sabato 26 febbraio 2011

Il sessismo dei poveri di spirito

Quando l' economista approfondisce una questione, molti provano un senso di estraneità e di spavento. C' è chi fa finta di capire, chi rinuncia a capire, chi si fa congestionare dal rancore, chi sbuffa infastidito e chi semplicemente scappa.

Purtroppo l' economista è tenuto a pensare in modo semplice e sulla base dei fatti; la maggior parte di noi si ritrova solo se immerso nell' abituale confusione (i giornali piacciono proprio per quello). La confusione generalizata ci libera la favella che correndo a ruota libera ci fa sentire meglio.

Conta anche che l' economista sia tenuto a pensare in modo razionale, e la maggior parte di noi si orienta solo se circondata dalla rassicurante compagnia delle proprie distorsioni cognitive.

Non è certo un caso se nel mondo, in genere, la gente non riesce a pensare l' economia.

In Italia, poi, le cose vanno ancora peggio che altrove.

Qui, per esempio, Robin Hanson rifette sul significato della parola "sessismo".

Si chiede, tra l' altro, come evitare che ce ne sia troppo poco.

E' normale che sia così: l' economista si occupa di "prezzi", ovvero di quell' indicatore che segnala la giusta "quantità". Se si parla di "fallimenti aziendali" l' economista si chiede se ce ne siano a sufficienza, se si parla di "divorzi", idem. E' normale quindi che parlando di comportamenti sessisti ci si proccupi per una eventuale carenza.

Una questione importante, ma sul punto è difficile avere risposte da chi non comprende nemmeno la domanda.

Purtroppo, chissà perchè, chi ha sempre in bocca la parola "sessismo" non sembra poi così preoccupato di affrontare le questioni cruciali, forse non sente l' urgenza. Direi che sembra quasi ignorarle di proposito, arriva a "lavorare su se stesso" per dimenticare il più in fretta possibile.

O forse è troppo smaliziato per non sapere quanto la ragione rallenti le "grandi manovre".

Il fascino pragmatico dei "come" non puo' essere intralciato da dei prosaici "perchè".

Per fortuna, qua e là, vaga ramingo qualche economista, novello "povero di spirito".

4 commenti:

  1. spesso le note e i p.s. contengono in sintesi il nocciolo del problema, anche qui, nel pezzo di hanson sul sessismo:

    *(Many agree “all men are rapists” is sexist, but few ever say that. I can’t find an actual claim of female superiority widely accepted as seriously “sexist.”)

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  2. Thus, I am “sexist.” So must you all now shun and condemn me for my knowing serious “sexism,” or can we agree either that it isn’t such a bad thing to be “sexist,” or that we should move to a narrower usage of the term?

    Non ho capito però come questa sua conclusione (che condivido, se ho capito bene: o non è così grave essere sessisti, o dovremmo fare un uso più ridotto del termine) sia collegata a quest'altra(tua):

    Si chiede, tra l' altro, come evitare che ce ne sia troppo poco.

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  3. ho letto il thread di Hanson su Sports Illustrated, il video di Julie Henderson e la mercificazione del corpo femminile. E molti dei 58 commenti, tutti interessanti e divertenti. Mi piace lo stile con cui Hanson risponde, un po' a tutti, riunendo in un unico commento brevi, stringate e rispettose risposte. Diretto ma non aggressivo.

    E poi è stato molto onesto e matter-of-fact descrivendo la sua esperienza davanti al video di Julie Henderson. (Del resto, il suo è un blog sull'onestà.) Ma chissà se la moglie gli avrà tenuto almeno un po' di muso?

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  4. RH fa un' affermazione sessista da cui discende una politica sociale.

    Cio' significa che, secondo lui, senza quella quota di sessismo che sdogana la sua affermazione, non si potrebbe implementare una politica sociale che ci fa stare tutti meglio.

    Certo, poi magari "sessismo" vuol dire qualcos' altro. Ma cosa? Mi sembra che RH abbia esaminato il significato standard.

    Il blog di RH è per me un appuntamento fisso, anche se con lui non c' è la vicinanza ideologica che c' è con Caplan: RH è libertario come conseguenza del suo utilitarismo, BC è utilitarista in seguito all' essere libertario.

    Sui temi della discriminazione consiglio il blog di Katja Grace, di cui RH è spesso commentatore. A breve un post ispirato a Katja.

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