giovedì 10 marzo 2011

Meditazione libertaria sul Vangelo del 7.3.2010

Vangelo secondo Luca 15, 11-32

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto,sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Siamo di fronte ad una delle pagine più toccanti del Vangelo, pochi lo dubitano: bellezza e verità qui si danno la mano. Io stesso, reso cinico dalla frequentazione di molti libri, sento regolarmente un groppo in gola quando viene letta. Eppure, inutile dirlo, mi procura sempre un disagio veder maltrattato chi pretende giustizia. Perchè il figlio maggiore pretende solo cio' che è giusto, e questo lo ha ribadito a chiare lettere anche il Don nel corso della predica!

Come riconciliare allora giustizia e misericordia?

Ipotesi: la misericirdia deve nascere dal cuore spontaneamente, la giustizia deve essere sancita nella legge.

L' espressione spontanea di un sentimento è il frutto di una natura e di un' adeguata educazione pregressa. Difficile immaginarla come obbedienza ad un comando. Al contrario, possiamo essere equi uniformandoci passivamente ad un giusto precetto.

Sono concetti già incontrati da chi conosce Tibor Machan.

Perchè allora il figlio maggiore non ha gioito per il ritorno del "minore"? Forse perchè ha speso la sua vita trascurando di educarsi in modo corretto. Questa è la sua pecca, e penso che il padre lo escluda proprio in virtù di quella lacuna.

L' amore, la misericordia e l' aiuto ai bisognosi è un frutto sublime della nostra educazione (cristiana). Nulla ha a che fare con la legge, che invece inerisce la Giustizia. E questo senza nulla togliere alla fondamentale importanza della Legge.

Ci sono forse argomenti morali migliori contro qualsiasi forma di welfare?

18 commenti:

  1. oddio, poveraccio il fratello che aveva sempre lavorato e fatto tutto. Mi ricorda la vicenda del cartone animato Giuseppe il re dei sogni (perdonate le mie fonti pop), dove Giuseppe è smaccatamente preferito dal padre ai fratelli, che alal fine lo butteranno in un pozzo.

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  2. p.s. un'ultima cosa: ma c'è un follow up di questa vicenda? Perché vorrei sapere come hanno vissuto il resto della vita i due fratelli (e le loro mogli, e i loro figli), se uno si è dato all'alcol o ha ammazzato l'altro, chi ne ha sofferto di più, di meno, e come. Dal mio punto di vista, le conseguenze pratiche dell'applicazione di un precetto sono un parametro importante per valutarne giustizia e bontà.

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  3. Di Giuseppe ha parlato da poco Uomini e Profeti in una puntata dedicata a lui. Mi sa che la letteratura sul figliol prodigo sia sterminata e puoi trovare quel che vuoi, io però non sono a conoscenza di appendici. effettivamente un reale cambiamento della personalità è così raro da rasentare il miracolo, non mi stupirei se in un seguito realistico il padre dovesse ricevere ulteriori dispiaceri.

    Ho apprezzato il fatto che il Don c' abbia tenuto a sottolineare la sete di giustizia del maggiore. Spesso si creano equivoci. Anche a me è abbastanza simpatico, e la sua simpatia aumenta nella misura in cui è inviso alla maggioranza. Ma le parole del padre sono di una forza tale che necessariamente finscono riempire la scena facendo passare tutto in secondo piano.

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  4. non mi stupirei se in un seguito realistico il padre dovesse ricevere ulteriori dispiaceri

    il padre????!!!!!!
    veramente non è a lui - che vive in un mondo tutto suo di nobiltà e saggezza - che pensavo, quando pensavo ai dispiaceri.

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  5. Forse avevo in mente una situazione più prosaica: il padre scanna il vitello grasso oggi e domani si ritrova di nuovo tradito dal "festeggiato" che riparte in cerca di bagordi.

    Sarebbe coerente con la stabilità delle personalità (tema del post di stamattina): il minore ci ricade (le carrubbe dei porci e l' alcol sono buoni sostituti), il padre torna a vivere nell' amarezza, il maggiore al suo diligente lavoro, con una frustrazione che smaltirà presto tornando ad essere quello di prima.

    Tu cosa avevi in mente?

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  6. Questa è la sua pecca, e penso che il padre lo escluda proprio in virtù di quella lacuna.

    Il padre non esclude nessuno. Io vi vedo una stretta analogia con la parabola dei lavoratori nella vigna. Anche lì, quelli che hanno lavorato dal mattino, pur essendo ricompensati il giusto, si sentono trattati ingiustamente perché gli ultimi arrivati ricevono lo stesso. Si possono fare equilibrismi di tutti i tipi per sostenere che la Giustizia dovrebbe essere diversa, ma di fatto nessuno è stato trattato ingiustamente, ed affermare che questa logica non dovrebbe permeare la Legge è arbitrario.

    E' vero: la logica del Cielo è diversa da quella della terra, là si fa più festa per il ritrovamento della 100esima pecora smarrita che per le altre 99.

    Questo non esclude affatto la giustizia, ed il maggiore non è "giusto" nelle sue rimostranze. A lui non è stato tolto nulla. A me non è né simpatico né inviso. E' semplicemente umano, uno non ha capito il senso della misericordia divina.

    Si tratta di parabole, c'è da coglierne il senso, se si capisce questo cercarne il follow-up significa non averne capito affatto il significato. Gli aneddoti evangelici sono semplici, il senso non lo è e qualcuno lo definirebbe spesso "controintuitivo".

    Se qualcuno vi leggesse "allora meglio dedicarsi ai bagordi e poi alla fine convertirsi/pentirsi", dimostrerebbe di aver colto il contrario di quello che vi è scritto.

    Tutto ovviamente IMHO.

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  7. "Escluso" forse è parola che sacrifica troppo alla sintesi.

    Ma sicuramente, nei fatti, chi ha commesso una mancanza ha ricevuto un premio negato a chi ha sempre obbedito. Così come chi lavora otto ore, secondo la giustizia umana, non merita lo stesso salario di chi fa lo stesso lavoro per un' ora.

    Certo, vado ad intuito, ma anche l' intuito è prezioso e va preservato finchè si puo' recuperare intatto l' insegnamento. Io penso che per non rendere tortuoso il passo (e la cosa è fondamentale se ti rivolgi all' ateo), vada ammessa la presenza anche di una qualche forma di ingiustizia. In questo sono confortato anche dalla (bella) predica al Santuario di Rho.

    Del resto la misericordia è qualcosa che va al di là della giustizia, se coincidesse con quella sarebbe poca cosa.

    Il follow up, comunque, era solo un divertimento.

    p.s. ieri su tv2000 hanno presentato l' ultimo libro di BXVI, c' era persino Claudio Magris. Poi dice che siamo costretti a guardare Santoro (o le veline).

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  8. (p.s. si nota troppo che mi identifico col maggiore, è che il mio follow up si chiuderebbe con un omicidio suicidio? o con me in una crackhouse di Nazareth?)

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  9. il filgio che chiede giustizia lo vedo come l'ebreo ortodosso (sovraccaricato dal giogo della Legge) che si aspetta che il padre (Dio) folgori il figlio che a sua volta ha esercitato il proprio libero arbitrio andandosene da casa. Il comportamento del padre è un superamento della Torah. Tutto qui. Non vedo necessità di simpatie o antipatie.
    Che poi sottenda un argomento valido contro lo stato sociale, mi sembra tirata per i capelli.
    Dovremmo essere tutti d'accordo, professare la medesima religione (la cattolica), escludere a priori il libero arbitrio.

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  10. Dovremmo essere tutti d'accordo, professare la medesima religione (la cattolica), escludere a priori il libero arbitrio.

    ... non ho capito!

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  11. L' amore, la misericordia e l' aiuto ai bisognosi è un frutto sublime della nostra educazione (cristiana). Nulla ha a che fare con la legge, che invece inerisce la Giustizia. Ci sono forse argomenti morali migliori contro qualsiasi forma di welfare?

    Mi riferivo a queste affermazioni di Riccardo.
    Altrimenti per i bisognosi (quelli doc)vigerebbe la legge della giungla.

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  12. ah.

    io quando si parla di 'bisognosi' farei dei grossi distinguo, in generale. Meno sublimità e più concretezza,a volte, fanno meno danni e hanno ricadute meno pesanti di tanta sublimità.

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  13. Vlad, ma le "simpatie" e "antipatie" non è che uno ce le aggiunge "necessariamente". Vengono da sè e si rendono partecipi gli altri.



    Dici poi che "dovremmo essere tutti d' accordo". Forse noi cattolici siamo d' accordo. Di sicuro però NON SIAMO TUTTI D' ACCORDO. C' è anche chi vede l' egoismo come virtù sociale. Come vedi la questione del welfare non è tirata per i capelli, a quella gente va consentito di percorrere la loro via. O li vorresti rendere "generosi" puntado un fucile alla loro schiena?



    Oltretutto è illogico pensare che i bisognosi sarebbero abbandonati alla legge della giungla quando tu stesso saresti il primo ad intervenire insieme ai "tutti" di cui sopra. Questo salto logico che deriva dalla paura di abbandonare il povero mi fa sospettare che non credi poi molto neanche te a quello che dici. O sbaglio?



    Diana, ma cos' è? Ti sei sentita trascurata a favore di un fratello? Guarda che quando un fratello mette su famiglia è così, le attenzioni vanno tutte a lui.

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  14. macché. E perché parli di mettere su famiglia? Il fratello maggiore non è stato trasscurato o (eventualmente) discriminato, perché il giovane ha messo su famiglia. Non mi pare, almeno.

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  15. Perchè il figlio che mette su famiglia viene spesso considerato come il più bisognoso. Tutta l' attenzione va a lui sacrificando l' equnimità.

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  16. ah, ma questo è un altro caso, una situazione diversa. Qui viene premiato uno che non ha mai dato garanzie né - in quel momento - ne dà per il futuro. Non lo si poteva semplicemente riaccogliere senz'altro in casa, dicendo:
    "Bene, apprezzo il tuo sforzo, giovane figlio scapestrato e sciroccato. E sono pronto a riconoscere il tuo pentimento come sincero. Però, staremo a vedere. La fiducia è qualcosa che si merita."

    Il vitello grasso e tutto quel festoso ambaradam mi sembrano come minimo prematuri, come massimo offendono l'amor proprio del maggiore, che invece ha sempre dimostrato onestà e impegno.

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  17. Ric, ma se si presuppone la condanna morale dello stato sociale, i "tutti" (che poi non sono "tutti" aiuterebbero solo per iniziativa personale, senza nulla di dirigistico. Non vedo salto logico.

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  18. Preciso meglio Vlad, quando dico "argomento contro il welfare", non intendo "condanna etica diretta del welfare".



    Dico che viene confutato l' argomento di coloro i quali ritengono "eticamente necessario" stabilire un welfare sociale.



    Naturalmente, poi, visto che la tassa per stabilire il welfare è inutile, puo' anche essere considerata ingiusta, ed ecco che si arriva ad una condanna indiretta.



    Diana, nell' interpretazione del post ricostruisco una situazione di questo tipo. Ci sono due figli, entrambi manchevoli di fronte all' occhio di Dio (che non è quello della giustizia terrena).



    Il primo è manchevole perchè abbandona il padre, la famiglia e sperpera tutti i suoi beni.



    Il secondo è manchevole perchè non gioisce di fronte alla salvezza del prossimo.



    Il primo ripara alla sua manchevolezza, il secondo no.



    Certo, puoi dire di non sentire la seconda mancanza come grave. Ma è davvero così? Anche sulla scorta di Hanson ho scoperto che gran parte dei nostri comportamenti sono fati per "segnalare che ci teniamo". Evidentemente, per chi ci sta vicino, questi segnali sono importanti.

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