L' economia non si occupa di soldi, si occupa di scarsità.
Il suo concetto chiave è quello di "incentivo". I soldi forniscono buoni incentivi, ma ne esistono anche altri.
Nell' era dell' abbondanza, quella in cui viviamo, i soldi scarseggiano sempre meno, cosicchè l' economia finisce per occuparsi sempre più d' altro.
Chiediamoci cosa scarseggia realmente nella cornucopia della contemporaneità?
Mi viene in mente il mondo della cultura: mai come oggi siamo sommersi da un profluvio di cultura che sgorga da ogni dove. I "Capolavori" ci tengono sotto assedio, è perfino difficile schivarli. Con pochi euro ti porti a casa l' integrale delle cantate di Bach in esecuzione prestigiosa.
E nel frattempo accatastiamo libri intonsi, per non parlare dei cd acquistati che giacciono inascoltati.
Cosa manca allora?
Bè, mancano: attenzione, tempo e reale interesse.
E' una "triade" cruciale e per produrla in modo efficiente dobbiamo consultare un buon economista che si occupi di questi beni, un economista dell' anima come Tyler Cowen, per esempio.
Lui ci dirà che dobbiamo partire riconoscendo una triste verità: pochi di noi sono interessati all' "arte per l' arte", quasi tutti ci esaltiamo invece per quell' arte in grado di ornare ed esaltare il cosiddetto "Fattore-Io".
Coltivare la nostra autoimmagine attraverso i consumi culturali è decisivo, vogliamo stare al centro della scena, anche quando siamo semplici spettatori.
Riconoscere il ruolo chiave del "Fattore-Io" è la prima mossa per rendere più efficiente la produzione della triade e vivere "felici & acculturati".
Chi se lo dimentica è destinato a fallire facendo naufragio nella noia.
I sovietici si erano dimenticati il naturale egoismo degli uomini, se trattando di cultura dimentichiamo il nostro naturale narcisismo siamo destinati alla stessa fine.
Guardando Dogville, è solo un esempio, ho vinto i momenti di stanca anche perchè ero impegnato a spremere l' essenza del film visto che volevo scrivere due righe sul blog.
L' impegno che avevo preso con me stesso mi ha fatto superare quella noia intermittente che non risparmia nessun "capolavoro" e che spesso ci demotiva (chissà perchè i film "artistici" scivolano misteriosamente sempre sul fondo della pila dei dvd ancora da visionare).
Improvvisamente Grace ha cessato di essere la protagonista della storia e io, con la breve riflessione finale che mi ero impegnato a svolgere, ho guadagnato il centro della scena.
Non c' è niente che ci appassiona tanto quanto il "Fattore-Io", se riuscissimo in qualche modo ad ancorarlo al prodotto culturale, anch' esso diverrà attraente.
In altre parole, saremo riusciti a produrre "attenzione, tempo e interesse" per la cultura.
Chi disconosce il "Fattore-Io", lo ripeto, non è un buon "economista dell' anima", spesso finirà per annoiarsi e rinunciare alla cultura.
Ormai, per ogni disco o concerto ascoltato, per ogni film visto, per ogni libro letto, mi sono impegnato a scrivere sempre due righe, una breve riflessione a posteriori. Lo faccio anche per agganciare il "Fattore Io" all' opera d' arte.
La riflessione scritta è uno scudo nei confronti della quantità sterminata di cultura che ci assedia, la sua importanza non è funzionale solo al dialogo che ne puo' scaturire con chi mi è vicino ma anche alla produzione di "attenzione", un bene così scarso nell' era dell' abbondanza.
Ma ci sono anche altri trucchi.
Guardando i film con Sara facciamo spesso scommesse sui finali.
A noi basta poter dire "te l' avevo detto" per appagare il nostro "Fattore Io"; ma si possono puntare anche soldi, volendo.
About Elly è un film che ci ha appassionato molto e ce lo siamo bevuti tutto d' un fiato a notte fonda: c' era in ballo una bella scommessa e, chissà perchè, il film è diventato subito avvincente.
Di "About Elly", oggettivamente, si possono dire almeno due cose: 1) è un film dallo spessore culturale indubitabile, ha fatto messe di premi un po' ovunque ricevendo gli "osanna" della critica più sofisticata; 2) ma è anche un film piuttosto noioso e lento, Diana puo' confermare.
Ebbene, direi allora che la tecnica delle scommesse ci ha consentito di produrre "attenzione, tempo e reale interesse" da dedicare a questo prezioso manufatto culturale.
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Perchè io sono un lettore entusiasta che non smetterebbe mai di leggere mentre la Sara si trascina sempre con lo stesso libro in mano per mesi quasi fosse un cilicio?
Perchè il volume "I Miserabili" giace da mesi sul comodino della Sara? Nel corso di tutto questo tempo io avrei potuto leggere l' opera omnia di Shakespeare!
Io, in effetti, avrei sempre voglia di leggere: leggo in bagno, leggo in treno, leggo di notte quando tutti dormono, leggo la domenica e preferirei leggere piuttosto che "andare in vacanza"; i miei libri sono pasticciati, pieni di orecchie, spesso con la rilegatura a pezzi e le copertine perdute in qualche vagone di Trenitalia.
Per la Sara il momento deputato è uno solo: "a letto prima di dormire". Senonchè, quasi sempre, quando giunge il "momento deputato", allunga uno sguardo malinconico verso il volume accuratamente rilegato con sovracopertina, e dopo breve ed appannata riflessione rinuncia, sarà per domani. Ripone il sofisticato segnalibro all' altezza dell' ex-libris tra le pagine immacolate e chiude dolcemente tomo e occhi. E' proprio una lettrice d' altri tempi.
La differenza tra me e lei è l' interesse reale per quel che si ha in mano.
Ma attenzione, c' è qualcosa che complica il quadretto dato finora.
Sara è anche persona molto più curiosa ed intelligente di me, che sono piuttosto tardo; la sua vitalità mi sopravanza in tutti i campi e la sua capacità di interessarsi a tutto e a tutti mi sorprende; inoltre, avendo una laurea in lettere, è anche più ferrata in materia.
Ma allora cosa c' è che non va in lei nel comparto "libri & lettura"?
Probabilmente, nell' era dell' abbondanza, per leggere con entusiasmo i grandi capolavori della letteratura, più che la laurea in lettere, serve la laurea in economia. L' "economista interiore" a cui si affida Sara, non le consente di produrre in modo efficiente "attenzione e interesse", due risorse fondamentali.
Innanzitutto, qundo ho in mano un libro, io "salto" e "abbandono" spesso e volentieri, cosicchè mi trovo a leggere quasi sempre roba per me di estremo interesse.
La Sara, per contro, non si limita a tenere il segno della pagina, tiene anche il sotto-segno del paragrafo: deve ripartire da lì o va tutto a monte. Probabilmente, l' economista interiore a cui si affida crede che al mondo esista un solo libro. Non ha capito che se c' è qualcosa che non scarseggia è proprio la materia prima, ovvero i capolavori letterari.
La sapienza nel "saltare" uno non l' improvvisa, se la costruisce nel tempo imparando a conoscere se stesso e i vari generi letterari. Si commettono errori e si ricomincia. Ma chi non comincia mai, l' esperienza non se la farà mai e rimarrà per la vita un lettore assonnato.
L' economista Robert Hall diceva che chi non ha mai perso un aereo passa troppo tempo in aereoporto.
Il "Fattore Io" è decisivo per imparare a "saltare" leggendo, e qui torniamo a bomba.
Lasciamo per un attimo perdere i "salti" per noia conclamata, quelli li sanno fare tutti, è altresì vero che nei grandi capolavori è difficile imbattersi in pagine noiose, specie se parliamo di autori vicino a noi che rispecchiano la sensibilità contemporanea.
Si puo' "saltare" anche quando si è preso possesso pienamente del libro. Ovvero, dopo che si è guadagnata una propria interpretazione originale, il che equivale ad aver marcato il territorio.
"Mettere le nostre mani" sul capolavoro appaga il "Fattore-Io".
Dapprima si continua a leggere con il cuore in gola in cerca di conferme e smentite, quasi si fosse in lotta con il libro così come Giuseppe era in lotta con l' Angelo. Questa lotta è esaltante: le conferme appagano il mio narcisismo, le smentite feriscono e disorientano costringendomi a rimettere insieme i pezzi in altro modo. Sia le une che le altre, però, moltiplicano il mio interesse in modo efficacissimo (nel frattempo la saretta, non solo si è addormentata ma si è messa anche a russare).
Con opportuni ritocchi, poi, la mia visione diventa finalmente in grado di "accogliere" il libro; si raggiunge un equilibrio. Il libro ora scorre placido tra due argini che ho costruito e il "Fattore Io" lo osserva compiaciuto. E' tempo di cambiare libro, anche se l' ultima pagina è lontana.
Una sola avvertenza: prima di leggere un grande capolavoro del passato, specie se voluminoso, giova leggerne un sunto.
Bisogna infatti mettersi nella zucca un concetto base: nei grandi capolavori, il valore è dato dallo stile e dalla profondità psicologica. Una volta che abbiamo la "storia" sotto controllo potremo concentrarci sull' essenziale, magari aprendo il libro a caso e leggendo capitoli spaiati presi qua e là.
Chi invece si dispiace di "rovinarsi" in questo modo le sorprese che puo' riservare una storia ben architettata, si rassegni e rinunci all' alta letteratura, non è roba per lui. Investa piuttosto il suo tempo altrove, il mondo è pieni di libri di serie B con trame ricche di colpi di scena. Oppure continui a leggere per tutta la vita "I Miserabili"... per vedere "come va a finire" (ogni riferimento è casuale).
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La Sara è musicista diplomata, spesso si esibisce in concerti come cantante e, in più, insegna musica ai bambini.
Eppure, in casa nostra, l' appassionato di musica sono io, nessuno lo contesta.
Come mai?
La musica fa parte a pieno titolo della cultura, e, nel mondo dell' abbondanza culturale, senza un buon "economista interiore" in grado di produrre la triade non vai da nessuna parte.
Se devi fare un concerto ci vuole poco per foraggiare il "Fattore-Io": sei già fisicamente al centro della scena.
Anche qundo la musica la devi insegnare tutto è facilitato: il "Fattore Io" è addirittura in cattedra.
La Sara, per esempio, non suona mai il flauto traverso, lo strumento in cui si è diplomata e che giace impolverato nelle custodie; non deve fare concerti con quello, non deve insegnarlo in classe. Che senso avrebbe sfoderarlo visto che non ci sono impegni in vista? Poichè il suo "Fattore Io" non è coinvolto in alcun modo, il suo interesse scema.
Per me le cose sono andate in modo dverso.
Da piccolo ascoltavo non so più quali canzoni e viaggiavo con la mente, mi pensavo protagonista di storie fantastiche che avevano per colonna sonora quella musica. Insomma, il giradischi suonava e io facevo tanti sogni ad occhi aperti.
Ho sempre valutato questo fatto pensando che la musica stimolasse l' attività onirica, il che è senz' altro vero; ma la cosa più interessante, e l' ho scoperto dopo, era in realtà un' altra: la mia capacità di sognare stimolava il mio interesse per la musica.
Quei primi sogni ad occhi aperti mi hanno fatto appassionare e nel corso del tempo ho investito molto in questa passione mettendo a punto altri trucchi per alimentarla.
Affinchè la Sara si scaldi per la musica occorre la prospettiva di avere un pubblico davanti, o una classe di bambini. A me basta molto meno, ho impasrato a vivificare il mio narcisismo in ambienti più spogli: la mia cameretta.
Notiamo per favore una cosa: davanti ad una platea o davanti ad una classe ci passi 1/1000 della tua vita, ma in ambienti poco stimolanti come la tua cameretta ci passi 1/40 della tua vita.
Avete capito adesso perchè in famiglia l' appassionato di musica sono io? Perchè la mia passione viene fuori in qualsiasi momento e tutti i giorni, non abbisogna certo che ci sia un "concerto in vista".
Nel frattempo le tecniche elaborate dal mio economista interiore si sono un po' raffinate, gli ingenui "sogni ad occhi aperti" hanno ceduto il passo ad altro.
Faccio solo degli esempi: non ho mai ascoltato ed approfondito tanto Mozart come da quando ho deciso che si tratta di un compositore sopravvalutato.
Raccolgo prove a sostegno di questa tesi che chiama in causa il mio "Fattore Io" e le cerco avidamente mentre ascolto musica. Anche per questo, in genere, ascolto la musica con interesse ed attenzione, soprattutto Mozart che è diventata una mia priorità. Anche se non ho in programma alcun concerto ho pur sempre questa opinione da sostenere e difendere. La mi opinione è molto più "maneggevole" di un concerto, ce l' ho sempre con me in ogni luogo cosicchè il mio "Fattore Io" è sempre sollecitato a produrre attenzione per la musica.
Concluderei dicendo che il timore reverenziale è dannoso quando si vuole produrre interesse. Una cultura di mostri sacri diventa subito scolastica e "scuola" è spesso sinonimo di "noia".
Il trucco ha funzionato anche con le correnti del minimalismo americano, proprio non riuscivo a digerire quella patina. Alla fine si puo' ben dire che conosca meglio la musica di cui diffido rispetto a quella in cui, in teoria, mi identifico.
Anche un po' di filosofia non guasta: costruiamo una nostra personale estetica portatile della musica. Ogni esecuzione diventa una sfida poichè siamo chiamati a spiegare quella musica sulla base di una visione personale.
Inutile dire che io coltivo una filosofia della musica, la Sara assolutamente no, si limita a provare per il concerto.
Un altro trucco consiste nell' adottare questo dogma: in ogni musica c' è del buono e del cattivo.
Cosa c' è di cattivo in Bach? Non esci da questa stanza finchè non me lo dici in modo convinto. Per scoprirlo devi ascoltare, e probabilmente lo ascolterai come non lo avevi mai ascoltato primae.
Ma, per rispondere alla domanda, ascolterai con attenzione anche musiche che senti lontane: il raga, il raggea, il gamelan balinese, l' afro-pop, la musica rinascimentale, la jungle...
La catalogazione delle collezioni puo' essere un modo per mettere a nostra disposizioni quantità rilevanti di "attenzione" e "interesse" per la cultura.
La catalogazione della propria collezione musicale è importante. La Sara ha sempre messo via in ordine alfabetico (ha una gran fretta di fare ordine).
Ricordo che in passato scelsi di ordinare la collezione per "genealogie".
Non è semplice, innanzitutto si richiede di individuare una serie di autori che costituiscano il "canone fondamentale" e che con il loro stile abbiano chiaramente influenzato una genia di musicisti a venire.
Facciamo il caso dei pianisti Jazz. Fats Waller, Art tatum, Thelonious Monk, Bill Evans, Bud Powell, Cecil Taylor, Misha Mengelberg potrebbero costituire "il canone" genealogico.
Ma se ascolto un disco di Muhal Richard Abrams, poi dove lo metto? Forse tra i Tayloriani? Ma non facciamo ridere i polli! Dopo indagini diligenti si scoprirà che Muhal merita a pieno titolo di entrare nel canone.
Stabilire il canone, stabilire se Muhal merita un posto nel canone, stabilire se Tizio sia o meno un "evansiano", richiede un ascolto attento, e spesso anche un riascolto. la sistemazione della Nostra collezione produce dunque "attenzione" solleticando il nostro "Fattore Io".
Altro che ordine alfabetico.
L' ascolto al buio è un altro trucco che funziona: il suono deve arrivare senza preavviso, sono io che mi auto-annunciare la musica risalendo all' autore!
Venticinque anni fa non c' erano funzioni random: ricordo il mio povero fratellino schiavizzato e costretto a pescare a caso tra i vinili un ellepì da mettere poi sul giradischi stando ben attenti a collocare il braccio in modo casuale (l' avevo persino bacchettato perchè tendeva a scegliere sempre la parte centrale). Nel frattempo io giacevo bendato concentrandomi per la prova.
Bisogna ingegnarsi, o si finisce puntualmente a concerti in cui la fine ha tutta l' aria di un sollievo. Con L' Oro del Reno ce la si puo' fare ma il Crepuscolo degli Dei è una mazzata che farebbe sprofondare l' attenzione di chiunque.
***
Tylor Cowen è prodigo di consigli geniali su come andare la Museo senza farsi venire le "gambe da Museo" dopo due sale.
Cowen ci mette sul chi vive: l' economista dell' anima qui trova pane per i suoi denti, i Musei vivono di sovvenzioni, cosicchè pensano a tutto tranne che a facilitare la vita dei vivsitatori.
In più la grande arte non è appropriabile, un duro colpo per il nostro "Io" che si puo' consolare giusto con qualche riproduzione ingombrante e, di solito, pessima. Oppure con ponderosi cataloghi, comunque costosi.
Io, devo ammetterlo, non sono ancora riuscito a domare una bestia furiosa come quella del Museo. L' idea di andare in un museo non mi elettrizza quasi mai.
Preferisco andarci da solo perchè so che cercherò di affaticarmi poco guardando pochi quadri e la cosa appare ai più stravagante.
Cerco di non leggere mai nessun tipo di targhetta, titoli compresi.
A volte, se ci sono venti sale, mi obbligo a visitarne tre scelte a caso.
Evito accuratamente di informarmi in loco, mi limito a "vedere". Informarsi a casa invece sarebbe buona cosa.
In passato, per ogni sala vista, sceglievo il quadro migliore. Ora scelgo il peggiore, è più stimolante.
Faccio interminabili soste sui divanetti, mi sparo tutti gli audiovisivi. Anche due volte.
Se la mostra presenta un capolavoro, a volte mi limito a quello.
Tyler consiglia di pensare alla possibilità di portarsi a casa un quadro, magari rubandolo. Questo mette in campo sia il nostro gusto estetico che i vincoli di arredamento. Sono d' accordo con lui: è dura trarre piacere dalla visita ad un Museo senza la capacità di sognare ad occhi aperti.
La visita al Museo non mi ha mai arrichito ma puo' essere un buon pretesto per "pensare all' arte", e a volte qualcosa di buono ne esce. Sono pensieri che potrei fare al gabinetto ma, ripeto, questo genere di attività richiede quasi sempre un pretesto, e la visita al museo puo' offrirlo.
Purtroppo o per fortuna, per pensare un po' di più bisogna guardare un po' di meno e per guardare un po' meno in un Museo c' è bisogno di grande autocontrollo.
***
L' alcolista non vorrebbe bere, eppure beve. Il drogato non vorrebbe farsi, eppure si fa.
Chi compra un libro, finchè è in libreria, nutre un sincero interesse. A casa spesso le cose cambiano e il feeling con il mattone che ci siamo trascinati tra le mura domestiche spesso muta.
Eppure l' economia ci dice che alcolisti e drogati sono persone razionali.
Basta considerarle come esseri abitati da due individui: la prima non vuole bere, la seconda sì. Mercanteggiano in base al proprio potere negoziale e all' intensità delle voglie fino a che non raggiungono un accordo. Di solito ci si fa un goccetto.
A prescindere dall' intensità del desiderio, spesso uno dei due dispone di trucchetti più efficienti per negoziare. Ovvero, dispone di una mente economica più brillante.
Se noi tra quelle due vogliamo avvantaggiare chi "vuole smettere", forniamogli una consulenza economica, visto che sull' entità dei desideri non abbiamo potere.
Allo stesso modo l' economista dell' anima fornisce alla persona che vuole acculturarsi il modo migliore per farlo sconfiggendo con una serie di trucchetti il Mr. Hyde che è in lui e che si presenterà puntualmente per posizionare l' incelofanato dvd della Corazzata Potionkin nel ripiano più alto fuori da ogni "tentazione culturale".
L' economia ha da dirci qualcosa ovunque ci siano mercati. E ci sono mercati ovunque, soprattutto dentro di noi.
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