"... rimane poi il problema insoluto della immensa folla dei deficienti e dei criminali, che pesano interamente sulla popolazione sana... dobbiamo affrontare con coraggio questo problema... perchè la società non usa sistemi più economici per la cura dei criminali e dei pazzi?... potremmo far scomparire la pazzia e la delinquenza con una migliore conoscenza dell' uomo... con l' eugenetica..."
La socialdemocrazia svedese si arrovellò a lungo sul dilemma dei costosissimi "tarati", dopodichè, sotto l' alto patrocinio della Nobel/coppia Gunnar e Alva Myrdal, si buttò convinta sull' eugenetica (1935-1975): aborto, sterilizzazione e castrazione costituirono i tre pilastri in grado di conciliare esigenze economiche e di sicurezza.
D' altronde, il welfare, qualcuno lo deve pur pagare: i nazisti decisero di concentrare i costi sugli ebrei (prima dei forni, a qualcuno piace dimenticare, c' era stata l' ipertassazione, e prima delle insegne che ricordassero quanto "il lavoro nobilita", c' erano quelle che ricordavano quanto "le tasse sono belle"). La socialdemocrazia nordica punta altrove, per fortuna, anche se poi non molto lontano.
Allora occhio, da adesso se hai il "padre alcolizzato" rischi di non avere eredi. Ma anche se hai "imparato a camminare a due anni", o se hai "il nonno della madre internato". Se qualquno dei tuoi avi è classificato come "strano" sei un buon candidato alla castrazione. E cerca di non "piangere quando racconti" al funzionario medico la storia della tua famiglia, evita poi di esporre in modo "complesso" e "prolisso". Se davvero desideri un figlio, cerca di non farti sorprendere mentre "parli da solo". Essere "gracili, sensibili e senza tenacia" è un indizio che graverà a lungo si di te; e anche "avere cattivi voti a scuola o al catechismo" non aiuta di certo. I "lenti" e i "maldestri" non sono graditi, sebbene vi consentiranno, qualora lo desideriate, di accedere all' aborto welfaristico, quello al settimo mese. La razza zingara è particolarmente sotto tiro, sulle donne di quella specie, al primo passo falso, incombe il raschiamento ovarico... Non c' è che dire, i dodici "case study" sono la parte migliore del libro.
Dell' eugenetica svedese, protrattasi fino agli anni settanta, non si parla più molto visto che i "trattati" - parliamo di 65.000 persone - firmavano pur sempre un consenso, va detto. Ma quando quel consenso, e relativo intervento chirurgico, erano barattati con la libertà di uscire finalmente dalle "strutture", capiamo meglio il valore che avesse. Inoltre, una buona parte di loro era dichiarata (senza il loro consenso) "incapace" e il modulino lo firmava il fuzionario medico locale, al quale l' autorità sovraordinata, ma guarda un po', indicava in anticipo il numero-obiettivo da raggiungere nell' annata. Ultimo particolare: la socialdemocrazia svedese, sempre rispettosa del gentil sesso, ritenne che le donne costituivano il 93-95% del gruppo Idioti-Imbecilli-Deficienti (le tre categorie di cittadini costosi su cui si intervenne). Strana distribuzione che non suona molto scientifica.
Ma la storia del welfare svedese è santa e guai a chi la tocca, meglio non metterci becco.
Un pochino l' hanno macchiata due imprudenti studiosi italiani: Luca Dotti e Piero Colla, entrambi imbeccati dalla professoressa svedese Marija Runcis (origine lettone) e dal giornalista culturale del Dagens Nyheter (principale quotidiano svedese) Maciej Zaremba (origine belga).
Luca Dotti - L' utopia eugenetica del welfare state svedese (1934-1975) - Il programma socialdemocratico di sterilizzazione, aborto, castrazione -
il brano iniziale sembra tirato fuori dal monologo di Paolini che ho visto l'altra sera, Aktion T4. Mamma mia.
RispondiEliminaSvezia: eugenetica femminista
RispondiEliminada Repubblica, Concita De Gregorio, 2005:
"La questione è che in Svezia nell´aprile di quest´anno è nato un Partito Femminista - è nato, non esisteva prima - che si candiderà alle elezioni politiche del prossimo anno e che i sondaggi hanno accreditato al suo esordio di un gradimento del 25 per cento da parte dell´elettorato, e di una ragionevole intenzione di voto dell´8 per cento. Un´enormità, difatti Le Monde, il New York Times e l´Herald Tribune gli hanno subito dedicato le prime pagine sotto titoli che dicono, più o meno: che altro vogliono le donne, in Svezia? Una buona domanda, quindi tutti a leggere il programma di Feministiskt initiative e della sua energica ma esile e sorridente leader Gudrun Schyman, già segretario dell´ex Partito comunista, ora Partito della sinistra, abbandonato appunto per «manifesto maschilismo».
(...)
Dunque cosa è successo? È successo questo: l´ala radicale ha preso il sopravvento. Al congresso di settembre, il primo congresso, il femminismo per così dire gentile e dialogante è stato sconfitto dal femminismo armato. Il vento della vendetta storica si è abbattuto sulle docenti universitarie, le filosofe del pensiero di genere, le liberali che insieme avevano fondato il gruppo: vendetta sui maschi. L´ala omosessuale, bisessuale, transessuale del partito ha imposto il suo programma: distruggere l´ordine patriarcale. Proprio così: distruggere. Di seguito, i punti del programma. Primo, tassare alla nascita tutti i bambini maschi. Tassarli in quanto maschi, perché siccome gli uomini a parità di incarico guadagnano il 25 per cento in più delle donne è giusto che rifondano la somma che usurperanno fin dal momento in cui vengono al mondo. Secondo, e conseguente: risarcire del 25 per cento di salario sottratto e ristabilire immediatamente la norma «equal pay for equal work». Terzo: eliminare i nomi sessuati, dare ai bambini nomi neutri in modo che possano decidere loro, da grandi, se si sentono maschi o femmine. Quarto: obbligare gli uomini a stare a casa otto dei sedici mesi concessi dallo Stato per la maternità/paternità. Non «dar loro la possibilità di»: questo è già legge. Obbligarli. Quinto: abolire il matrimonio e sostituirlo con un «codice di convivenza civile» che non faccia riferimento al genere e al numero delle persone coinvolte. Il quinto punto ha subito fatto pensare ad una legittimazione della poligamia perciò le proponenti hanno dovuto precisare: odiosa poligamia esclusa. Sesto: limitare la presenza degli uomini dei gruppi direttivi al 25 per cento. Settimo: stabilire per legge che nessuna donna deve percorrere più di 15 minuti di strada a piedi per raggiungere un servizio essenziale. Ottavo: rivedere la legge sulla violenza sessuale nel punto in cui si dice che la donna offesa deve dimostrare di aver resistito. La donna, anche nell´ambito domestico, non deve fornire un silenzio assenso all´atto sessuale ma deve esplicitamente richiederlo. Nono: aprire un´inchiesta governativa che stabilisca perché le ambulanze arrivano più tardi quando a patire un infarto è una donna. Decimo: abolire la monarchia."
l'articolo intero si può leggere qui. Interessantemente, a una prima ricerca su google, questo lungo articolo della De Gregorio si può leggere solo sui siti dei 'movimenti maschili' (che ormai proliferano). Mi sarebbe piaciuto invece trovarlo citato nei tanti siti e blog femministi, al centro di un animato dibattito. Ma forse il dibattito c'è stato, e mi è sfuggito. Anzi, sarà certamente così.
Molto interessante il tuo post, mi piacerebbe sapere che ne pensa stefano, il simpatico italiano che vive in svezia con moglie e bambine. Magari potrebbe darci un quadro della questione da dentro la 'cornice'.
il titolo dell'articolo di De Gregorio è: "Utopia femminista nella Svezia in rosa"
RispondiEliminaE' un bel libro, i "case study" risalgono dai moduli (riprodotti fotostaticamente) alle vite reali dei personaggi (schermati dietro i nomi dei personaggi di selma lagersdorf).
RispondiEliminaNon sapevo del movimento femminista svedese. Certo che hanno una mentalità radicale, nel bene e nel male. Roba da falansterio. Aiuta anche la logica welfaristica: se domani t' imporranno la dieta poichè hai accesso gratuito al sistema sanitario nazionale, cosa obietti? Niente, subisci, ormai hai accettato quella logica. Una volta accettato il Grande progettista, bisdogna farlo progettarer, altrimenti cosa sta lì a fare. Per le politiche anti-discriminatorie vale la stessa cosa: alcune uscite che tanto ci impressionano per la loro radicalità sono perfettamente in linea con la logica di fondo che, almeno inizialmente, accettiamo volentieri perchè sembra renderci tanto "civili".
La citazione iniziale è di un altro nobel (in queste faccende spuntano sempre): alex carrel. La sua opera pionieristica ispirò molte di quelle politiche e il suo nome è spesso menzionato nei documenti riporati da Dotti.
Il settimo e il nono articolo del programma fermminista mi sembrano contraddirsi.
RispondiEliminaIn una versione meno radicale, il primo non è una novità.
L'ultimo mi troverebbe d'accordo.
Avevo letto qualcosa dell'eugenetica svedese sul Foglio, qualche anno fa.
Per aggiungere una ciliegina sulla torta del welfare svedese riporto quanto mi ha riferito la mia dolce metà tempo addietro. C'è un programma per "deportare" gli anziani in paesi meno costosi. Una delocalizzazione delle case di riposo, tanto per intenderci.
una curiosità, ma Luca Dotti è il figlio di Audrey Hepburn? Sto cercando di ricostruire la sua biografia.
RispondiEliminaTutto molto interessante. E sì, guardando i film di Dreyer (anche se è danese) resto sempre impressionata dal radicalismo di sentimenti, idee, eccetera. Dietro a quella facciata congelata (o dentro) gli scandinavi bruciano!
x vlad - in che senso in contraddizione 7 e 9?
RispondiEliminaNel senso che l'attività fisica (anche per raggiungere servizi essenziali e senza esagerare, è chiaro) diminuisce il rischio di contrarre malattie cardiovascolari.
RispondiEliminagiusto!
RispondiEliminail mio personal trainer di cardiofitness è Jack, che mi trascina un'ora e mezzo al giorno in una forsennata maratona al trotto o (più spesso) al galoppo.
In realtà Luca Dotti è un ricercatore all' università statale di milano, il libro (edito da rubettino) è l' ampliamento del suo dottorato. Piero Colla ha invece pubblicato un libro per Carocci.
RispondiEliminaVlad, io non sottoscriverei il primo punto, vera chiave di volta dell' impostazione razzista (o sessista, non so come si dice in questi casi). In altri termini il concetto è quello che esprimevo prima: sottoscritto il primo, sottoscritti tutti. Ormai, indossata la divisa razzista, tutto è concesso.