Prendete due musiche cariche di phatos e fatele suonare insieme sovrapponendole.
Se siete dei bravi contrappuntisti saprete sistemarle in modo da eludere fastidiose dissonanze. Quel che non saprete mai evitare è la perdita del loro originario carattere espressivo.
Una elide l' altra.
In questi casi uno più uno non fa due ma zero.
Lungi dal rappresentare una perdita, per molti questo fenomeno è una benedizione. A volte l' eccesso di espressività diventa macilento e satura l' atmosfera: meglio un' agilità virtuosa. Non a tutti piacciono le pesantezze del melodramma.
Se questo vale per la musica, vale ancora di più nel cinema.
Il regista "polifonico" per eccellenza è Robert Altman, le storie che racconta sono sempre inestricabili tra loro e questa tecnica contrappuntistica gli impedisce di pigiare troppo il pedale drammatico.
L' altro giorno abbiamo visto California Poker, un film incentrato sul gioco d' azzardo e altre dipendenze, c' era materia in abbondanza per imbastire veri e propri drammi ma, per una questione tecnica, abbiamo capito subito che la cosa non avrebbe mai potuto realizzarsi.
Peccato, a noi sentimentaloni italiani, se la lacrimuccia e la tensione emotiva non fa per lo meno capolino, sembra sempre che manchi all' appello qualcosa.
Siamo o non siamo noi che abbiamo fatto accantonare al mondo il contrappunto soppiantandolo con l' Opera?
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