La questione nucleare tiene oggi banco come 25 anni fa.
Una tecnologia con un potenziale distruttivo incomparabilmente più altro rispetto a tutte le altre conosciute dall'umanità, almeno fino alla metà abbondante del secolo scorso. Questo è un dato di fatto che non va mai messo da parte.
Il rischio legato al nucleare per me è in buona parte lì. L’umanità però credo che abbia raggiunto uno stato di maturità sufficiente, nonostante tutto, da renderla in grado di gestire il rischio creato dalla consuetudine e dalla familiarità acquisita dall’avere a che fare per lungo tempo con una cosa pericolosa.
Questo rischio, il più grande, in realtà nessuno lo prende in considerazione. Stiamo sorbendo fiumi di parole sul nucleare. Nessuno si esime dal dire la sua. La stragrande parte della gente, giornalisti inclusi, non ha nessuna idea degli aspetti tecnici della questione, e si lascia guidare da una cosa sola. La paura. La paura di una cosa che non conosce, lo spettro del mostro. Ci sono state Hiroshima e Nagasaki, oltre che Chernobyl, ad ingozzare questo mostro. Nessuno si preoccupa di conoscere bene cosa sia accaduto a Chernobyl, di capire che non è stato un guasto, non è stato un errore di gestione a provocare l’incidente. Sono state scelte deliberate compiute da gente incosciente. Scelte che nelle centrali che punteggiano il mondo progredito non potrebbero essere fatte nemmeno con tutte le intenzioni di farle, per i meccanismi di sicurezza intrinseci ed ineludibili.
L’unico incidente vero e serio legato al nucleare industriale, prima di Fukushima, è stato Three Mile Island, che s’è portato anch’esso dietro un codazzo di sciacalli che, anziché esaminare lucidamente quello che è successo, ha alimentato il mostro, ha sfornato film come Sindrome cinese, che ho visto da piccolo e ricordo ancora, per l’inquietudine che mi ha provocato.
Dai tempi del liceo ho scavato sulla questione tecnica legata agli impianti nucleari, ma mi rendo conto che è completamente inutile tentare di affrontare il problema con i numeri e la ragione, ora che la gente in Italia corre a comprare pastiglie di iodio e i Celentani ed i neofascisti dipietristi hanno il monopolio dei microfoni.
Tutti si riempiono la bocca di “energie alternative”, di “problema di gestione delle scorie”, di considerazioni quali “l’uranio è destinato ad esaurirsi”, ognuno si lancia in sperticate valutazioni del rapporto tra rischi e benefici. In realtà, dietro tutto questo c’è sempre quel mostro. Quello che ci mette sempre un brivido quando mettiamo piede su un aereo, anche se la ragione ci dice che le cose sono lontanissime dallo stare così, perché dovremmo avere più brividi ogni volta che mettiamo piede in auto, non parliamo della moto.
Dunque, il dato di fatto è che i neofascisti stanno montando ancora una volta una campagna referendaria a ridosso di un incidente, allo scopo di guadagnare consenso alimentandosi delle paure irrazionali (in quello di 25 anni fa c’erano intenti ancora meno nobili, essendo spalleggiato dalla lobby craxiana che aveva interessi enormi con alcuni paesi nordafricani fornitori di gas naturale, e la storia di Montatalto di Castro è tutta lì da leggere). I costi della riconversione al gas li pagheranno ancora i nostri pronipoti. Quelli della distruzione del sapere nuclare che negli anni ‘80 vedeva l’Italia ai primi posto nel mondo non saranno ripagati molto più a lungo.
Cosa dovrebbe dunque fare una persona media, che avrà l’enorme responsabilità di decidere se condannare per l’ennessima una volta l’Italia ad essere barzelletta del mondo, e che non ha normalmente gli strumenti né la voglia per approfondire sul serio le questioni legate al nucleare, se volesse seriamente prendere in considerazione l’idea di sfidare il mostro e cercare di non farsi inghiottire?
Affidarsi agli “esperti”? No, perché chi può resistere alla tentazione di scegliersi l’esperto più comodo? Per fare un esempio, tanti hanno citato Rubbia che, solo per essersi intascato un premio Nobel grazie all’essere a testa di un lavoro di équipe in cui i ben informati dicono che non avesse messo molto di suo, viene spesso chiamato a dire la sua su questioni epocali, sparandone ogni volta di enormi.
Allora, a chi affidarsi? Per me la risposta più sensata si trova qui. Tutto il mondo progredito ha affrontato la questione nucleare, e lì è leggibile il risultato. I conti li avranno ben fatti tutti. Il problema degli smaltimenti ce l’hanno tutti, anche la Finlandia, Paese che del suo ambientalismo ha sempre fatto bandiera e che solo l’anno scorso ha approvato la costruzione di un nuovo grande reattore con teconologie all’avanguardia. L’Italia, fino all’anno scorso era dello stesso colore dei Paesi più arretrati del centro Africa (non tutto il centro Africa! solo quello più arretrato). Con l’aggravante dell’ipocrisia di acquistare una percentuale elevata (che arriva ad 1/4!) del suo fabbisogno energetico da Francia e Svizzera, che producono quantità elevatissime di energia dal nucleare.
Da quella cartina potrebbe essere evidente la risposta alla domanda chiave. Siamo i più intelligenti, i più illuminati del mondo, gli unici che sanno fare veramente i conti, gli unici che amano i loro bambini e l’ambiente (va beh, insieme all’Austria, ed all’Olanda che ne ha ancora accesi ma li sta spegnendo)? Siamo gli unici idioti, incapaci di gestire i problemi di corruzione e di malaffare che sicuramente intralcerebbero la costruzione e la gestione delle centrali e delle scorie? O siamo intelligenti, o siamo idioti. Mettiamoci d’accordo. Se non ci riusciamo, fidiamoci di tutto il resto del mondo.
Poi, dopo questo passo, è giusto affrontare il mostro, informarsi sui pro ed i contro, ma con apertura mentale, non per cercare conferme nelle tesi che ci siamo costruite (o ci hanno inculcato). Lo stesso va fatto per le manipolazioni genetiche dei vegetali, e per mille altri temi che affronta la modernità. Molti sono più aperti a manipolazioni che riguardano l’uomo, chissà perché! La Natura va rispettata, questa è una priorità inderogabile. Capire se la rispetti di più una centrale nucleare o una ad idrocarburi non è un compito semplice come molti credono. Fukushima potrebbe anche essere un segnale per l’umanità. Questo non posso certamente escluderlo. Anch’io non ho una risposta assoluta, e non vorrei mai essere chiamato ad un referendum incosciente come quello di Di Pietro. Il messaggio della natura non è così semplice da interpretare come sembrerebbe di primo acchito.