E' raro in Italia imbattersi in un liberale, vagano sparuti qua e là senza incontrarsi mai: se hai studiato in scuole statali, se ti sei specializzato in università statali, se ascolti la programmazione culturale della TV e della Radio di Stato, è probabile che l' indottrinamento ricevuto avrà fatto effetto rendendoti refrattario ai valori liberali.
Sarebbe un peccato, allora, incontrarsi senza riconoscersi, vale la pena di testare chi hai di fronte.
Ma esiste qualcosa di simile allo scanner all' aereporto?, all' esame del sangue?, qualche procedura che si concluda con esiti chiari: positivo? Si accomodi a destra. Negativo? A sinistra, prego.
Ognuno elabora i suoi strumenti, io, per bollare il mio interlocutore, cerco di portare il discorso sulle armi da fuoco. Come ci si posiziona in merito? Su questo tema cruciale si simpatizza o si avversano le soluzioni proibizioniste?
La filosofia del liberale è chiara e puo' essere compressa in due parole: liberty first. Detto meno sinteticamente: quando mancano solide prove che la libertà di Tizio nuoccia ai suoi vicini, allora... "liberty first".
Il porto d' armi offre proprio un caso paradigmatico: l' evidenza (ormai ne esiste una montagna) sembra stabilizzata nel segnalare un certo beneficio sociale del libero porto d' armi. Niente di che, non mi meraviglio che taluno contesti questa poco solida correlazione; a dir la verità non mi interessa nemmeno visto che quel che sicuramente non si riesce a provare, per quanto si vogliano torturare i numeri, è l' esistenza di un chiaro danno.
Insomma, un caso di scuola a cui applicare il precetto "liberty first". Non così per la mentalità totalitaria, in quel caso: "safe-first" e conseguente conculcamento dei diritti - anche dei più elementari - in nome dlla sicurezza.
In merito metto qui il link ad un devastante saggio di Mike Huemer, qualcosa che sembra davvero assomigliare all' ultima parola sull' argomento, se mai se ne possa immaginare una.
Forse la lettura è un po' impegnativa ma c' è tutto, sia sull' argomento specifico delle armi, sia su quello allargato all' ideologia.
Le grandi questioni che si trova ad affrontare l' umanità - abbiamo appena discusso del nucleare - portano l' analista onesto a dire che "le cose sono complesse", da cui deriva il conseguente "liberty first".
Nella discussione pubblica il liberale ha dunque una strategia spesso vincente a disposizione: brandire gli strumenti più avanzati dell' economia per dimostrare che le cose sono più complesse di come appaiono, dopodichè puo' concludere con il suo dogma: liberty first. Se la discussione fosse una partita di calcio direi che il liberale, avendo a disposizione due risultati su tre, è chiamato a sfruttare tale vantaggio.
Ho parlato di economia non a caso: l' economia è quella disciplina che si occupa delle scelte tenendo conto dell' ambiente ("eco"), ovvero di tutto cio' che ci circonda. E' chiaro allora che le scelte economiche più interessanti siano quasi sempre complesse offrendo così terreno favorevole alla soluzione liberale.
a proposito di safe-first (e società fondate sul controllo e la sicurezza), ieri sera ho visto uno strano film norvegese, "Kitchen stories", in cui i due protagonisti - due uomini soli e alla deriva - decidono di sottrarsi all' "approccio positivistico" degli ingegneri sociali e degli addetti al marketing dell'Ikea, con un atto di suprema ribellione: parlarsi.
RispondiEliminaMa dove li vai a pescare questi film del circuito indipendente?
RispondiEliminaAvrei voglia di vedere qualcosa ma causa "passaggio alle pappe" sono al palo, che seratine... Adesso poi ha imparato a "soffiare" e sembra il draghetto Grisù.