempo che trova, sia chiaro. Il soggettivismo imperversa, come dici giustamente tu.

    p.s. oggi non penso nemmeno che un ascoltatore esperto di musica classica sia particolarmente interessato a Bach o a Beethoven o a Monteverdi. E' musica che ascolta da sempre e l' iperesposizione fa rischiare produce una trasparenza, tutto è già stato detto su quel soggetto. Cio' su cui ci si concentrano veramente le sue orecchie ansiose di toccare l' arte è l' interpretazione, il modo di farle rivivere.

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  23. Pecche? Ci saranno anche, ma bisogna trovarle, per affermarlo.

    Comunque, non vorrei perdermi su una questione lessicale. "Perfetto" in senso letterale è un attributo che si dà solo a Dio, su questo siamo d'accordo. La musica di Bach è perfetta in un senso un po' più lato, quello per cui toccandone una sola nota non si potrebbe che rovinarla. Anche in un senso più stretto, poi, è una verità il fatto che certe invenzioni (nel senso letterale di invenire) della musica del Novecento sono già nell'armonia e nel contrappunto di Bach. Ma bisogna essere musicisti per coglierle e non è essenziale farlo. (Consiglio il bel libro di Hofstaeder su Bach, Escher e Goedel per capire la profondità della composizione bachiana.)

    La musica ci deve far godere. E' vero che se sappiamo quali sono i riferimenti di Bach nella scrittura del "Capriccio sulla lontananza del fratello dilettissimo" godremo di più, e quindi capisco il gioco del cercare i collegamenti. Ma il godimento principale deve sgorgare dalla musica stessa, e io non godo sentendo il rumore.

    Il secondo nella scala della perfezione (non sono solo io a dirlo), comunque, dopo Bach, non è Monteverdi, ma Palestrina. Ma la lista è lunga. E riconoscere la sommità ed insuperabilità dei grandi non significa né idolatrarli, né chiudersi alle altre esperienze. Mai ho affermate né mi sognerei di affermare che ci si debba fermare a Bach, e non capisco dunque il senso di questa tua critica.

    Inoltre, sull'innovare, mi riallaccio anche al discorso che hai fatto una volta sui compositori in grado di scrivere un pezzo "alla maniera di". Il fatto è che che se bach avesse vissuto qualche giorno in più (a parte che avrebbe finito l'arte della fuga!!! meglio non pensarci...), avrebbe scritto qualcosa di soprendente come soprendenti sono gran parte delle sue opere, al contrario di quelle scritte "alla maniera di".

    E' vero che a certa musica siamo sovraesposti, ma questo non toglie nulla a quella musica. E non è affatto vero che tutto sia già stato detto. Figurati che riesco ancora a trovare sorprendenti certe interpretazioni delle sinfonie di Beethoven!

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