giovedì 25 novembre 2010

Dietro il politicamente corretto

Cosa nasconde il timore di dire "negro"? Cosa nasconde la pulsione verso il politicamente corretto?

Secondo me una diffidenza nei confronti della libertà. Ma vediamo meglio qualche argomento.

L' intellettuale politically correct, un cultore del linguaggio, vorrebbe cambiare il mondo cambiando le parole.

Vasto programma! Ma non così assurdo come potrebbe sembrare.

Affinchè sia efficiente, è necessario poter usare il linguaggio senza pensarci su troppo e chi sa piazzare strategicamente le sue trappole linguistiche puo' riscuotere una rendita considerevole, almeno nel breve periodo.

La mia critica non riguarda tanto il progetto in sé, quanto il fatto che chi lo propugna, ovvero il progressista che vive di parole, lo fa poichè esclude vie alternative molto più comode ed efficienti: quelle che fanno affidamento sui soggetti coinvolti.

È già tempo di esempi.

Ipotizzate che in una popolazione esistano solo individui "gialli" ed individui "rossi".

I primi, diversamente dai secondi, hanno una tendenza più marcata a delinquere. Non m' interessa ora il motivo alla base di questa tendenza, diciamo che si tratta di "motivazioni culturali".

Se questi sono fatti oggettivi, ben presto i membri della comunità svilupperanno un comportamento conseguenziale, e tutto ciò a prescindere dal loro "colore".

Per esempio, se un cittadino si troverà ad attraversare un quartiere "giallo", lo farà in tutta fretta e stando ben attento all' incolumità personale. Attenzione e velocità caleranno transitando per i quartieri "rossi".

Una sorta di discriminazione comicia ad operare inesorabilmente. La stessa parola "giallo" assume una non gratuita connotazione negativa.

Esempio: a parità di tutto il resto, in un colloquio di lavoro, il rosso sarà preferito al giallo. Ci sono più probabilità che il giallo sia disonesto.

Questo fatto danneggia i "gialli onesti". Come tutelarli?

Una soluzione ottimale del problema richiede di sfruttare la libertà contrattuale: il "giallo", a parità di tutto il resto, dovrà offrire maggiori garanzie al datore di lavoro. Ai "gialli onesti" la cosa non costerà granché.

Riprendendo l' esempio un po' forte ma chiaro fatto altrove: alla donna in carriera che non vuole figli costa poco firmare l' impegno a non averne.

Ma il progressista s' indispettisce pensando alla via contrattuale, nutre una diffidenza di fondo nei confronti della libertà.

Crede però nel potere delle parole e si chiede allora a questo punto se una perversione del linguaggio possa tornare utile.

E se il "giallo" anzichè "giallo" lo chiamassi "limoncino"? Riferirsi ad un "giallo" chiamandolo "limoncino" equivale a mettergli una maschera che ostacola la discriminazione.

Ammettiamo che lo stratagemma funzioni, avrà risolto il problema?

No, ha solo spostato i costi dai "gialli onesti" all' intera comunità privandola di un linguaggio efficiente.

Ora, i membri della comunità non dispongono più di uno strumento utile per fare scelte informate. Ma il progressista non sembra molto interessato a questo genere di argomenti: d' accordo, si sta male come prima, ma si sta male tutti. Il problema per lui può dirsi risolto.

Ma se il progressista politically correct accettasse alla lettera una descrizione come quella che ho appena fatto, non dormirebbe più la notte tormentato dai sensi di colpa. Lui, il cultore delle parole, ridotto a perorare il loro "taroccamento".

Ecco allora come si salva in corner: la gente è disinformata e ritoccare il linguaggio serve per compensare questa lacuna levando di mezzo le "connotazioni negative" che non hanno motivo di esistere visto che non rispecchiano la realtà.

A questo punto delle due una: o nel caso concreto le "connotazioni negative" sono giustificate, allora la ripulitura del linguaggio resta un taroccamento; oppure la discriminazione a favore dei "rossi" è ingiustificata, e allora la pulizia linguistica è inutile.

E' molto costoso stabilire se ci troviamo nella prima o nella seconda situazione. Fortunatamente non è necessario distinguere visto che la soluzione è sempre la stessa: libertà contrattuale.

Perchè infatti dicevo che il "politically correct" nel migliore dei casi è comunque inutile? Perchè anche in quel caso pensa a tutto la libertà contrattuale, quella cosa per cui chi è affetto da pregiudizi se li paga cari: chi non affitta ai neri farà magri affari, chi non assume asiatici per principio sarà mangiato dalla concorrenza. Eccetera. In questo modo i "disinformati" si "informano" sulla loro pelle, il modo migliore per farlo.

Ma il progressista parolaio, come già detto, non si fida della libertà e, prima di passare alla violenza autoritaria - bontà sua, non gli resta che provarci con i giochi di parole.

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